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Opere pubblicate: 19994
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Info sull'Opera
Prologo
Ecco La Lena, che vuol far spettacolo Un'altra volta di sé, né considera Che se l'altr'anno piacque, contentarsene Dovrebbe, né si por ora a pericolo Di non piacervi: che 'l parer de gli uomini Molte volte si muta, et il medesimo Che la matina fu, non è da vespero. E s'anco ella non piacque, che piú giovane Era alora e piú fresca, men dovrebbevi Ora piacer. Ma la sciocca s'imagina D'esser piú bella, or che s'ha fatto mettere La coda dietro; e parle che, venendovi Con quella inanzi, abbi d'aver piú grazia Che non ebbe l'altr'anno, che lasciòvisi Veder senz'essa, in veste tonda e in abito Da questo, ch'oggi s'usa, assai dissimile. E che volete voi? La Lena è simile All'altre donne, che tutte vorrebbono Sentirsi dietro la coda, e disprezzano (come sien terrazzane, vili e ignobili) Quelle ch'averla di rietro non vogliono, O per dir meglio, ch'aver non la possono: Perché nessuna, o sia ricca o sia povera, Che se la possa por, niega di porsela. La Lena, in somma, ha la coda, e per farvila Veder, un'altra volta uscirà in publico; Di voi, donne, sicura, che laudarglila Debbiate; et è sicura anco de i giovani, Ai quali sa che le code non spiaceno, Anzi lor aggradiscono, e le accettano Per foggia buona e da persone nobili. Ma d'alcuni severi et increscevoli Vecchi si teme, che sempre disprezzano Tutte le fogge moderne, e sol laudano Quelle ch'al tempo antico si facevano. Ben sono ancora de i vecchi piacevoli, Li quai non hanno le code a fastidio Et han piacer de le cose che s'usano. Per piacer, dunque, a questi e a gli altri che amano Le foggie nuove, vien La Lena a farvisi Veder con la sua coda. Quelli rigidi Del tempo antico faran ben, levandosi, Dar luogo a questi, che la festa vogliono. Prologo primo de La Lena inanzi che fusse ampliata di due scene Dianzi ch'io viddi questi gentilomini Qui ragunarsi, e tante belle gioveni, Io mi credea per certo che volessino Ballar, che 'l tempo me lo par richiedere; E per questo mi son vestito in maschera. Ma poi ch'io sono entrato in una camera Di queste, e ho veduto circa a sedici Persone travestite in diversi abiti, E che si dicon l'un l'altro, e rispondono Certi versi, m'avveggio che far vogliono Una de le sciocchezze che son soliti, Ch'essi comedie chiamano e si credono Di farle bene. Io che so quel che detto mi Ha il mio maestro, che fra le poetiche Invenzïon non è la piú difficile, E che i poeti antiqui ne facevano Poche di nuove, ma le traducevano Dai Greci, e non ne fe' alcuna Terenzio Che trovasse egli; e nessuna o pochissime Plauto, di queste ch'oggidí si leggono; Non posso non maravigliarmi e ridere Di questi nostri, che quel che non fecero Gli antiqui loro, che molto piú seppono Di noi in questa e in ogni altra scïenzia, Essi ardiscan di far. Tuttavia, essendoci Già ragunati qui, stiamo un po' taciti A riguardarli. Non ci può materia, Ogni modo, mancar oggi da ridere, Che, se non rideremo de l'arguzia De la comedia, almen de l'arroganzia Del suo compositor potremo ridere.
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