| 👉 INTERVISTA a STEFANIA CAVAZZON, che presenta ai LETTORI il libro "ALKAHEST"
Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Alkahest”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Risposta - Alkahest, o “Rugiada di maggio”, o “Mercurio dei filosofi”, durante il percorso alchemico di trasformazione è quella sostanza in grado di aiutare la materia nelle previste dissoluzioni necessarie, a vari livelli, per il conseguimento della Grande Opera. Con quest'ultima si intendeva sia la realizzazione di uno sviluppo materiale, chimico (oro, panacea per ogni male, elisir di lunga vita, miscela utilizzabile in avveneristici sviluppi di ricerca empirica), sia il conseguimento di un ineffabile stato dello spirito, di una crescita personale, di una consapevolezza e sapienza rare, tese alla perfezione, all'armonia, alla completezza del sé. Da un mio viaggio di perlustrazione nella teosofia, in Madame Blavatsky e la sua “Iside Svelata”, nella dimensione esoterica espressa sinteticamente dagli Arcani Maggiori dei Tarocchi (simboli arcaici di alta e profonda conoscienza), lungo le “Dimore Filosofali” di Fulcanelli e dopo tante altre simili esperienze, fui illuminata da una metafora: processo poetico pari a quello alchemico/esoterico, parole e vocaboli come materia che deve evolversi, affinarsi, disporsi a significare oltre lo specifico, per esprimere una dimensione tanto nascosta quanto sublime, una tensione emotiva ed intellettiva di rara percezione. Fu da tali considerazioni che ebbe inizio il “mio” #Alkahest. Nel primo capitolo infatti si annuncia e perfeziona proprio questa #poetica, con l'utilizzo (poi in tutto il testo) di un linguaggio estrapolato dall'esoterismo e dalla teosofia, con cui si allude per analogie sotterranee a racconti mitologici o magici di varie epoche e provenienze geografiche o si lumeggia sull'omologazione e l'uso riduttivo della parola poetica. In questo volume essa è sempre protagonista e, ad ogni atto del suo incedere, designa l'arcano.
Nei due capitoli successivi l'esperienza drammatica di un lutto intollerabile costringe a deprivare la parola di quel mitico “Fiat” che si volle agisse in concretezza. La parola non ha potere sulla morte, se non che ogni vocabolo ascende etereo come ponte segreto per comunicare con altre dimensioni. Nel quarto capitolo, intuendo l'avvento, pur se ancora tristemente nebuloso, di un'epoca entrante, viene disdetto un tale cimento, e la parola torna ad altre più umili e terrene immersioni, regredisce nella nuova materia (o materiale), da cui otterrà altra veste.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Risposta - Tantissimo. Ad ogni tematica, ad ogni nuovo progetto. Ogni mio #libro risente di una diversa esperienza di linguaggio acquisita dal contatto approfondito con varie discipline, ma anche con i luoghi più disparati, #letture ed esperienze e dunque sentimenti, viaggi, personaggi femminili, studi, etc..
Stavolta si è verificata una commistione singolare tra la mia intima convinzione di un degrado diffuso dell'intenzione poetica e il dover affrontare un lutto che ha devastato la mia esistenza.
Domanda - La #scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Risposta - 1°) - Un'idea di #Poesia e pure di #Poeta. Vi è una faccia magica dell'intuizione poetica che va riconosciuta, compresa, assecondata, ampliata. #Scrivere versi può diventare una buona impresa, ma solo se il processo si fa metascrittura, comunicazione, cioè, al di sopra, al di là, oltre quel fulcro ovvio che ci si pone nell'immediato. Occorre un terzo occhio e un incessante lavoro di perfezionamento. Non solo. Bisogna lasciare all'anima una bella fetta di innocenza, mentre si valuta il mondo; alla mente, quell'iniziale preveggenza tipica della razza umana, perduta nel tempo, ceduta al progresso tecnologico. Quindi, si aggiunga pure un eserciziario di etica ed estetica e tanta generosità, tanto coraggio, tanta autenticità. Mai barare! Successo, fame di apparire, dispregio e altri ottimi escamotage per emergere, ammazzano qualunque forma del divino.
2°) - Un'idea di amore. Niente di più arduo da esternare, poiché l'argomento rischia quasi sempre di volgere in banalità e non tanto per chi lo affronta, quanto per le trappole disseminate a suo sfavore. In una società dove i media hanno usato di tutto per i loro spot, sentimenti e immagini, dai prodromi pseudoscolastici quali Laura (Petrarca), Beatrice (Dante), Eloisa (Abelardo), Ginevra (Lancilotto), Isotta (Tristano) a drammatiche notizie di cronaca e hanno finito irrimediabilmente col ridicolizzare, sminuire, alterare o smorzare, secondo gli interessi del momento, riprendere il senso nobile del discorso è impossibile. Si cerca infatti, nella migliore delle ipotesi, di soprassedere a tutto quanto potrebbe essere reso imbarazzante. Già, ma arrendersi alla società, in questo caso specifico, fa proprio male al cuore. Ben esporrebbe tale busillis il personaggio che volita fra le pagine di Alkahest, Giorgio Belledi, regista parmigiano. Potrebbe addirittura trarne un testo di drammaturgia e dirigerlo con zelo e mi proporrebbe, come un tempo, di occuparmi dei costumi. Pare però che non sia più d'uso la parola fra gli spiriti. Solo il sospetto che ciò possa essere vero mi manda in tilt. Noi due, con l'intimità, con la ricerca creativa, con il lavoro, abbiamo innalzato un colosso di parole che consideravamo nostre, un poderoso ponte sullo stretto in cui si accatastavano sponde di libri. Tre P ci distinguevano: Passione, Pietà, Perseveranza; e pure un SI: Sempre Insieme (ovviamente per libera scelta).
3°) - Un'idea di evoluzione dell'io, di crescita e arricchimento, come indica l'esoterico su esposto. Eh, sì, questo libro è uno svolgersi dall'inizio alla fine, un criptico metamorfosare, da bruco che ha percezioni visionarie nel cibarsi di aneddoti, storie, fascinazioni, parole, a pupa appesa ad una sorte contraria, priva di orientamento, a farfalla notturna libera e solitaria. Eppure, benché l'ultimo verso presupponga un fluire senza approdo, vi si avverte il refolo che garantirà inedita vita, altre impensabili avventure. Anche se l'Opera, nel semi segreto di innumerevoli file, è già più che compiuta.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito Alkahest, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Risposta - Più che a episodi ci si può riferire a scoperte. Lo scibile contenuto in ambito teosofico (o altro di equipollente) è così vasto e meraviglioso da riservare infinite sorprese e piacevolissimi dirottamenti. Ogni accostarvisi è acquisizione che stravolge, incanta, sposta di un gradino la salita alla conoscenza e la accelera, sfatando pregiudizi e riserbi. In questa avventura mi sono liberata di tanti carichi limitanti, di aspetti critici e acritici che ci legano a un uso improprio della razionalità.
Poi, beh, sì, qualcuno lesse il manoscritto, qualche docente, altri editori e devo ammettere che le loro deduzioni mi tornarono molto utili per arricchire la consapevolezza di quanto, in clandestinità, avevo prodotto.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Risposta - Difficile scegliere e far affiorare dal vastissimo serbatoio i responsabili della mia formazione. Ho amato autori diversi e molteplici, ho letto centinaia, forse migliaia di libri e ho dimenticato. Qualche nome si è impresso, pochissimi titoli, più che altro stili e tantissima, illuminante saggistica. Ricordo il mio rapporto con la poesia di Angelo Maria Ripellino e con il suo stupendo libro Praga Magica, la straordinaria lezione di Velimir Chlebnikov, la pacata e solitaria scolpitezza di Emily Dickinson, la moderna, ironica, creativa originalità di Umberto Eco, i misteri di Lovecraft ed Egdar Alan Poe, la profondità di Djuna Barnes in Bosco di Notte, la perspicacia dei sei diari di Anaïs Nin (tradotti e pubblicati da Bompiani), la visionaria e sterminata conoscenza di Ezra Pound, l'unicità di Shakespeare e Dante...Potrei continuare all'infinito, ma sarebbe sempre una ben misera approssimazione. Quel che conta è l'avere appreso la differenza tra vera poesia e infingimento o approssimazione, ma non credo bastino a questo le sia pur infinite letture.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Risposta - Il Cinema senz'altro, i grandi registi, i grandi attori con le loro invenzioni di linguaggio. Anche solo l'accenno di un gesto o uno sguardo possono diventare un dettame etico/estetico. Questa arte mi appassiona più d'ogni altra. Ho avuto la fortuna di esservi educata fin da piccolissima; è in un locale cinematografico che persi il vizio del succhiotto, mi cadde infatti e mi opposi determinatissima a che fosse raccolto. Sono certa che un mio modo di affabulare, così sintetico e spesso spettacolare, venga dall'immensa gamma di film assorbiti. Poi il Teatro, la Musica. L'Arte Visiva. Ma anche l'Architettura. Ogni disciplina artistica e non, con cui sono venuta ad impattare (ed uso per ognuna il maiuscolo data la vastità e la qualità delle occasioni di confronto ed intesa). Il Teatro degli anni '70, benché ostile alla parola e deciso a privilegiare l'immagine, fu per me un'autentica rivelazione, in quanto mi offrì la chiave per la sintesi di poter narrare in poesia privandola di ogni canone narrativo, come, ad esempio, la punteggiatura. La grande Musica sia quella tonale che atonale, mi suggerì i ritmi, l'armonia e la disarmonia, i tempi giusti, le giuste pause. La corona aurea presente in tutte le grandi opere pittoriche quattrocentesche e il suo corrispettivo in Architettura inquadrò la prospettiva di ogni poesia, soprattutto in relazione all'argomento trattato. L'astrattismo mi suggerì la libertà di trasmettere ciò che si poteva solo intuire e non desumere razionalmente. Ecco, io ritengo di aver assorbito molti canoni estetici e, con le loro apparenti contraddizioni, aver costruito una base di linguaggio poetico che, via, via si adatta ad ogni scelta tematica.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Risposta - La fantascienza. Quella più filosofica, quella che indaga sul destino dell'umanità e la mette in rapporto con impensabili risoluzioni finali. Quella che inventa situazioni future piuttosto calibrate dall'ironia ma anche aperte alla straordinarietà delle scoperte scentifiche. Fantascienza come proposta, sogno, alternativa, narrazione intelligente.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Risposta - In assoluto, il cartaceo. Ho la necessità di manovrare il libro, mi infastidisce persino la sovracopertina. Sottolineo, creo collegamenti, evidenzio ciò che mi attira, dove compaiono faccio incetta di vocaboli ancora sconosciuti, di definizioni e frasi esaustive. Il #libro diventa un piccolo laboratorio da cui attingere pensiero e scrittura. È, per me, un vero e proprio strumento di lavoro. Una volta scelto ed evidenziato, nonché utilizzato, l'oggetto del mio momentaneo interesse, abbandono il testo sullo scaffale e difficilmente torno a rileggerlo.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Risposta - A questo riguardo ho già contribuito ampiamente sopra, ma aggiungo un ultimo chiarimento.
In questa produzione, essendo il progetto attinente ad argomenti o dogmatici (anche l'esposizione di un credo poetico è di per sé un dogma) o di ispirazione funebre, tutto presupponeva una qualche solennità; ci si doveva inoltre distaccare da un grande dolore per meglio esprimerlo. Si può, perciò, intuire a quale elaborazione mi sia dovuta attenere. Lo scopo ultimo era una scrittura che dall'alto della sua misteriosofica ascesa riuscisse ad esortare e, al tempo stesso, commuovere.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Alkahest”, se non lo avesse scritto.
Risposta - Lo affermo con sincerità, senza falsa modestia: perché è bellissimo.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Risposta - Dopo Alkahest, che terminai nel 2011, scrissi altre raccolte a tutt'oggi inedite: Deflusso, Deva, Vis - à - Vis, Tikvàh. Dare di tutte, o anche solo di una, un'anticipazione mi diventa arduo, le tematiche sono piuttosto complesse e occorrerebbero altre quattro interviste. Ci sarebbero poi le inedite precedenti a questa pubblicazione: Virentia, che riguarda il regno vegetale; Gemmifera, i minerali portatori di gemme; Aleph-Zero, sulla matematica; Parma è la tua città, l'intrusione in città di un visitatore non identificabile a cui si celebrano ironicamente le bellezze del luogo; Mŷthos, un breve percorso in rime attraverso i miti di epoche e Paesi diversi.
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Collana "Gli Emersi - Poesia"
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