| Isabella Horn, Il canto del covid, Aletti Editore, 2021, pp. 49, € 12,00. Recensione a cura di Vincenzo Guarracino, pubblicata sulla rivista on-line "Fermenti".
“Terribile ed awfull è la potenza del riso; chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire”.
Sarà poi vero? Se non fosse che a dirlo è Leopardi (cfr. Zibaldone, 4391, ripreso anche nei Pensieri: “Chi ha coraggio di ridere, è padrone del mondo”, LXXVIII), io francamente ne dubiterei. Ma tant’è. Sono gli stessi spiriti che ritrovo in un librino di poesie, Il canto del Covid, smilzo di pagine ma denso di sentire, di un’autrice, Isabella Horn, nata in Germania ma vivente in Italia, dove si applica a traduzioni e studi filologici quanto mai difficili e impegnativi (come quelli sulla traduzione tedesca da "Fermenti" n. 253 (2022)
Fermenti 243 del romanzo Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo, 2015), senza trascurare gli otia della poesia (una diecina di raccolte, edite tutte Aletti, tra cui Ballate dei sudditi felici, 2018, oltre al qui presente Canto del Covid).
Ho citato, tra i tanti titoli, Ballate dei sudditi felici, pur non avendolo letto (ma solo perché ne ignoravo incolpevolmente l’esistenza), perché mi sembra che abbia in comune con Il canto del Covid, di cui si parla, comuni spiriti satirici, rinforzati sul tema da un’enigmatica e inquietante al suo solito immagine in copertina di Stefano Lanuzza, il tutto perfettamente in linea con i sentimenti leopardiani di cui nell’opera del Recanatese ci sono abbondanti indizi e testimonianze, se non nella famosa Palinodia a Gino Capponi, nei sulfurei, “terribili” davvero (il giudizio è del Gioberti), Paralipomeni alla Batracomiomachia, dominati da un insuperabile e insuperato spirito da “malpensante”.
Il canto del Covid, dunque: eccone l’incipit come nei proemi di un antico poema epico o cavalleresco, salvo che qui si tratta di un medioevale Triumphus Mortis:
“Canta, canticchia, assolato balcone, / canta che ti passa...”. C’è tutta l’ironia possibile di chi sente perfino l’inconfessabile (da parte di tanti poeti anfetaminici che scrutano, falsamente, fantasmi metropolitani...) inutilità della #poesia: “canta che ti passa”, come dire che non c’è rimedio al tempo “sospeso, / offeso, arreso” alla Prigionia esposta onomasticamente nel titolo e diffusa, essa sì, come vera pandemia dei sentimenti e dei rapporti, dove l’invito al “sonno” michelangiolescamente “salvezza” e “oblio”.
È in questa linea di amaro sarcasmo che procede tutto il poemetto (è lecito chiamarlo così?) nei suoi 16 canti, dopo l’incipit appena citato: dopo l’allusivo Ballo di san Virus (“Sta passando il Virus: fate largo, largo al Virus!) e il grottesco del Ballo in mascherina (con l’esaltazione del “carnevale virale” e le “mascherine” da “sfoggiare al ballo per strade e piazze in festa”), entrambi con movenze che riecheggiano irridentemente le “canzoni a ballo” quattrocentesche
(Lorenzo e Poliziano) e secentesche (Redi), ecco campeggiare Lui, il Covid, in tutte le salse, tra Litanie, Elogi, perfino Interviste e Ritratti, fino alla sua celebrazione e incoronazione a Imperator Mundi, come una sorta di redivivo Stupor Mundi di cui sembra aver ereditato le prerogative come “re e padrone” di tutto, uomini e cose, vittime senza scampo dell’”infernale motore dell’ingranaggio / pandemico”. (Vincenzo Guarracino)
da "Fermenti" n. 253 (2022)
https://www.librerie.coop/libri/9788836171941-limmaginazione-330-manni/
Collana "Gli Emersi - #Poesia"
pp.52 €12.00
ISBN 978-88-591-7203-1
Il libro è disponibile anche in versione e-book
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