| ✔Intervista a Paolo Brunacci, che presenta ai lettori il libro “Preambolo dello sguardo”
Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Preambolo dello sguardo”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
☑️ Paolo Brunacci - Il titolo presenta le poesie come se fossero sguardi che hanno bisogno di una premessa necessaria, un preambolo quindi, perché sentivo l’esigenza di conferire una genesi chiara al processo di scrittura, che, nel mio caso, risulta ancora magmatico in quanto si tratta della mia prima esperienza editoriale.
Inoltre l’etimo della parola preambolo contiene il verbo latino “ambulare” (camminare), e il binomio cammino/movimento risulta un elemento significativo all’interno della raccolta: ci si muove nel tempo per guardarsi dentro; ci si muove nello spazio per favorire l’incontro con gli altri.
Di conseguenza più che di veri e propri argomenti, vorrei descrivere il volume come una tela su cui il filo principale del dato personale, dello sguardo dentro sé stessi, si intreccia con gli sguardi sulla storia, sulla natura, sul tempo collettivo che viviamo.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
☑️ Paolo Brunacci - Durante la fase di scrittura l’atto poetico percepisce il limite del reale, si scontra con il perimetro dettato dai sensi e dalla materia; tuttavia non soffre il rimbalzo, anzi, la sua parola si articola all’interno del finito e dell’attuale in paziente ricerca di un’altra dimensione, di una sorta di magia laddove tutto sembra dato con precisione, di uno sguardo, appunto, che ci proietta in un luogo sospeso e al contempo agganciato all’imprescindibile realtà.
Quel luogo lo incontriamo come scrittori ma anche come lettori, coincide con il momento in cui attraverso il verso andiamo da un’altra parte, sospesa tra due punti, simile alla sintesi del vicino e del lontano, del fuori e del dentro, del passato e del presente.
La realtà dunque ha inciso in quanto rappresenta un sistema di segni all’interno del quale la poesia tenta di ritagliarsi il proprio percorso, ossia una diversa trama linguistica, dominata dalla relazione ambigua tra senso proprio e senso figurato.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
☑️ Paolo Brunacci - Non ho voluto salvare singoli episodi, ma preservare quella attitudine dello spirito a sperimentare la vita attraverso tutti i sensi, come prima fase di un processo creativo che libera dalla contingenza e che permette di raggiungere quel luogo di cui ho parlato nella risposta precedente.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Preambolo dello sguardo” se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
☑️ Paolo Brunacci - All’inizio quando ho ripreso alcune poesie scritte in passato ho incontrato difficoltà a selezionare quelle che potevano far parte di un’ipotetica raccolta; poi la stesura dei nuovi componimenti è stata un continuo lavoro di revisione allo scopo di trovare la parola adatta, il ritmo, la lunghezza del verso, il suono; alla fine ricordo le numerose letture per evitare i refusi.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
☑️ Paolo Brunacci - Per quanto riguarda la poesia potrei citare Rimbaud, Kavafis, Lorca, Brodsky, Heaney, Pasolini, Zanzotto, Montale e la tradizione ermetica. Altri punti di riferimento, legati a particolari momenti della mia vita, sono Céline, Kapuscinski, Simenon (in versione “romanzi duri”, senza Maigret), Fante, Sciascia, Pavese, Primo Levi, Sepulveda, Dostoevskij, Kafka, Joseph Roth, Hesse.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
☑️ Paolo Brunacci - Cinema, teatro, fotografia, pittura, musica sono forme artistiche che toccano, attivandosi soprattutto a livello inconscio, i meccanismi che alimentano l’ispirazione, in quanto stimolano la ricerca di significati e appagano il desiderio di cavalcare la fantasia.
I colori e l’inquadratura, la bellezza del cantautorato italiano e i suoni della musica etnica per me rappresentano altresì una fonte rigenerante di fronte alla diffusione martellante di immagini e rumori provenienti dal web, che, con la propria invasività, tende ad anestetizzare il soggetto che “guarda”.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
☑️ Paolo Brunacci - Narrativa, gialli e polizieschi, racconti di viaggio, reportage, saggi di storia, di filosofia, di scienze umane in generale.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
☑️ Paolo Brunacci - Cartaceo, non escludo in futuro di usufruire di testi digitali.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro?
☑️ Paolo Brunacci - Attraverso la scrittura ho avviato una ricerca all’interno del linguaggio, e quindi del mio essere, che mi ha portato a concepire un testo a cui ho affidato il compito di esprimere delle sensazioni, intime e fugaci, forse indicibili e contorte, ma in ultima istanza ineludibili.
È stato dunque un rapporto impossibile, un sogno, un’illusione, una relazione terribilmente precaria e allo stesso tempo impellente.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Preambolo dello sguardo” se non lo avesse scritto.
☑️ Paolo Brunacci - Se si ama la poesia che ondeggia tra la forma del racconto e quella della meditazione attraverso il dispiegamento diversificato di punti di vista, di “sguardi”, allora questo “Preambolo” è una lettura da consigliare, perché si muove come una via panoramica su un territorio composto da falesie e ampie visioni di cielo.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
☑️ Paolo Brunacci - Sì, ho ripreso a scrivere per ricomporre quel materiale che è rimasto fuori dal primo libro e arricchirlo con nuovi componimenti; per il momento vago nel buio, aggiungo qualcosa quando capita: alla fine vedremo se verrà fuori un lavoro unitario.
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