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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

Intervista a Nicola Feruglio, che presenta ai lettori il libro “Fin dove giunge il canto dell’iperboreo” nella duplice versione italiana e araba con la traduzione curata dal Professore Hafez Haidar, già traduttore di Oriana Fallaci in lingua araba.

di Rassegna Stampa

Intervista a Nicola Feruglio, che presenta ai lettori il libro “Fin dove giunge il canto dell’iperboreo” nella duplice versione italiana e araba con la traduzione curata dal Professore Hafez Haidar, già traduttore di Oriana Fallaci in lingua araba.

• Partiamo proprio dal titolo, come mai “FIN DOVE GIUNGE IL CANTO DELL’IPERBOREO إلى أي مدى تذهب أغنيةايباربوريو”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
– “Fin dove giunge il canto dell’iperboreo” è il titolo del mio sesto libro e terza pubblicazione realizzata con la Aletti Editore; raccolta ispirata alla tradizione iperborea, tramandataci dagli autori greci classici come Pindaro, Eliano, Erodoto… tradizione iperborea che come un fiume carsico ha continuato a riemergere nel corso dei secoli, attraverso l’opera di autori del calibro di Ezra Pound, Nietzsche e Giorgio Colli. Riscoprire le origini sciamaniche e misteriche della cultura greca, mi ha consentito di rivendicare quel misterioso isomorfismo che intercorre tra il poetare e l’esistere, inseguendo quel “canto metamorfico” che restituisce all’arte poetica il potere estatico e sapienziale. Le parole di Karl Kraus (autore a me carissimo), esprimono in termini assiomatici il viaggio intrapreso attraverso questo libro: “l’origine è la meta”! Il testo pubblicato nel 2021 dalla Aletti (collana I Diamanti), è stato ripubblicato nel Luglio del 2022 (collana Altre Frontiere) con testo a fronte italiano/arabo, tradotto dal prof. Hafez Haidar, che ha dedicato al testo una straordinaria prefazione e poi un altrettanto straordinaria traduzione in lingua araba. Grazie al lavoro di Haidar, il canto dell’iperboreo giunge ai lettori di lingua araba, tradotto nell’affascinante lingua di poeti come Rumi, Al Hallaj e Mahmoud Darwish.

• Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
- Realtà è un termine tanto affascinante quanto controverso; impugnando l’interpretazione della Fisica quantistica, dovrei dire “addio realtà”; per il semplice fatto che con Heisenberg (Principio d'indeterminazione) scopriamo un mondo che non è indipendente dall’osservatore e ciò che ci ostiniamo a chiamare realtà, va intesa come una poetica fusione tra osservato e osservatore. L’universo pare un immane gioco concepito per gli osservatori co-creatori che guardandolo lo modificano! Tesi lucidamente anticipata da Plotino, che nei suoi trattati ha descritto la coincidenza e la simultaneità tra il pensante e il pensato. Posso affermare quindi che è la scrittura (intesa come sguardo) ad aver inciso sulla mia realtà. Pochi giorni fa ho pubblicato su un social network una frase estratta da un mio testo ancora inedito intitolato “Appunti di ecosofia gnostica”, frase utile per sintetizzare come intendo la relazione tra scrittura e realtà: "scrivere è far collassare in forme evocative quell'informe nebulosa d'indeterminatezza che è la vita”.

• La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
- A questo proposito, in una precedente intervista ho scritto che la biografia di un uomo è un indicatore di senso verso un non-luogo che per tutta la vita lo richiama a sé. “Testimoniare” è una parola chiave del mio scrivere ed è un’arteria fondamentale del testo “Fin dove giunge il canto dell’iperboreo”. Nel saggio intitolato “Cosmoempatia” pubblicato nel 2017, ho sostenuto che per intrattenere un’autentica relazione con sé stessi (auto-on), sia necessario esercitarsi in quello che nel saggio definisco “esercizio di reminiscenza empatica”. Mi riferisco a una coraggiosa rivisitazione dei propri vissuti attraverso la descrizione di tutti quegli incroci tra “segni diurni” e “sogni notturni” che inaspettatamente tradiscono sconcertanti ricorrenze e corrispondenze, per le quali la nostra vita attraversa una trasfigurazione simbolica che non disvela ciò che è, ma ciò verso cui si protende. Alcune poesie presenti in quest’ultimo libro, tra le quali: “La mia stanza wormhole”, “Hari Om” e il “Koan della mia nascita”, evocano esattamente questo lavoro interiore e letterario che voglio definire di archeo-biografia.

• A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “FIN DOVE GIUNGE IL CANTO DELL’IPERBOREO إلى أي مدى تذهب أغنيةايباربوريو” se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
- Ve ne sono molti, ne citerò alcuni. In questo libro vi è una poesia intitolata “Il sogno iperboreo”, dedicata ad un sogno (e le sue conseguenze vocazionali) che realizzai nel 1991 a diciannove anni. Sogno nel quale l’identità iperborea (intesa come completamento e piena realizzazione dell’identità umana), irrompeva potentemente nel mio immaginario spirituale e poetico. I diesis e i bemolle del testo “Fin dove giunge il canto dell’iperboreo” risuonavano già in quella lontana esperienza onirica! Va poi ancora sottolineato con forza il lavoro accuratissimo di traduzione realizzato da Hafez Haidar, poeta, accademico e raffinato traduttore; la cui grandezza si sposa con la semplicità! Dopo la pubblicazione dei miei testi in Argentina tradotti in lingua spagnola, l’opportunità di tradurre le mie poesie in arabo è l'ennesima sfida giunta tra le mani grazie alla lungimiranza cosmopolita dell'editore Giuseppe Aletti, il quale per primo, sia come editore sia come autore, ha iniziato a pubblicare nei paesi arabi! Il 20 settembre 2022 presso la Casa Internazionale Delle Donne di Roma (luogo simbolo di battaglie storiche per i diritti civili), si è svolta la prima presentazione del testo bilingue; il pubblico ha risposto con particolare immedesimazione all’intervento di María Cecilia Benac (accademica argentina, esperta di politica e letteratura araba), che ha letto in arabo la poesia “Ogni uomo è la sua voce”; e in ugual misura il pubblico ha intensamente gradito le interpretazioni piene di pathos di Pierfrancesco Galeri (attore, regista e scrittore), capace di liberare i corpi sonori dei versi, generando una particolare intensità quando ha dato voce al 3° canto della poesia “Fin dove giunge il canto dell’iperboreo” e “La mia stanza wormhole”.

• Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
- Questa domanda mi consente di produrre un elenco di autori (scartandone ingiustamente molti altri) a cui devo moltissimo: Gregory Corso, Arne Næss, Lenore Kandel, Giorgio Colli, Karl Kraus, Jung, Plotino, Samael Aun Weor, Khalil Gibran, Pasolini, Herbert Marcuse, Edith Stein, Krishnamurti, Arthur Rimbaud, Allen Ginsberg e Lawrence Ferlinghetti.

• Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
- Musica, pittura e cinema senz’altro! In questo testo vi sono una serie di citazioni estetiche, che come un tessuto connettivo generano un dialogo impossibile ma possibile, tra le cene di Paolo Il Veronese, gli orizzonti minimalisti di Brian Eno, le rappresentazioni arcaiche del tripode alato di Apollo Iperboreo, il montaggio furente del film Koyaanisqatsi e il canto mistico di Claudio Rocchi…

• Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
- Ogni genere letterario, purché produca in me autentici fenomeni epigenetici. I miei primi testi sono stati di saggistica e narrativa, ma sempre caratterizzati da una palese poeticizzazione dei generi. In questi giorni sto rileggendo il 1° volume de “La sapienza greca” di Giorgio Colli, testo nel quale vi è una parte dedicata agli iperborei.

• Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
- Entrambi.

• Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
- Scrivere è una forma di meditazione-contemplazione giornaliera. La scrittura è una tecnica che adotto all’improvviso più volte nel corso della giornata, per far collassare in parole l’intreccio di vissuti e di pensieri, i quali invocano forme significanti per potersi nullificare e allo stesso tempo inverare. Questa tecnica è spontaneamente ispirata ad una meditazione antichissima che segue questi tre passaggi; (1) Non-pensiero - (2) Beatitudine - (3) Illuminazione. Plotino nelle sue Enneadi, descrive questi tre fasi con tre parole greche: Aneidos - Plerosin - Ellampsis.

• Un motivo per cui lei comprerebbe “FIN DOVE GIUNGE IL CANTO DELL’IPERBOREO إلى أي مدى تذهب أغنيةايباربوريو”, se non lo avesse scritto.
- Per il suo titolo!

• Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
- Sì molte; personalmente non scrivo mai un testo alla volta, ne scrivo molti simultaneamente; di ognuno di questi testi conoscono precisamente il titolo, ma non esattamente come si articolerà. Testi che si intrecciano, si accavallano, le cui stesure confliggono tra di esse, alcune naufragando nella dimenticanza, altre imponendosi per mesi e anni. Poi per misteriosi motivi, uno di questi testi prevale, collassando in una forma pronta per essere presentata all’editore, non prima però, di farlo leggere a mia moglie Annarita, l’unica a poter giudicare quanto ciò che scrivo coincida con ciò che sono! Uno di questi testi erranti, che levitano ora, tra il mio mondo immaginale e la carta, è un poema filosofico dedicato al pianeta Terra inteso non come una cosa, ma come un evento!

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