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Info sull'Opera
Autore:
Rassegna Stampa
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
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IL FUNANBOLO SOLITARIO CHE SBRICIOLA VERSI - Recensione del libro “Sulle ali della vita” di Renato Costantini, a cura di Giorgio Finocchio

di Rassegna Stampa

IL FUNANBOLO SOLITARIO CHE SBRICIOLA VERSI - Recensione del libro “Sulle ali della vita” di Renato Costantini, a cura di Giorgio Finocchio

Chi conosce Renato Costantini può, in prima istanza, decifrare, il suo secondo e ultimo libro di poesie “Sulle ali della vita”, attraverso un percorso lineare che snoda il personale viaggio dell’esistenza, ricamandolo, tra due bussole ben precise: gli affetti familiari e l’impegno politico e civile.
Sembra riecheggiare nelle notti insonni di Renato il fantasma di Borges: “credo che un poeta dovrebbe vivere di ricordi perché, dopotutto, cos’è l’immaginazione? L’immaginazione è fatta di ricordi e di dimenticanze. È una specie di fusione delle due cose”.
La poesia, la prosa di Renato si nutre di ricordi forgiati dall’immaginazione, di immagini plasmate nella polvere dei ricordi assopiti, fibre senza memoria, immagini arrugginite nell'orizzonte vivo delle pupille o negli occhi insonni depressi dalla quotidianità sorda esangue.
Gli affetti, dunque, non il semplice vivere, ma il dolce, appassionato, delicato ri-vivere insieme alla compagna di una vita, tra nostalgie di tramonti rosati di dolcezza e vibrazioni della pelle ad una carezza sul viso. Affetti familiari non edulcorati, ma vitali, duri, malinconici, che a volte scompaiono nelle nebbie del futuro, tra i sentieri dell’anima, con la speranza mai sopita di uno sguardo verso l’alto al futuro. E quel ricordo lontano nel tempo, ma nitido, freddo, presente, cicatrice mai rimarginata e solo oggi elaborata, sopra l’ultimo affanno del padre, di tutti i padri, mentre il capo cade inerte sul cuscino senza avere altro da aggiungere.
E poi la politica, l’impegno civile sempre presente, il nobile e coraggioso abbraccio dell’utopia, frutto della prima coscienza maturata nell’odore putrefatto di muffa, divenuto compagno fiero, orgoglioso dalla testa e dallo sguardo mai chini, al dunque anche, sempre, umiliato, dall'abbraccio del nulla, mai sopito, mai sconfitto però, sempre in attesa della luce dell'alba. Impegno civile che di fronte a bidonville, barbarie e marionette diventa rabbia. E quelle nuove povere vite, di un altro colore, che guardano nel vuoto con gli occhi vuoti di senso: quanta dolcezza, quanta sofferenza, quanta ricerca di complicità con quell’uomo ormai lontano su due ruote di bicicletta senza freni.
E la città, ammalata, febbricitante, mai più accettata e riconosciuta, attraversata tra sguardi acidi di visi smarriti che penetrano impietosi nel petto e fiocchi mortali di grumi acidi che piovono dal cielo.
Affetti e impegno: questo è Renato, questo è stato Renato, agli occhi di chi lo conosce, e forse persino ai suoi. Ma oggi, rovistando ancora tra le righe dei suoi libri, soprattutto soffermandosi su quei versi che scandagliano i temi classici della poesia, il sogno, l’alba, il tramonto, la luna, Renato è molto di più.
Umilmente, inconsapevolmente, al tempo stesso consapevole di sé stesso, Renato si reinventa, si trasforma in un funambolo solitario, e tra parole di zucchero e fango, nella dolorosa solitudine delle notti insonni, sbriciola versi, diventa leggero, vorrei volare in una leggera brezza di vento, nell'orizzonte della fantasia, oltre il groviglio dell'esistenza di ogni giorno, verso l'infinito senso dell'ignoto. Renato si fa poeta, letterato, cantore.
Leggerezza intesa in senso calviniano, quello delle lezioni americane, “il linguaggio si alleggerisce, i significati vengono convogliati su un tessuto verbale senza peso fino ad assumere la stessa rarefatta consistenza”.
Nel tramonto, lo sguardo perso nel cielo scopre le ali, vola oltre l’orizzonte di fuoco. Pare di vederlo seduto in una sdraio Renato, nel suo giardino, con il pensiero acquietato, vinti i turbamenti, dolcemente assopito in una melodiosa notte d’estate quando il caldo orizzonte notturno frizzante d’azzurro, avvolge le corde delle emozioni. E poi il sogno, dove spaccati di esistenza rivivono come fantastiche matasse imbrogliate in spazi improbabili, senza tempo, e finalmente nel più classico degli argomenti poetici, la leopardiana e leggerissima luna, guardo in alto la luna e insieme mani nelle mani, come a passeggio abbracciati, scorrono ore d’incanto nella suggestione di una danza, oltre i confini della ragione.
Da ultimo, dalla poesia del non senso, come in una contraddizione inconscia, per contrasto, per deduzione, per immaginazione, trovo e immagino il senso più profondo, alla ricerca dell’anima. Qui associo Renato a quel racconto fantastico di Kafka, Il cavaliere del secchio, dove il secchio si trasforma in cavallo e trasporta il cavaliere nel cielo, elevandolo al di sopra del livello degli umani egoismi. Nel volo magico, leggero, il funambolo solitario, sbriciola i versi più compiuti, i desideri più veri, l’anima più profonda:
….. vorrei raccontare senza parole, pagine strappate di sentimenti, essere energia che trasforma, un mondo di fango, in immagini di giustizia, dipinte nel cielo.

Terni 27/12/2020
Giorgio Finocchio


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