| Intervista a Isabella Franchellucci, che presenta ai lettori il libro "Vox in itinere" (Aletti Editore)
Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai“Vox in itinere"? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Isabella Franchellucci - Innanzitutto vorrei iniziare dal significato del titolo: la “Voce in viaggio” è la voce della parola in viaggio verso la conoscenza. Una conoscenza che ogni persona spesso ricerca ed è un’aspirazione non ben definita, ma comunque risiede all’interno di noi. La scienza ricerca la verità con i suoi strumenti; l’arte, la letteratura, la musica, la filosofia, la religione la ricercano con i propri. La conoscenza a cui la mia poesia aspira è nascosta all’interno del mio mondo emozionale, come un embrione primordiale che la parola plasma, armonizza e sublima, rendendolo palpitante creatura, materia da comunicare, anzi, direi da donare. In questo processo di “costruzione" della poesia ho scelto, per questa quinta raccolta, l’espressione latina con la quale ho voluto configurarne la sacralità. Il percorso creativo che conduce all’espressione artistica, poetica in questo caso, ha infatti una ragione profondamente umana e universale e diventa patrimonio di tutti, e quindi, sacro. I temi ricorrenti di questo volume partono dal disagio di vivere che quotidianamente incontro e che però non soffoca la spinta vitale e la forza interiore che mi accompagnano e partoriscono la mia rinascita. La natura mi offre l’incanto e fa da oggetto espressivo per ciò che voglio comunicare. Le immagini si formano e alleggeriscono i significati in un traslato simbolico. La scrittura che ne deriva la percepisco come un "altro”da me, pur sentendola profondamente mia.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Isabella Franchellucci - Le esperienze mie e degli altri, il dolore, le inquietudini, la condizione precaria, le delusioni e le paure, generano indubbiamente la necessità di utilizzare lo strumento della scrittura, al quale mi rivolgo nel desiderio di comunicare. Questo è il primo momento che ispira le composizioni poetiche. Ma subito dopo o nello stesso istante, la realtà nella sua usuale accezione viene velata e superata da una spinta verso un sentire più profondo dell’apparenza e si muove su piani e linguaggi diversi. È una dinamica che si evolve a livello non propriamente razionale. E qui avviene spontaneamente l’utilizzo di un linguaggio che crea suggestioni e che dalla pagina arriva direttamente all’emozione di chi lo leggerà.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Isabella Franchellucci - Scrivo poesie dall’età di tredici, quattordici anni, da quando cioè la vita si apre con il suo carico di difficoltà, contraddizioni e sofferenze. Da subito ho afferrato il conforto della parola poetica che mi apriva al “miracolo” della riconciliazione con me stessa e con il mondo. Nei primi versi adolescenziali cercavo l’autocompiacimento e l’illusione che solo la creatività può dare e che donano l’ebbrezza di una specie di onnipotenza, un modo per colmare un vuoto indefinibile. Certamente già c’era in quei versi ingenui ed eccessivi la mia essenza di giovane donna. Con il tempo la consapevolezza dell’importanza che aveva per me la parola poetica cresceva sempre di più per cui sentivo che accanto alla marginalità apparente in cui era stata collocata nella mia vita (fatta di famiglia, lavoro e tanto altro) essa aveva un ruolo fondamentale per il mio equilibrio e la mia forza. Capivo sempre di più che la scrittura è un mestiere a cui occorre dedicare passione, ricerca, dedizione e rispetto. Il valore testimoniale che voglio salvare con questo libro e con quelli precedenti è fatto proprio di questi elementi. Il poeta indaga la realtà più profonda dell’uomo e ne fa materia di “bellezza”.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito“Vox in itinere”se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Isabella Franchellucci - Io ricordo le occasioni e gli stimoli, le emozioni e i momenti che hanno generato ogni poesia, il moto profondo dal quale nasceva la parola scritta, frutto di una disarmonia tra i desideri più profondi e gli ostacoli insormontabili della realtà.
Ma quello che ricordo di più e che “mi assilla” maggiormente, in questa, come nelle raccolte precedenti è il grande senso critico con cui mi pongo nei confronti della mia stessa produzione. Nella rilettura dei brani mi sento un po’ come il giudice esterno e severo della mia poesia, attenta come sono a cogliere le dissonanze di stile, gli eccessi, la ripetitività dei temi e delle espressioni, la banalità dei versi. Non sono momenti piacevoli, perché metto in discussione più e più volte il mio lavoro, dubbiosa riguardo al suo valore e certa che non può essere compreso completamente. D’altra parte ciò che mi interessa davvero, al di là di presunti successi, è il dire qualcosa di “importante”, che resti come un piccolo dono che alimenta e arricchisce chiunque voglia farlo proprio.
Il cercare di pubblicare tutto il materiale diviene quindi un momento inevitabile, perché occorre che diventi di tutti. È questo il corollario necessario del lavoro intrapreso.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Isabella Franchellucci - Grazie alla mia formazione classica ho avuto la fortuna di conoscere gli autori più importanti della letteratura, che se non direttamente fonti di ispirazione, sono stati dei grandi maestri. Credo che tutti abbiano influenzato la mia preparazione culturale e la mia produzione poetica. Di ognuno mi capitava di cogliere qualche assonanza con la mia sensibilità umana e letteraria. Per restare solo in ambito poetico inizierei da Dante e Petrarca che ho potuto apprezzare di più in età adulta. Negli anni della mia adolescenza rimasi folgorata da Giacomo Leopardi, per la profondità dei contenuti e l’intensità e la grandezza della sua personalità. Negli anni universitari ricordo il forte “innamoramento” nei confronti di Dino Campana, per la visionarietà e l’incanto del suo linguaggio, mi affascinavano i poeti francesi di fine ottocento e inizio novecento, i simbolisti e i decadenti, la musicalità e l’innovazione della poesia di Pascoli, la ricchezza del linguaggio dannunziano. L’impareggiabile lezione ermetica, con la grande poesia di Ungaretti Montale e Quasimodo, mi ha aperto un mondo… Proseguendo nel novecento: Mario Luzi, Giorgio Caproni, Alda Merini e altri ancora, anche tra gli autori più recenti. Tra gli stranieri: Pasternak, Dickinson, Lorca, Szymborska e tanti altri.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Isabella Franchellucci - Penso in qualche modo ai pittori impressionisti e a Van Gogh, aggiungerei la pittura metafisica di De Chirico, i volti stilizzati e i nudi sensuali dallo sguardo assente di Modigliani e, in generale, la migliore arte del novecento e quella dei secoli precedenti.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Isabella Franchellucci - In primis la prosa, alla quale ho dedicato molto tempo della mia vita come lettrice e qualche “esperimento” di narrativa come scrittrice. Amo leggere anche i saggi di varie materie: storia soprattutto, di cui sono appassionata, psicologia, arte. Di quest’ultima mi piace a volte “esercitarmi” in qualche scritto critico sull’arte moderna concettuale grazie alla quale facilmente si generano spunti personali di rielaborazione che possono spaziare negli ambiti culturali più diversi (lavori che poi rimangono nel cassetto).
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Isabella Franchellucci - Se dovessi rispondere immediatamente direi che preferisco il libro cartaceo che mi è più congeniale, soprattutto per età. Da sempre l’oggetto “libro” è un compagno fedele della mia vita e i libri sono una parte importante della mia casa. La parola ascoltata la apprezzo perché come la musica, offre una suggestione tutta sua e immediata, entra dentro ed emoziona, ma nel tempo tende ad essere dimenticata.
In conclusione, per cogliere più profondamente il significato di un testo, credo che un libro cartaceo permetta una maggiore riflessione e uno studio più efficace.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Isabella Franchellucci - Ne ho già parlato in alcune delle risposte precedenti: comporre per una specie di necessità, per trovare la mia vera identità, per indagare gli aspetti della vita che premono alle porte della coscienza, per mantenere vivo questo legame indissolubile con la parola poetica che mi mette in contatto con la dimensione più autentica ed essenziale delle cose e, nello stesso tempo, essere il critico letterario di me stessa, in un rapporto difficile e doloroso di amore e distacco verso la mia scrittura.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Vox in itinere", se non lo avesse scritto.
Isabella Franchellucci - Per capire qualcosa di più nel panorama variegato della sovrabbondante produzione poetica contemporanea e dello strano fenomeno attuale in cui versa la Poesia oggi. Che ci siano davvero dei criteri che possano attribuirle un valore oggettivo?
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Isabella Franchellucci - In un futuro forse neanche lontano sicuramente avrò pronta un’altra raccolta di poesie. Nel frattempo conto di portare a termine qualche lavoro in prosa del quale però preferisco non anticipare nulla.
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Collana "Gli Emersi - Poesia"
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ISBN 978-88-591-7558-2
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