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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

Intervista ad Alessandra Mutarelli, che presenta ai lettori il libro “Sigillo in ceralacca – Wax seal”

di Rassegna Stampa

👉 Intervista ad Alessandra Mutarelli, che presenta ai lettori il libro “Sigillo in ceralacca – Wax seal” (Aletti Editore)
☑️Opera in duplice lingua: Italiano e Inglese

Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Sigillo in ceralacca – Wax seal”. Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Risposta - L’opera, che apparentemente si presenta sotto forma di silloge poetica, è in realtà un componimento unico, una storia narrata attraverso una poesia che si snoda in cinque capitoli, introdotti da brevi liriche, le quali conducono il lettore alla scoperta dei versi che seguono.
Il tema trattato altro non è che la storia di un legame amoroso, preannunciato nel sogno, che nasce all’alba e arriva al tramonto, fino al commiato, un addio che non è, e non può essere, definitivo. La parte centrale della narrazione vede la storia avanzare in una stagione immaginaria che è l’inverno ma in un arco temporale che è di per sé molto più lungo della reale stagione astronomica. La metafora dell’inverno è stata scelta su base emotivamente personale. Ho pensato al calore domestico che si cerca, nei mesi più freddi, all’interno della propria dimora. È stato come dire “voglio far crescere e poi custodire questa amitié amoureuse dentro un focolare, voglio che sia casa, stanza, cantuccio, voglio che sia rifugio di due anime”.
La sequenza del testo narrativo ha una fine solo a livello compositivo; nessuna storia d’amore, infatti, finisce realmente: si trasforma in qualcos’altro, muta e anche quando un legame si interrompe nel peggiore dei modi l’amore non cessa, diventa un non-amore.
Sigillo in ceralacca non racconta una storia finita bensì una storia che si evolve e quel commiato è solo un momento di consapevolezza di quel che è stato e che è; una storia alla quale non si può chiedere altro ma di cui si può continuare a sentire la vibrazione emotiva che si espande nel tempo. È la ricomposizione di un equilibrio raggiunto e stabilizzato, un dono da essere conservato.
Veniamo al titolo: la storia del sigillo in ceralacca ha origini antichissime, risalenti alle civiltà mesopotamiche, di cui abbiamo oggi grandi testimonianze, quali le annotazioni dei nomi dei re e le copie dei contratti di vendita dei prodotti cereali o delle tratte di schiavi. Il suo uso si diffuse poi nel Mediterraneo e in Oriente e si conservò nel tempo, tant’è che divenne consuetudine, durante il Medioevo, sigillare lettere e documenti con un sigillo in ceralacca. Dapprima fu prerogativa dei papi e dei re, successivamente venne utilizzato da duchi e vescovi e via via anche da cariche minori.
Il sigillo in ceralacca divenne così un simbolo di pregio per documenti e lettere.
Alla mia opera ho voluto apporre questo sigillo per conservare un duplice valore, quello universale della parola scritta e quello affettivo.
Ho immaginato il componimento come una lettera indirizzata alla persona amata, una lettera che custodisce i segreti di una relazione amorosa; è la mia lettera ma può diventare quella di ciascun lettore e ogni soggetto amato può esserne il destinatario.
Ho scelto questo titolo sia per l’aspetto semantico che per l’impatto visivo del sigillo in ceralacca. A questi si aggiunge un altro elemento sensoriale che è per me fondamentale tra le caratteristiche delle cose: le resine di cui la ceralacca è composta sprigionano intense fragranze olfattive evocando i raffinati e misteriosi profumi di un tempo.

Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Risposta - Delle mie opere edite ritengo che Sigillo in ceralacca sia la più autobiografica, quella in cui ho tolto tutti i filtri, prestando il fianco senza protezione alcuna, conscia della mia vulnerabilità, messa a nudo e con addosso solo la grande consapevolezza della donna che sono.

Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Risposta - Ho trattato più volte questo argomento. La scrittura ha la virtù di fermare la parola sulla carta e di renderla eterna. Basti pensare allo “scripta manent” della popolarissima locuzione latina o alle già citate annotazioni delle civiltà mesopotamiche. Quando ho iniziato a scrivere ero più giovane e probabilmente più incosciente. Ignoravo il grande valore testimoniale della scrittura e credevo che la parola e soprattutto il verso potessero essere mera espressione emotiva. Scrivevo “di pancia”. Ben presto compresi che la parola, una volta scritta e poi pubblicata, assume un valore universale e, in virtù di questo, non ci appartiene più del tutto ma è consegnata all’umanità, al lettore e attraverso le pagine dei libri viene tramandata. Iniziò allora una lunga fase di silenzio scritto perché mi resi conto di non poter lasciare testimonianze che non avessero un forte valore e lavorai moltissimo non solo ai testi che scrivevo ma principalmente al mio rapporto con essi. Io li partorivo, li facevo crescere e poi dovevo liberarli e consegnarli come se ciascuno di essi fosse un figlio. Esattamente! Le mie poesie, le mie raccolte, i miei libri sono figli miei. La fase del distacco non è semplice, come non lo è nessun momento in cui si è costretti a lasciar andare. Questo periodo della mia vita coincide con due esperienze molto forti, la maternità e i lutti più pesanti che ho dovuto elaborare. Non saprei dire se una cosa abbia influenzato maggiormente l’altra. Le esperienze del mio vissuto sono determinanti nella mia scrittura e scrivere mi ha sempre aiutata ad affrontarle, in una scambievole posizione che annulla la dicotomia delle cose.
Con questo libro ho voluto conservare un pezzo segreto della mia vita; una lettera che avrebbe avuto un solo destinatario è divenuta universale e, consegnandola al lettore, l’ho lasciata partire. Una sorta di messaggio nella bottiglia che adesso vaga per i mari.

Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Sigillo in ceralacca – Wax seal” se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Risposta - Attingendo così tanto alla realtà non è possibile isolare gli episodi e prediligerne uno piuttosto che un altro. Scrivere i versi di questo libro è stato come fare un diario di bordo di un viaggio sentimentale. Ogni pagina racconta un avvenimento, un luogo, un’emozione.
Pathos, euforia, rassegnazione, ricordo, attesa e desiderio sono solo alcune delle gemme di un unico monile. Potrei definirlo così nella sua interezza. Un ornamento prezioso da conservare nello scrigno delle mie produzioni.

Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Risposta - La domanda si presta a una necessaria distinzione di due aspetti, quello sentimentale e quello culturale. È retorico ribadire che la fonte d’ispirazione emotiva sia una persona amata e il sentimento che coinvolge i protagonisti di una relazione amorosa. Un amore ricambiato e non sofferto, come di sovente si legge nella produzione letteraria. Anche la consapevolezza di un commiato non lascia spazio al dolore tanto che la donna artefice della missiva, piegata dal tempo, resta ritta sulla propria schiena e il suo uomo, ormai lontano dal suo presente, la sostiene, in un reciproco scambio di forze:
“Sul sale di ieri / brucio la mia pelle / e nelle tue mani / affondo i reni.
E tu / ricurvo sui miei anni / rimani l’arco / che drizza / la mia schiena”.
Sull’aspetto culturale va invece fatta una considerazione più ampia. Non solo per l’elaborazione di “Sigillo in ceralacca – Wax seal” ma per ogni mio lavoro è fondamentale la mia formazione, i miei studi passati, quelli che continuo a fare e tutte le letture sulle quali approfondisco i contenuti e la mia tecnica.
Sono innumerevoli gli autori che hanno segnato la mia poetica. Tanto devo alla conoscenza dei classici della letteratura italiana e altrettanto alla lettura dei contemporanei, da cui spesso cerco di cogliere l’aspetto sperimentale. La mia formazione classica mi porta a rispolverare anche le letterature antiche e la mia incontrollabile sete di conoscenza mi ha fatto approfondire ricerche su autori stranieri; negli anni mi sono dapprima appassionata alla letteratura russa, e successivamente a quella giapponese e americana, dedicando altresì gran parte dei miei studi a tutto il novecento.
Se dovessi fare necessariamente delle citazioni prime tra tutte mi verrebbero in mente due donne che ho amato e apprezzato e che non smetto di leggere e rileggere: Cristina Campo ed Emily Dickinson, dalle quali ho sicuramente imparato la minuziosità della traduzione di un testo e la ricerca linguistica, finalizzandola al raggiungimento di quel lessico puro e simbolico su cui fondo il mio stile personale.

Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Risposta - Ciò che influenza principalmente la mia scrittura è la realtà. Attingo a fatti reali che appartengono alla mia sfera privata, estesa a chi mi circonda e vive o ha vissuto accanto a me. Una realtà fatta di avvenimenti, emozioni e luoghi; guardo e osservo il mondo e le persone.
Pertanto nella mia scrittura assumono una grande valenza tutte le arti figurative, principalmente quella pittorica e scultorea ma anche il teatro e la fotografia e ogni rappresentazione degli elementi visivi che compongono una scena.
Cerco di tradurre in versi un’istantanea come se la mia parola fosse il diaframma di una macchia fotografica. Fermo le immagini sulla carta e il mio obiettivo va oltre il mondo fisico, lo attraversa in un percorso sensoriale.
Nel mio scrivere nulla è statico e la parola si cala in una dimensione spazio-temporale sempre dinamica.
Nei miei componimenti ricorre inoltre il suono e, quandanche non sia protagonista descritta o cantata, la musica è spesso sottintesa.

Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Risposta - Mi trovo costretta a fare una distinzione: i generi letterari che prediligo scrivere e quelli che prediligo leggere.
Nella mia carriera letteraria esordisco e mi affermo come poeta. Quello della poesia è infatti il linguaggio che più mi appartiene. Ciononostante, così come sperimento diverse forme poetiche, mi cimento anche nella composizione di opere in prosa, pur mantenendomi fedele alla mia affiliazione alla poesia.
Per quanto riguarda le mie letture il ventaglio si espande: leggo molta poesia sia per diletto che per approfondimento e amo principalmente i romanzi. Non c’è alcun genere letterario che scarto a priori anzi mi incuriosiscono maggiormente le opere fatte di linguaggi distanti dal mio perché in esse posso trovare nuovi stimoli e spunti per i miei lavori.
In entrambi i casi, nel leggere e nello scrivere, la costante è la continua ricerca della parola, persuasa che è la qualità del lessico a fare di un libro un capolavoro.

Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Risposta - Questa domanda ha per me una risposta quasi ovvia: appartenendo a una generazione cresciuta quando ancora non esistevano i formati digitali, la mia propensione è per i libri cartacei che continuano ad arricchire la mia biblioteca. Al ritorno da ogni viaggio acquisto, in aeroporto, almeno due libri e uno lo inizio a leggere appena salita sul velivolo. Spesso i libri si accatastano insieme a quelli comprati in libreria in attesa che arrivi il loro turno per essere letti. Mi è sempre piaciuto averli tra le mani, toccare le copertine, sentire al tatto la grammatura delle pagine ed essere pervasa dall’odore della carta nuova. Mi reco spesso in libreria e quando mi capita anche nei mercatini dei libri usati. A questi ultimi attribuisco un fascino incredibile e di essi apprezzo i profumi, poiché ogni libro che trovo su una bancarella porta in sé un’altra storia oltre a quella narrata, mi racconta la sua storia propria, le mani di chi lo ha acquistato e poi letto, insieme a quell’odore di polvere che non va via nel caso sia molto vecchio. Per comodità, negli anni ho iniziato ad acquistare online e lo faccio più per mancanza di tempo che per rinnegare la forte attrazione che ha per me una libreria.
Uno dei miei sogni da ragazzina era di aprirne una piccola piccola ma piena di tanti più libri di quanti ne potesse contenere. Li immaginavo accatastati anche sul pavimento e io lì avrei offerto il tè ai miei clienti e avrei potuto conversare con loro di letteratura.
Poi l’era moderna ci ha trasportati velocemente alla digitalizzazione.
Ero convinta che non avrei mai ceduto a questa innovazione finché, tardi, non scopro gli e-book e la loro praticità, oltre all’immenso potenziale di essere contenuti a migliaia all’interno di un piccolo dispositivo elettronico che adesso posseggo anch’io e di cui talvolta faccio uso.
Così oggi mi ritrovo, proprio io, a lanciare nella rete un mio libro in formato digitale oltre che in quello tradizionale cartaceo.

Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Risposta - Il mio rapporto con la scrittura è, come ho già detto, un costante divenire, una ricerca attenta del linguaggio e uno studio continuo delle forme di scrittura. A questo punto i contenuti sono solo l’ultimo dei passaggi. Dopo aver individuato i temi da trattare, inizia l’approfondimento di questi e la ricerca della più adatta forma espressiva. Durante la composizione di “Sigillo in ceralacca – Wax seal”, la ricerca è stata lunga quasi quattro anni perché il rischio di banalizzare il testo era alto; la stesura di quest’opera è iniziata a ridosso di una precedente pubblicazione e non volevo assolutamente che le due opere perdessero la loro originalità. Motivo per cui, in parallelo, mi sono dedicata alla scrittura di un romanzo e alla raccolta certosina di materiale per le mie prossime pubblicazioni.

Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Sigillo in ceralacca – Wax seal” se non lo avesse scritto.
Risposta - Un po’ controcorrente rispetto a un consolidato modo di dire, che predilige il contenuto e non l’involucro, se non avessi scritto io questo libro, lo comprerei (come d'altronde faccio con quasi tutti i libri che acquisto) perché d’impatto mi piace esteticamente, perché mi piace la copertina, mi piacciono i suoi colori e le immagini raffigurate.
Quindi mi farei catturare innanzitutto dall’aspetto e dal formato del libro: un’immagine della simbologia orientale, a cui ho dato il colore dell’oro, insieme a delle rose di gesso che sembrano essere cadute da uno stucco rinascimentale e che si alloggiano sull’ Ensō (円相) in una posizione che richiama lo inn e jung.
Successivamente mi soffermerei sul titolo e sulla fonetica delle parole in esso contenute, un titolo che ha il nome di un oggetto desueto, divenuto oggi un vezzo per impreziosire la carta.
Sarei curiosa di scoprire cosa custodisce al suo interno questa pergamena immaginaria, sigillata in ceralacca.

Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Risposta - Uno scrittore non pensa mai che quello che ha finito di scrivere sia il suo ultimo libro.
Credo che scriverò ancora.
Adesso vorrei concentrarmi sugli altri manoscritti, a cui ho lavorato in questi anni. Vorrei che venisse finalmente alla luce un romanzo e dei racconti brevi, oltre alla già prossima uscita di una antologia delle mie liriche più rappresentative.

📘📘📘
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