| ✅ Intervista a Francesco Amaniera, che presenta ai lettori il #libro "Conversione"- Aletti Editore
Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Conversione”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
☑ Francesco Amaniera - Cercavo una parola dal forte impatto, qualcosa che racchiudesse in poche lettere il messaggio che vorrei arrivasse. Mi ritengo un animale abbastanza semplice, non volevo nulla di contorto o comunque difficilmente interpretabile. Dietro la parola “Conversione” ci sono due motivi, forse. Il primo consiste nel fatto che, nel mio immaginario, ho sempre pensato che avrei scritto come mia prima opera uno di quei romanzi da 300 pagine; quei mattoni infiniti in cui è descritta ogni cosa nel minimo particolare, dettagli e immagini apparentemente insignificanti e in cui, invece, si nasconde il senso di tutto. Come spesso accade, però, sono uscito dalla mia zona di comfort per mettermi alla prova. Mi sono buttato in qualcosa del tutto estranea dalla mia idea di scrittura; mi sono convertito, insomma. Nella poesia devi cercare di descrivere l’immagine che hai dentro in poche parole, non puoi lasciarti andare, non puoi divagare come vorresti. Una delle poche cose che ho capito nella mia vita è che non sono fatto per stare comodo. Buttarmi nella poesia significava sporcarmi, farmi male. Sono felice di come sia andata. È nato tutto quasi per gioco. Il secondo motivo, quello più importante, consiste nel voler dimostrare quanto tendenzialmente possiamo essere in grado di trasformare, di convertire, appunto, il male che ci viene fatto, il dolore che avvertiamo, il brutto, insomma, in qualcosa di bello: la #poesia. Nei limiti del possibile, abbiamo sempre la possibilità di girare a nostro favore ciò che ci ammacca, ciò che ci butta in fondo al mare e dimostrare che non è mai finita realmente. Questo è il messaggio che vorrei mandare: soffrire in maniera sterile non serve a nulla; possiamo sempre ricavarne qualcosa di importante.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
☑ Francesco Amaniera - Una volta lessi da qualche parte che la scrittura è finzione. La verità è che nel mio libro è tutto vero ed è tutto falso. Ciò che ho realmente vissuto si mischia a ciò che non è mai esistito e a ciò che avrei voluto esistesse. A volte, guardo davanti a me e immagino cose che poi di colpo diventano parole. Chi dice che tutto questo non sia vero solo perché non è reale? Nel momento in cui immaginiamo qualcosa, non diventa questa al tempo stesso realtà? Se la risposta è sì, allora nel mio libro è tutto ispirato dalla realtà, la mia realtà, naturalmente. Mi piace l’idea che nel mio libro non ci sia una musa, che sia ispirato dal tutto e dal niente, che tutto nasca da qualcosa che è scattata dentro di me, che le parole siano state schegge impazzite e null’altro.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
☑ Francesco Amaniera - L’idea che possa restare qualcosa di me, dopo di me, mi piace molto. Vorrei restasse l’idea di osare sempre, di credere in quello che si sente, più che altro. Un libro può salvarti la vita, può farti sentire meno solo, può farti capire che dall’altra parte c’è qualcuno che vede le cose come le vedi tu, può cambiare totalmente i tuoi piani, le tue idee, il tuo modo di affrontare le cose. Ecco, se dovessi dire cosa vorrei custodire dall’oblio, è senz’altro l’idea di non aver fatto la differenza in alcun modo. Se potessi entrare dentro il cuore di una sola persona con le mie parole e cambiarle anche solo in piccola parte quel frammento di vita che sta vivendo, ne sarei molto felice.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Conversione”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
☑Francesco Amaniera - Non ci sono stati degli episodi in particolare che hanno fatto scattare qualcosa. Sono tante piccole immagini, reali o nate nella mia testa, che hanno preso rapidamente vita e sono diventate parole. È stato un po’ come scattare una fotografia e descriverla subito dopo. È stata una strana ma bella sensazione. Del tutto naturale, poi. Appena sentivo una piccola forzatura, capivo che non era l’immagine giusta e lasciavo stare. Nulla dovrebbe essere forzato, nulla. Figuriamoci la poesia.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
☑ Francesco Amaniera - Nella mia vita ci sono state due entità artistiche fondamentali: una è #LucioDalla, l’altra è #EfraimMedinaReyes. In periodi diversi, ma per certi versi sovrapponibili, hanno completamente sovvertito la concezione che ho dell’universo. Senza di loro sarei senz’altro una persona diversa. Devo molto, moltissimo a questi due mostri sacri.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
☑ Francesco Amaniera - Non mi ritengo un intellettuale, sono ben lontano dall’esserlo. Non sono esperto di nulla. Ho sempre navigato in superficie in tutti i mondi che ho visitato; questo perché sono uno facile alla noia ma, soprattutto, perché amo buttarmi in tante cose diverse. Questo mi consente di adattarmi facilmente nel luogo in cui mi trovo, ma d’altro canto non m’ha mai permesso di approfondire nulla. Tutto per dire che non mi rifaccio a nessuno, odierei scimmiottare qualcuno. Se devo far schifo, preferisco farlo da solo che essere la brutta copia di qualcuno. Normale che chi mi rimane dentro, influisca indirettamente su quel che penso, su quel che sono e dunque su quel che scrivo.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
☑ Francesco Amaniera - Non ho un genere che prediligo. Mi piace chi parla di qualcosa di vero, senza tergiversare. Mi piace chi parla della vita, quella vera, quella in cui ognuno di noi può ritrovarsi o ci si potrebbe un giorno ritrovare. Come spiegavo prima, mi piace la ricerca del dettaglio, di quel qualcosa apparentemente insignificante ma al cui interno c’è tutto quello che conta: l’essenza. Un libro, più che lasciarti qualcosa, deve innescare un cambiamento, un piccolo rumore che ti faccia scattare dai nastri di partenza, qualcosa che ti faccia cambiare passo. Se non c’è nulla di tutto questo, allora si è perso solo tempo.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Francesco Amaniera - Di norma sono un nostalgico, il cartaceo avrà sempre il suo fascino. Però, sono dell’idea che ogni tanto è importante anche “uscire di casa”, quindi ben venga il digitale. Tutto purché si possa nutrire una passione. I tempi sono cambiati, il mondo non aspetta. Se un cambiamento può incentivare un qualcosa, allora ben venga.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
☑ Francesco Amaniera - Molti pensano che scrivere serva a star meglio dopo che lo hai fatto. Io non ho mai avvertito questa sensazione, in tutta onestà. Ho un rapporto strano con la scrittura. Ho la grande necessità di farlo, ma dopo non mi rileggo quasi mai. Non nego di non ricordare nemmeno ciò che scrivo, a volte. “Conversione” è nato tutto d’un fiato, c’è stato solo un momento di pausa più o meno lungo. Sentivo che se avessi scritto in quel periodo, ciò che ne sarebbe uscito, sarebbe stato tutt’altro che vero. Quindi ho razionalizzato gli eventi, ho metabolizzato e sono ripartito. Ho capito che il momento migliore per scrivere non è nel pieno degli eventi, come qualcuno potrebbe pensare. C’è bisogno di capire quello che si sta vivendo, di criticarlo dentro se stessi e solo quando si riesce a mantenere un certo distacco da quello che si scrive, solo in quel momento, cominciare a farlo. La verità è che ancora non so perché scrivo, me lo domando ogni volta. A volte trovo mille ragioni, altre nessuna. È un bel casino.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Conversione” se non lo avesse scritto.
☑ Francesco Amaniera - Perché racchiude delle paure generazionali, perché è scritto da uno che ha avuto paura tutta la vita, ma non abbastanza da volersi fermare. Perché chi lo compra potrebbe ritrovarcisi dentro e da lì ripartire. Perché non è mai finita per sempre, dipende quasi sempre da noi. E questo libro lo dimostra in ogni sua parola.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Francesco Amaniera - Il mio sogno è quello di scrivere un romanzo, come detto precedentemente. È un discorso più impegnativo, però. Ho bisogno di chiarirmi le idee. Avrei tanto da buttarci dentro e, proprio per questo, non è il momento di cominciare. Devo centrare il concetto e partire. Il rischio più grande, rispetto alla poesia, è perdersi all’interno come in un labirinto e non uscirne più. Voglio che sia forte, partire quando sarò pronto. Conoscendomi, potrebbe essere tra 20 anni o anche domani. Da questo, poi, vorrei scrivere delle canzoni. È il sogno più grande che ho; tendenzialmente irrealizzabile. Fino a poco fa, però, lo era anche questo. Quindi chissà, magari, partendo da qui, mai dire mai. La vita è strana; possiamo solo sperare continui ancora ad esserlo.
"Conversione" di Francesco Amaniera - Aletti Editore
Collana "Gli Emersi - Poesia"
pp.76 €12.00
ISBN 978-88-591-6871-3
Il #libro è disponibile anche in versione #ebook
Il libro è acquistabile, previa ordinazione, presso qualsiasi libreria
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