| ✔Intervista a Giuseppe Zammarchi, che presenta ai lettori il #romanzo “Jack Buckle e il Sacro Ordine della Spina” - Aletti Editore
Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Jack Buckle e il Sacro Ordine della Spina”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
▶️ Giuseppe Zammarchi - Questo titolo è strettamente legato al primo libro della trilogia: “Jack Buckle e il mistero della statuina di terracotta”, quindi possiamo dire che la sua scelta è stata una conseguenza quasi obbligata. Anche in questo secondo volume la regina del racconto è senza alcun dubbio l’#avventura, ma vorrei anche partire da un’altra domanda e cioè chiedere: “Chi è Jack Buckle?” Ebbene, lui è un reporter di guerra, un inviato speciale che si reca in luoghi dove nessuno vuole andare, dove la miseria e l’odore di morte sono di casa. In questo secondo libro, come pure nel primo, Jack è affiancato dalla bella Aiko, una ragazza giapponese che dietro a smalto e minigonne nasconde un carattere forte e deciso che rivestirà nel corso del racconto un ruolo fondamentale. L’argomento ricorrente e forse protagonista in questa ennesima avventura, è il “mistero”, che ha il compito di suscitare nel lettore quella curiosità e quell’apprensione che si protraggono per quasi tutto il racconto intervallate a situazioni riposanti e distensive, come ad esempio quelle riferite alle minuziose descrizioni dei luoghi dove si svolgono le azioni, descritti in maniera quasi maniacale ma mai ossessiva, che trasporta colui che legge in un’atmosfera calma e nello stesso tempo adrenalinica, da brivido, come se stesse guardando un film, ma molto più profonda poiché dettata dalla propria fantasia, a differenza dello schermo nel quale le immagini e le emozioni sono già scandite e decise; questo libro l’ho strutturato principalmente per le persone che amano viaggiare e anche per quelle un po’ più pigre che amano starsene a casa davanti a un bel fuoco a sorseggiare un calice di vino, che preferiscono viaggiare con la propria fantasia, e a proposito di questo io dico sempre… i libri non si leggono, si guardano!
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
▶️ Giuseppe Zammarchi - Questa avventura è totalmente frutto della mia fantasia, del mio ingegno, ma come ogni cosa che nasce dal profondo, dall’intimo dell’io, un pizzico di realtà forse è parte di essa. In questo mio racconto, il protagonista Jack Buckle, esprime parte di me o parte di quello che avrei voluto essere. La sua figura è un misto tra Indiana Jones e James Bond, sempre alla ricerca di nuove avventure, come lo sono io nei miei sogni che la vita purtroppo solo in parte mi ha fatto realizzare. A me piace viaggiare, incontrare altre culture; ciascun viaggio ha i suoi colori, i suoi odori, i suoi rumori e ogni cosa custodita rammenta una sensazione, un volto, un’emozione talvolta intrisa di malinconia… una foto può sbiadire o consumarsi nei contorni, ma non ci farà mai dimenticare il sapore che ce l’ha fatta scattare! In ogni mia avventura, dalle piramidi d’Egitto ai sapori speziati e mielati della Turchia fin su le coste burrascose dell’Irlanda del nord perennemente baciate dall’Atlantico, il mio pensiero non si è mai preoccupato di sapere fin dove arrivare, ma semmai di conoscere il momento di partire!
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
▶️ Giuseppe Zammarchi - È risaputo che la storia, intesa non solo come scorrimento cronologico degli eventi ma anche come testimone degli stessi, è alla base della cultura di ogni popolo, poiché ritengo che il presente sia l’ineccepibile risultanza del passato; in questo mio libro come in tutti quelli che ho scritto, ho voluto salvaguardare e mettere in evidenza tutti quei valori fondamentali del vivere quotidiano di un’etnia, sia del presente sia del passato, come ad esempio quello narrato dall’espressione funeraria degli antichi egizi ossessionati dalla morte e per tale motivo sempre compagna della vita ordinaria, o la loro arte culinaria strettamente legata alle tracimazioni del Nilo, dove la divinità Hapy simbolo di fertilità della terra inondata dal fiume, echeggia ancora lungo le sue rive dove la Nymphaea caerulea, il loto blu egizio, come magia si chiude la sera per poi riaffiorare il mattino successivo.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Jack Buckle e il Sacro Ordine della Spina”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
▶️ Giuseppe Zammarchi - In un racconto di fantasia nella maggior parte dei casi gli episodi sono figli dei protagonisti della storia stessa; nel mio romanzo ogni personaggio con le sue azioni influenza uno o più eventi, rendendosi protagonista di ogni singola scena; in poche parole, oltre al protagonista vero e proprio, affiorano di volta in volta dei coprotagonisti. Uno di questi è il dottor Steven Landermoon che con la sua esperienza insieme a Jack e Aiko, riveste un ruolo fondamentale specialmente quando occorre prendere delle decisioni basilari, ma un episodio può essere narrato anche da un particolare posto e quindi non necessariamente da un attore; a me piace molto descrivere i luoghi deputati all’azione e uno di questi è sicuramente la terra d’Irlanda. Questa è una terra lacustre dove il verde brillante dei campi, è mantenuto dalle incessanti e leggere piogge; è buona norma, munirsi sempre di k-way da portare ripiegato nel proprio zaino se non si vuole rimanere impreparati. Le sue valli, circondate da clivi ammantati da alberi e muschi, paiono presepi che custodiscono greggi dalle zampe e dalle nere facce, che brucano solitarie tra rocce e prati. Per chilometri non s’incontra anima viva, e le strade sembrano lingue d’argento fuso gettate tra lo smeraldo. Il sole talvolta fa capolino tra nembi minacciosi, illuminando foschie grigie cariche di acqua che si alternano ad ampie schiarite. È tagliata dalla Wild Atlantic Way che è una strada selvaggia che costeggia quasi tutta la costa occidentale; questa attraversa altissime scogliere talvolta a picco sul mare, che fan girare la testa anche ai più temerari arrampicatori. Verso oriente, dolci declivi verdi e intensi come gli occhi profondi di un bambino sono punteggiati di pecore e il tutto è sovrastato da poetico silenzio, che nella brutta stagione si contrappone a onde possenti che s’infrangono sulle nude pietre modellandole a loro piacimento. L’Irlanda è una terra dalle emozioni vere… custodisce posti da lasciarci il cuore. Vivaci villaggi si alternano a spiagge nascoste tra dirupi di rocce plasmate dall’Era glaciale, e luoghi oscuri narrano spaventose storie come quella legata alle rovine di una locanda del XVIII secolo chiamata Halfway House, dove la leggenda vuole, che gli sventurati viandanti che trascorrevano la notte in questo posto maledetto, trovassero una fine orribile: gli abitanti, li avrebbero uccisi a mezzanotte! Anche Achill Island, come vedremo, ricoprirà un ruolo importante; questa è l’isola più grande d’Irlanda collegata alla terra ferma tramite un ponte carrabile; anche qui i panorami prendono il colore del tempo.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
▶️ Giuseppe Zammarchi - Le mie fonti di ispirazione sono senza dubbio i miei viaggi. In questo periodo, dove viaggiare è quasi del tutto vietato a causa di forza maggiore, per me che sono sempre a caccia di nuove esperienze e alla ricerca di persone da conoscere, ciò è segno di grande malessere… e come fare allora per sfuggire a tutto questo? La medicina è senz’altro la scrittura, la panacea per tutti i mali. Ecco allora che ricomincio a visitare luoghi sconosciuti, a inventare facce nuove, a dialogare con loro come se fossero veramente reali annusando le loro emozioni. Io ho assaporato da sempre la cultura classica avendo per fratelli Leopardi, Cicerone, Giulio Cesare, Leonida, Ulisse e chi più ne ha più ne metta, ma anche illustri personaggi come Emilio Salgari che pur di scrivere, si preparava l’inchiostro da sé!
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
▶️ Giuseppe Zammarchi - Non so se si possano definire così i Dervisci rotanti o il grande Leonardo da Vinci che con le sue incredibili invenzioni ha rivoluzionato un’epoca che erroneamente viene definita oscura, ma una cosa è certa e cioè che la mia scrittura è stata influenzata dal “tutto”; noi siamo formati da infiniti “io” e già il nostro io di adesso mentre stiamo leggendo, è differente da quello di pochi secondi fa perché anche se non ce ne siamo accorti, durante questi pochi attimi trascorsi ci siamo arricchiti o impoveriti di qualcosa! Allora chi siamo noi realmente? Quale tra tutti gli infiniti io che ci compongono come persona, è quello vero? Forse la risposta esatta a questa seconda domanda è che non esiste! Siamo tutti e nessuno, e sarà solo la nostra libera scelta a determinare di esistere oppure no! In molti casi è più facile conoscere chi ci sta davanti che noi stessi. “Io sono colui che nessun altro potrà mai essere”, diceva mio nonno, e aveva ragione! È difficile, dopo quanto detto, tramutare i mille colori del nostro pensiero in un semplice concetto materiale, essendo essi stessi, unici e irripetibili. Questi, infatti, per la loro complessità non possono essere compresi all’unisono, fatta eccezione forse, per una piccolissima parte; si rischierebbe probabilmente di disperderli e di inaridirli allontanandoli da noi. Molte volte si è come ciechi, vedenti, ma ciechi. Ho sempre cercato nella mia vita di pormi domande, alcune delle quali sono ancora in attesa di risposta! Concludendo, posso dire che non esiste un artista in particolare che ha influito sulla mia scrittura, ma piuttosto un insieme di scrittori, di poeti, di pittori, di musicisti eccetera, che con le loro discipline hanno sia pur involontariamente agito in una qualche maniera su di essa.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
▶️ Giuseppe Zammarchi - A me piacciono svariati generi letterari; sono attratto da testi storici, scientifici, di botanica, da autori di archeologia per così dire “audaci”, come ad esempio Graham Hancock e Colin Wilson e svariati altri. Io sono anche un poeta e come ho già detto, i libri non si leggono ma si guardano, cioè occorre immaginare e assaporare con la fantasia i sapori, i profumi in essi contenuti, e tutto ciò, è l’alter ego della poesia, che sempre mio modesto avviso, non si guarda ma si ascolta. La poesia è una musica che colma il cuore, è vibrazione dei cinque sensi… la poesia è amore! Si può affermare che entrambe possano definirsi due realtà sensoriali molto diverse che comunque si bilanciano abbastanza l’un l’altra.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
▶️ Giuseppe Zammarchi - Preferisco tutta la vita il libro tradizionale; non si può equiparare il profumo, il fruscio delle pagine girate avidamente e il tatto, al freddo e insensibile libro digitale, anche se il contenuto del testo in fondo è lo stesso. Già il fatto di potersene stare all’aperto, davanti ai colori naturali del mondo che ci circonda e non appiccicati come lumache sullo schermo freddo di un tablet, cambia tutto. Allora miei scrittori e poeti, perché lo siamo tutti, sedetevi sotto un faggio ombroso, accanto alle sue radici nodose e millenarie e cominciate l’ascolto… udite ciò che le sue fronde al vento sapranno comporre per voi, e lasciate che Apollo vi trasporti e vi illumini.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
▶️ Giuseppe Zammarchi - Il mio rapporto con la scrittura durante la composizione del mio libro, è stato quello di stretta simbiosi con tutti i personaggi che ho fatto miei sin dall’inizio del racconto, anche con quelli che si definirebbero più “antipatici”, tra cui ad esempio la figura oscura e matematica dell’Impenetrabile, che come si vedrà, procurerà a Jack e Aiko non poche difficoltà nel corso della narrazione. Un rapporto molto stretto è stato anche quello che ho avuto con l’Ordine dei Templari, monaci guerrieri disposti a tutto anche a donare la propria vita se ce ne fosse stato bisogno, per salvaguardare il proprio ideale. In conclusione si può dire che tutti gli attori del mio film, sono ben strutturati e definiti e che ogni qual volta chiudo il mio taccuino e mi allontano da essi, mi mancano terribilmente!
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Jack Buckle e il Sacro Ordine della Spina” se non lo avesse scritto.
▶️ Giuseppe Zammarchi - Comprerei questo libro, perché già il titolo mi incuriosisce, incutendo nella mia mente quella sensazione di mistero che in un racconto di avventura non guasta mai, come tra l’altro, si può sommariamente già intuire dall’immagine di copertina dove è raffigurata la figura di un Templare che viene scorta dall’interno di una struttura probabilmente antica. Cosa c’entrerà l’Ordine dei Templari con l’Ordine della Spina? Questo sarà forse svelato leggendo questo libro...
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
▶️ Giuseppe Zammarchi - Io ho cominciato a scrivere appena compiuto sei anni, età nella quale ho imparato a leggere e scrivere e ho composto la mia prima poesia “Il fiore”; da allora non mi sono fermato più! C’è chi nasce con la camicia e chi con la penna in mano… io faccio parte di questa seconda categoria. Se scriverò ancora? Certo che sì! Ultimamente sto scrivendo il terzo volume di questa trilogia e ritengo che sarà pronto entro la fine dell’anno. Oltre a quanto appena detto, un’idea che mi balena da tempo nella mente, è quella della realizzazione di un libro di cucina e uno sul tema delle erbe selvatiche, ricchissime di nutrimento, che ci riportano indietro con l’orologio, ai bei tempi andati, quando il contatto con la natura era imprescindibile, il più delle volte obbligato se si voleva mettere qualcosa sotto i denti!
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Collana "I Diamanti - #Narrativa"
pp.240 €16.00
ISBN 978-88-591-6991-8
Il libro è disponibile anche in versione #ebook
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