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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Racconto
 
Notizie Presenti:
 -

Intervista a Mario Ricotta che presenta ai lettori "Racconti imperfetti” ( Imperfect tales). ( Narrativa )

di Rassegna Stampa

👉Intervista a Mario Ricotta che presenta ai lettori "Racconti imperfetti” (Imperfect tales). (#Narrativa)
☑️Opera bilingue: Italiano e Inglese

Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Racconti imperfetti”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Risposta - L’imperfezione è vita, movimento, ricerca. Avrei potuto cambiare infinite volte la stesura e sarei stato sempre insoddisfatto. La perfezione è solo una meta, una aspirazione. Le storie “sono come uno sguardo che spia dall’alto, da un planare a volo d’uccello su una umanità persa in febbrili ricerche di un senso“ come ben interpreta Angela Cardone. Nei personaggi “esiste un disagio che diviene presto il contrasto e la lotta tra interiorità e forze esterne, per la difficile conquista di una consapevolezza di sé”.
Le mie #storie sono pure un abbraccio forte, intenso, perenne a tutti i cosiddetti diversi, agli umili, agli emarginati, ai perdenti, alle vittime dell’ingiustizia.

Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Risposta - In tutto il corso della mia professione di medico di base e di psichiatra, ho sempre cercato in ascolto, responsabile, sensibile, non solo il corpo ma anche l’anima di colui che soffre, ho affondato fino in fondo mani e cervello nel dolore delle persone, seguendole nella malattia, fino alla fine, passando tanti momenti della vita, instancabilmente a fianco di disagiati mentali, di depressi, dei più bisognosi!
Ho vissuto intensamente la storia e la cronaca del mio tempo in tutte le sue sfaccettature fin dall’età di 11 anni, da quando in seminario scrivevo riflessioni e poesie sulla guerra nel Vietnam. Da allora ho seguito, come se mi appartenesse, ogni vicenda locale, nazionale, internazionale. Fin dagli 11 anni!
Il fallimento della storia umana materializzata nel modo più lacerante nella carne viva del più debole e del più fragile, nella ingiustizia perenne e incolmabile della natura prima e dell’uomo poi, è un pensiero dominante che mi sconvolge.
E’ talmente intensa la partecipazione al dolore umano che dal reale emigro spesso nel surreale per sopravvivere.
Nel mese di dicembre scorso, sono stato chiamato con urgenza presso la casa circondariale di Caltanissetta per il tentativo di suicidio di un carcerato. Io avevo già descritto il suicidio del carcerato nei miei racconti. La cronaca appresa dai telegiornali è anche pratica della mia professione.

Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Risposta - Ho voluto testimoniare non solo il mio tempo ma la perennità e la complessità dell’animo umano che è di ogni tempo di fronte al mistero dell’esistenza. Come avevo scritto a proposito della rappresentazione di una mia opera teatrale “La bottega all’angolo”, qualcosa di grande prende l’animo degli spettatori. Le emozioni intense, il grido, l’attesa!
La scena de “La bottega all'angolo” era uscita dal mio cervello e aveva pervaso l’animo di tutti. Era entrata nell’animo di tutti.
L’attesa e la storia per sconvolgere la mente, la catarsi per spezzare la linea dell’inconoscibile, l’angoscia della fine!
Mito e feticcio, vita e vita della morte, tuffati in questa esistenza, prigionieri per sempre! Sconfitti! L’attesa della vita che corre verso l’ignoto! E altrove. Il tipografo era stato costretto ad interrompere la battitura di una mia opera teatrale “La macchia” in preda ad una crisi di angoscia che lo aveva costretto ad uscire all’aria aperta. L’editore non poteva darmi notizia migliore. Era stato capace quel dramma di procurargli tanto male? Aspettava che avvenisse la liberazione dalla cella, da una cella dove tre personaggi erano andati a finire senza sapere come! Mi dispiace per la crisi che quell’opera gli aveva scatenato, e nello stesso tempo ne sono contento.
“Era un fuoco che mi si sprigionava dentro, che voleva uscire, che voleva incendiare il mondo, era la ricerca degli abissi, il respiro della profondità, non cercava i palcoscenici dell’apparire, la vanagloria dell’avere. Io fluttuavo in un mondo senza tempo col tempo misero degli uomini. Vagavo nell’onnipotenza della creazione che voleva penetrare nell’imperscrutabile mistero. Ero morbosamente, sensualmente sprofondato nell’incolmabile sconfitta. Io e il mistero, io e l’oscurità, io e la luce senza tempo. Io ero là dove pochissimi si erano avventurati”.
La stessa emozione mi accade con i #racconti. Con questi racconti che hanno risvegliato in me quelle stesse sensazioni dopo anni di silenzio, assorbito totalmente dal dolore degli altri per la mia professione di medico di base e di psichiatra.

Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Racconti imperfetti”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Risposta - Sono talmente tanti gli episodi e le immagini che si avvicendano come un flusso ipnotico, collegati l’uno all’altro anzi sovrapposti, che ho difficoltà a farne una selezione, a isolarne alcuni.

Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Risposta - Per la mia produzione teatrale sicuramente Beckett, ma anche Pirandello per certi versi e il teatro classico. Kafka, Joyce, Svevo, Buzzati mi hanno influenzato nella stesura dei romanzi e dei racconti nelle varie raccolte, ma rivendico una mia originalità.
Un impatto forte, intenso l’ho avuto con la lettura di alcuni stralci di ”Aspettando Godot” in un giornale che, non so come, era andato a finire sulla mia panca nello studio del seminario.
Avevo 14-15 anni, volevo farmi prete. Volevo diventare santo. Quelle battute di Vladimiro ed Estragone mi entrarono dentro l’animo, indimenticabili, perennemente presenti. Ma anche il teatro, le novelle e i romanzi di Pirandello hanno avuto una influenza notevole su di me. La tesina letteraria della maturità classica era su Pirandello. Ho letto tutte le tragedie di Shakspeare a 15 anni. Seduto al mio posto, mi rappresentavo quelle scene nella mia immaginazione.

Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Risposta - Anche se amo l’arte in tutte le sue manifestazioni e in tutte le sue forme sicuramente il surrealismo, l’esistenzialismo e la psicoanalisi hanno influito sulla mia formazione. I due romanzi autobiografici “La mia santità” già pubblicato e “La seconda parte della mia santità” ancora inedito raccontano in modo spietato e realistico della mia vita. La mia autobiografia è così complicata, con tante e tali esperienze, ricca di continue riflessioni, di desideri, di abbagli, di sogni, di sbagli, di ricerche che può non sembrare credibile. La complessità che ho vissuto è raccontata in queste due opere. Tra il reale, il surreale e il sogno ho portato avanti la mia esistenza e la mia creatività. Una analisi di me stesso e della storia umana.

Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Risposta - Qualsiasi genere purché sconvolga, crei emozione e turbamento fino alla catarsi e al cambiamento. L’opera letteraria deve rendere instabile quello che sembrava scontato, deve inquietare.
Ma alla inquietudine della provocazione deve seguire il piacere, il godimento dell’inquietudine. Altrimenti è meglio tacere. Allora limitarsi a scrivere opere amene, per passare il tempo.

Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Risposta - Il libro tradizionale cartaceo si carezza, si abbraccia, si porta a letto, si respira.
Per questo ho voluto anche la forma cartacea della pubblicazione ma mi rendo conto che quello digitale estende la diffusione.

Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Risposta - Già fin dal primo punto ho rappresentato il mio tormento e disagio nello scrivere. L’ispirazione a volte è così intensa che non riesco a trovare una forma adatta per esprimerla. Sono sempre insoddisfatto anche della stesura definitiva.

Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Racconti imperfetti”, se non lo avesse scritto.
Risposta - Per il turbamento che provocano, perché sono racconti che costringono a interrogarsi.
Cerco l’assassino che è dentro ognuno di noi, l’oscurità della colpa.
Vale anche per i racconti quello che scrive il filosofo Michele Morreale per una mia raccolta teatrale.
“Mario Ricotta non è autore che strizzi l’occhio al lettore in cerca di furbe complicità o titillamenti evasivi e leggeri. Chiede lo spasimo del tormento umano e intellettuale, piuttosto per tastare assieme l’estremo del dicibile sino alla dicibilità dell’estremo. Il nulla, la morte, l’enigma del mondo, l’instabilità delle sue forme, il silenzio di Dio, l’afasia del cosmo, lo scacco della volontà sono alcune situazioni limite (per usare i linguaggio di Jaspers) presenti nei cinque drammi che compongono questo volume. Prosecuzione ideale di uno scavo vertiginoso intrapreso qualche anno fa, quando importanti nomi della cultura nazionale videro nel teatro di Mario Ricotta una testimonianza di profonda unicità nel panorama letterario italiano. Consigliamo, specialmente a chi si accostasse per la prima volta ai testi di questo autore complesso, di iniziare dall’ultimo dei componimenti qui contenuti. “Uno strano delitto” .
Non a ragione di una maggiore accessibilità di questa pièce rispetto alle altre (anzi, da questo punto di vista è forse la più ardua), ma per misurare come su generi alla moda, la perizia di questo autore conduca a percorrere strade in cui banalmente non scopriamo l’assassino nel maggiordomo- che al contrario, per raffinata ironia qui sembra indossare i panni della vittima- bensì in ognuno di noi. Questo accade solo con i grandi #libri”.

Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Risposta - I progetti alla mia età sono molto limitati. Ho già nel cassetto tante opere inedite.
Teatro: L’arcivescovo -Il sogno- Avverrà la fine- Forse morti!.
Romanzi: La seconda parte della mia santità- La trappola_ L’ultima immagine- Condannato ad avere estirpati gli occhi
Racconti: “Altri racconti imperfetti”. Ho già iniziato a scrivere nuovi racconti. Nello stesso tempo, alla mia età continuo a lavorare perché mancano gli psichiatri.
Preciso che ho già pubblicato almeno venti opere teatrali, due romanzi, due raccolte di racconti- un caso clinico trattato con psicoterapia.
Nel 2002, Salvatore Falzone ha pubblicato una tesi universitaria “Intono a Mario Ricotta” dove sono raccolti scritti, commenti e giudizi fino allora, sulla mia opera di scrittore e drammaturgo.
Esiste una vasta letteratura critica che mi riguarda come da biografia con almeno più di trenta critici di cui alcuni di portata nazionale. Si potrebbe riempire un intero volume. Teologi, filosofi, musicisti, attori, registi, critici vari, psicologi, psichiatri, poeti, scrittori, semplici cittadini mi hanno onorato di un loro interesse.
Per ogni opera che ho pubblicato ci sono diverse interpretazioni critiche che esulano dalla necessaria sintesi di questo contesto. - Non è davvero facile spiegare la tematica complessa e talvolta contraddittoria delle diverse opere. Anche a me crea confusione.

Così inizia l’ultimo capitolo del romanzo autobiografico “La parte seconda della mia santità”:

- Ho sondato le oscurità inaccessibili del mio inconscio fino alle origini dell’archetipo, sono andato al di là di me stesso e sono rimasto dentro me stesso nello stesso tempo. Ho colto l’unità del bene e del male che è sintesi e contrasto ad un tempo tra lo stesso bene e lo stesso male, inscindibili perché opposti e in lotta perenne tra di loro, eppure l’uno necessario all’altro, l’uno immagine dell’altro, oscuri e luminosi, immersi nello stesso tempo in una tenebra infinita e in una luce sconfinata. Io che penso prima ancora di essere, che penso anche quando non sarò, io che oscillo e ho sempre oscillato tra due tendenze opposte, sono colui che aspira ad altissime cose, a raggiungere la vetta più alta, fino alla perfezione, alla divinità e nello stesso tempo alla umiliazione assoluta, all’annientamento, come sconto di una colpa oscura che sta all’origine della mia esistenza. Sono l’uno e l’altro, due genialità diverse dentro di me, tenute insieme da un io mediocre, piccolo borghese, in un equilibrio stordente.
Io sono il conflitto, sono lo scontro costante, sono l’armonia dello scontro, come l’armonia dell’universo che è scontro e collasso, esplosione e implosione. Sono l’uomo tormentato da dubbi, dall’ossessione di un Dio a cui non riesco più a credere. O forse è quel Dio della mia infanzia che mi manca. Un vuoto incolmabile che si è impadronito di me e mi divora nonostante per me ormai quella fede è impossibile e contrasta con la mia ragione. Dio, distruggi questa mia ragione, permetti che una febbre divori il mio cervello, che diventi solo emozione, per riconquistare quella fede che mi riempiva totalmente.
Questo vuoto che mi divora non sarà più colmato fino all’ultima sconfitta della morte, nell’annientamento totale. Morte che ci insegna la vita!

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