| ✔Intervista a Duilio Papi, che presenta ai lettori il libro “Luoghi e parole” (Aletti Editore)
📎Partiamo proprio dal titolo, come mai “Luoghi e parole”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Con questo titolo volevo evocare le radici del mio essere. Tutti noi siamo sostanzialmente i luoghi che frequentiamo e le parole che sono riuscite a far breccia dentro di noi. Nel mio caso sono le parole di un genitore o di un amico, quelle in voga in un certo clima culturale oppure quelle tratte da un libro, da un film o da delle canzoni. In questa silloge quindi la protagonista e la mia vita, o meglio quella parte di essa che ha inciso nel percepito e nel percorso a seguire. Il periodo scelto è quello dell’adolescenza. Come ben noto questo periodo risulta fondamentale per la crescita dell’individuo. Io credo che nello specifico, però, la portata storica di quanto vissuto assieme a quelli della mia generazione in quel tempo, sia stato particolarmente prodigo di conseguenze future. Un cambio di passo molto rilevante che poi ha prodotto l’idea del mondo di oggi e l’attuale classe dirigente. Pensate al computer, alla caduta del comunismo, all’impatto delle televisioni private e a quel modo di comunicare aggressivo. É il tempo della vittoria dei Mondiali, della strage di Bologna e della droga di facile consumo.
Naturalmente il libro parla in particolare del mio percorso e anche delle varie e non poco contradizioni di quel tempo. Il travaglio pare sia ineludibile per diventare persona. La Milano da bere è stata culla di prosperità e di sciagura. In questa silloge provo a citarne emotivamente le radici.
📎Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Come già accennato, questa silloge parla della mia vita durante gli anni 80. Quanto scritto mi appartiene e immagino appartenga anche a tanti altri. Naturalmente la mia non è un’opera storiografica, ma sicuramente tratteggia un’esistente e un sentire che ancora troviamo presente in molti miti attuali. Forse quello più duraturo è quello individualista, quello dell’uomo che si fa da solo senza l’aiuto di altri. La solitudine del nostro tempo, io credo dipenda molto da quel pensiero che è lo spago sottile che avvolge quel periodo storico.
📎La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Solo da qualche anno è iniziata un’indagine storica sugli anni 80. Vedo una narrazione puntuale, anche dettagliata a volte, ma trovo che in questa narrazione manchi al momento la rappresentazione dell’energia innovativa di quell’epoca. Manca l’idea spirituale di quegli anni già pronti al futuro. Io ho solo provato attraverso delle immagini a riproporre la centrifuga emotiva di quella stagione.
📎A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Luoghi e parole” se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Questo libro, che nasceva come una semplice raccolta di suggestioni scaturite dai luoghi e le parole fondamentali per il mio esistere, non era immaginato per diventare un amarcord, tuttavia la situazione sanitaria ha rotto le abitudini e ci ha costretto a ripensarci, a riviverci. Ero in Liguria, a supportare mia madre non più autosufficiente. Ero fuggito dalla mia abitazione milanese giusto in tempo prima del lockdown. In quella solitudine di abitudini conclamate il pensiero correva veloce. Attraverso questo viaggio ho fatto un percorso a ritroso. Ho ritrovato anche la boria piuttosto superficiale di quegli anni che ci hanno illuso di poter godere di una prosperità infinità. Tutto questo faceva a pugni con quanto stava succedendo.
I silenzi e quei radi scorci di mare guardati di sfuggita andando a fare la spesa hanno creato il resto. Alla sera poi un’immersione nella musica di quel periodo, la mitica musica degli anni 80.
Non amo sprofondare negli abissi del passato, ma questa volta non sono riuscito ad evitarlo.
📎Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
La mia formazione trova un appiglio nel movimento ermetico del primo 900, ma poi si nutre di autori vari, anche precedenti a quell’epoca. Intendo dire per esempio D’Annunzio o Pascoli.
A tratti sento la tentazione modernista di Marinetti, altre volte rivisito alcuni aspetti malinconici della poetica di Leopardi. Ho poi un interesse autentico per la poesia della beat generation e per quella guascona e irreverente della “belle epoque”. La poesia va declamata e il suono di una poesia in francese non potrà mai essere il mio, a meno che io non scriva in quella lingua. Quindi si può solo provare ad intuirne la poetica. Uno come Verlaine lo si ascolta e basta. E tanti come lui sono stati ascoltati durante le pause strane di questo periodo senza precedenti.
📎Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Sicuramente io considero la fotografia parte della mia poetica. Quanto efficace possa essere e quanto utile nella traduzione delle suggestioni che sono proprie della mia poetica, lo lascio determinare a chi ha più registri culturali di me per poterlo giudicare. L’immagine spero riecheggi tra i miei versi e narri sentimenti e stati d’animo, luoghi fisici e luoghi dell’anima. Vorrei così fosse. Lo spero.
📎Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Leggo molta saggistica e libri di sociologia. Al di là della poesia, il genere letterario più amato è la fantascienza.
📎Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Quello cartaceo. Non ho più una vista da falco e passo per lavoro anche 10/11 ore davanti ad uno schermo. La carta è amichevole e poco invadente. La prediligo.
📎Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Non è mai facile produrre un libro di poesie, almeno per me. Questo è stato un progetto che in corso d’opera ha iniziato a prendere una direzione non prevista. Come sempre, prima di arrivare alla forma definitiva, ci sono state più di 20 stesure, alcune molto parziali, o non ancora corpose, come quelle fino alla versione 10, e quindi un’altra buona decina, successiva alle prime, dove ho cercato compromessi stilistici, ho eliminato il superfluo e ho verificato il senso dell’insieme.
📎Un motivo per cui lei comprerebbe “Luoghi e parole” se non lo avesse scritto.
Credo che potrebbe essere bello per alcuni rivivere alcune situazioni di quell’epopea. Forse è soprattutto un libro adatto ai miei coetanei, tuttavia è una proposta che pesca valori e situazioni, comunque molto dense di umanità. Immagino che questo possa essere piacevole e stimolante per un lettore. Nel libro rivive la periferia di quel tempo e le varie ambizioni frenate da uno stato sociale almeno allora riconosciuto. Spero possa piacere.
📎Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Le idee non mancano, ma non vorrei nei prossimi libri soffermarmi su singole situazioni personali. Ho l’impressione che ci sia una memoria da salvaguardare in questo paese, una
vicenda nata dopo la Seconda Guerra Mondiale e che è parte della nostra storia civile e comunitaria. Vorrei dare voce poetica agli attori di quest’epoca così poco studiata a scuola che però esiste e che secondo me ha molta dignità. La nostra attuale storia dipende da quei gesti e quelle idee troppo spesso ignorate. Chissà se riuscirò nell’impresa.
CON LA PREFAZIONE DI ALESSANDRO QUASIMODO
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