| 👉 Il giovane e talentuoso poeta EMANUELE PRISCIANDARO è in libreria con la raccolta di poesie “VITE D'INSIEME” (Aletti Editore).
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Domanda: Partiamo proprio dal titolo, come mai “Vite d'insieme”?Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Risposta: Vite d’insieme delinea la mia soggettiva interpretazione dei rapporti che, inevitabilmente, stringiamo con “l’altro”.
Parte tutto da uno sguardo atto a svelare il corpo della persona che si ha di fronte, e per “corpo” intendo la sua identità più intima: il modo in cui si presenta, i tratti che lo contraddistinguono, modellati indirettamente dalla società che lo circonda.
Non credo sia possibile estraniarsi dal contesto sociale: l’uomo ha una natura indefinita e non possiede abilità specializzate per sopravvivere da solo all’ambiente. Potremo resistere al freddo senza mai indossare vestiti?
Paradossalmente, questa nostra “mancanza di predestinazione” ci spinge ad adattarci, a colmare quell’assenza primordiale con un insieme di saperi, attitudini e intese volte al prosieguo dell’esistenza.
Quindi, con questo libro intendo raccontare la storia di tanti attraverso la mia poesia, indossarla, per poter abitare nel mondo.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Risposta - Come affermato in precedenza, non credo sia possibile estraniarsi dal contesto sociale e, dunque, nemmeno dalla percezione della realtà.
La mia produzione poetica si fonda su reali esperienze dettate dal presente che mi circonda; non ho alcuna facoltà di scrivere qualcosa che non mi appartiene, che non ho ancora potuto assaporare. Certo, la fantasia gioca un ruolo fondamentale all’interno del processo creativo ma, da sola, è un concetto svuotato del suo stesso significato, qualcosa lontano da ciò che sono in “realtà”; la scrivo tra virgolette perché, riflettendoci, cos’è di per sé la realtà?
Senza scomodare Nietzsche, suppongo che la favola finisca proprio dove ha inizio, un po’ come la realtà, metafora di una favola di cui tutti noi abbiamo bisogno per poter vivere.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Risposta - Ho voluto salvare e custodire la goliardia del ragazzo che, tuttora, dimora in me. Le travolgenti emozioni, positive e negative, che quest’ultima ha inspiegabilmente generato: l’opprimente senso di vuoto che provai allo stomaco una volta trasferitomi a Torino per inseguire i miei sogni, oppure l’esaltante sensazione di “poter fare tutto” quando mi diplomai alla mia amatissima accademia di belle arti. Non dimentico però le cicatrici lasciate dai cosiddetti “inverni della vita” (da Residenze invernali di Antonella Anedda, Crocetti Editore, 1992), come ad esempio crescere e perdere qualcuno che ami, rinunciare a quella vita agiata che ancora ci viene concessa da giovani, ma soprattutto il rimpianto di non essere volato via, con Peter Pan, sull’isola che non c’è.
Come Paul Valéry (1871-1945), temo la fretta che pervade il nostro quotidiano. Siamo in balia di una vera e propria “mobilitazione totale”, dovuta al divario sempre più consistente tra il tempo del mondo e quello delle nostre vite.
Nel mio #libro scelgo di concedere ad ogni singola #parola il “giusto tempo” per potersi esprimere completamente. Credo sia proprio questo il potere della #poesia: conservare un istante infinito nel tempo presente.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Vite d'insieme”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Risposta - Un episodio in particolare, cosiddetto “maieutico”, è sicuramente l’incontro a Lanuvio (Roma) con Irma, la mamma di Gabriele Galloni (1995-2020), giovane #poeta al quale viene intitolato ogni anno il premio letterario “Antica Pyrgos” dedicato ai giovani autori.
Vite d’insieme è stato concepito qui, sui Castelli Romani, ma ancora non potevo saperlo: quella sera ho conosciuto a grandi linee la storia di Gabriele, l’ho intravisto negli occhi dei presenti e leggendo, qualche giorno dopo, i suoi componimenti.
Da quel preciso istante, ho sentito il bisogno di tradurre in versi l’amore di una madre, Irma, concepito ancor prima della sua stessa origine. E l’amore di un figlio, Gabriele, per la #poesia. Così intenso da non potersi spegnere, mai, come il roveto ardente.
Questo avvenimento è all’interno del libro, come anche i volti di molte altre persone che mi hanno accompagnato durante tutto il mio percorso.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Risposta - Ritengo alquanto stimolante la produzione letteraria di Sandro Penna (1906-1977) che, con la sua classicità sempreverde, mi ha permesso di approcciare anche la poetica di Leopardi e Rimbaud.
Un’altra fonte di ispirazione è senz’altro la “stanza” di Emily Dickinson (1830-1886), uno spazio da cui osservare e relazionarsi col mondo esterno.
Ultimo ma non per importanza, Fabrizio Venerandi (1970) e le sue “poesie elettroniche”, un intreccio fra testo e manipolazione informatica: per intenderci, si parte dal concetto di poesia figurata (per esempio quella di Apollinaire) per arrivare ad interagire con la poesia stessa attraverso il mezzo tecnico (rappresentato da XHTML e Javascript, contenuti sapientemente all’interno di un ePub interattivo).
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Risposta - Essendomi diplomato in Nuove tecnologie per l’arte all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, ho potuto focalizzare la mia attenzione su un percorso artistico “contaminante”, che attrae a sé diverse discipline tramutandole nella mia arte: un agglomerato di installazioni site-specific, intervallate da performance poetiche.
Nello specifico, mi occupo di grafica editoriale (dal libro d’artista realizzato a mano alla stampa professionale), progettazione multimediale (composizioni a tecnica mista create per un determinato luogo) e videopoesia: di quest’ultima ne vado particolarmente fiero, poiché una delle #poesie (divenuta anche videopoesia) contenute all’interno del libro, intitolata Terrena ipocrisia, sarà premiata il 14 ottobre 2023 a “La Biennale della Cultura - Impavidarte” presso Nicosia (Enna).
Questa è, in breve, l’influenza artistica che contamina la mia scrittura.
P.S. Mi affascinano la corrente Dada, con le opere di Francis Picabia (1879-1953), e le performance “estreme” di Hermann Nitsch (1938-2022), il pilastro dell’Azionismo viennese.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Risposta - Mi capita di leggere, oltre le poesie, anche libri di narrativa, per lo più romanzi brevi. L’ultimo che ho letto è di una mia cara amica di Roma, Annalisa Lucini, intitolato Lipari (da Ah, l’estate, Edizioni Ensemble, 2022).
Sono appassionato di filosofia, credo sia evidente. Leggo spesso saggi inerenti il Gorgia sul tema del “non essere” o sul “nichilismo” di Nietzsche.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Risposta - Mi ritengo una persona favorevole al progresso, lo interpreto come un nobile “utensile” al servizio della nostra creatività (e mai il contrario).
Detto questo, sono d’accordo con Riccardo Falcinelli (1973) quando afferma che: «Il libro è un’invenzione imperfettibile, come la ruota o il chiodo» (Critica portatile al visual design, 2014), una volta inventati non è più possibile fare di meglio.
Cartaceo o digitale che sia, preferisco il libro capace di riprodurre qualcosa di indefinibile, che va oltre il supporto.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Risposta - Il mio rapporto con la #scrittura può definirsi empatico, è qualcosa che tento di controllare, eppure, non ci riesco: per me #scrivere è un gesto naturale, del tutto involontario. Non ragiono con l’ottica di dover pubblicare un libro, bensì con le sensazioni che provo in quel preciso momento. Seduto ancora sullo stesso davanzale di casa, angusto, ma di larghe vedute in termini #poetici.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Vite d'insieme”, se non lo avesse scritto.
Risposta - È indubbiamente una domanda complessa.
Vite d’insieme vuole stimolare il nostro io per condurci ad una prospettiva più ampia delle cose, per trovare in noi la forza di interrogarci dentro e, per una volta, concederci una pausa da tutto il resto. Non ci riempirà lo stomaco, ma potrebbe invece soddisfare la mente, dare importanza alle emozioni che proviamo; oggi va di moda celarle dietro lo stereotipo del momento, considerarle inopportune o addirittura “niente”. La poesia, invece, ci mostra l’esatto contrario trasformando quel niente in qualcosa che c’è, un po’ come il microscopio che rivela l’invisibile.
Forse è proprio questo il motivo per il quale comprerei questo libro.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Risposta - Vorrei continuare a osare con la poesia, provare a scomporla via via in versi sempre più figurati, giocare con la tecnologia per comporre un’opera che rispecchi la vera immagine della vita che sto vivendo.
Ecco alcune strofe di un viaggio che sta per avere inizio:
D****** e*********
di Emanuele Prisciandaro
[…]
A circolo, le tombe primeve.
Siamo promesse dal tratto breve,
nel vasto naufragar della carne.
Bramiamo riva, senza trovarne
alcuna requie poi alla fine.
Imperfetti, giacere nel niente.
Negami le solite recite.
Amami. Il creato non sente
di notte, il biasmo si fa lieve.
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