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Esordio letterario per Anna Di Chio “Storia di un bucaneve “- Aletti Editore. Intervista all’autrice.
Gli esordi letterari hanno spesso quel non so che di magico. Se poi ad esordire è una nostra concittadina, per giunta con un libro di poesie, questa cosa diventa ancora più interessante e ti nasce subito la curiosità di scoprire il perché una persona che non fa lo scrittore di mestiere abbia deciso di mettere su carta le proprie emozioni.
Cerchiamo di capirlo direttamente dall’autrice, la Dottoressa Anna Di Chio, medico cardiologo presso il nostro PPA, che ha di recente pubblicato la raccolta di poesie “Storia di un bucaneve” per i tipi di Aletti Editore:
Dottoressa, ricorda che ci sia stato un momento preciso in cui ha deciso di scrivere?
✅Sì, ricordo un preciso momento: una mattina presto. Una delle tante mattine in cui, ahimè, mi sveglio all’alba, come mi succede da un po’ di anni. Quella mattina ricordo perfettamente che alcuni versi sono venuti a trovarmi, all’improvviso, mentre ero immersa nei miei pensieri. È cominciato tutto così….
Perché questo titolo per il suo libro?
✅Il bucaneve è il primo fiore a sbocciare, quando la neve ricopre ancora il sottobosco. È il simbolo della determinazione, della capacità di fiorire in un ambiente apparentemente ostile, “freddo”. Trovo che il bucaneve mi assomigli molto, mi identifico pienamente con la sua simbologia. La determinazione è un aspetto del mio modo di essere e mi ha aiutato molto nella mia vita.
Si è portata qualcosa della sua professione di medico nei suoi versi? E se sì, quanto e dove, secondo lei?
✅La mia professione è parte integrante di me; è un aspetto fondamentale della mia vita. Nelle mie poesie ho parlato, ad esempio, in senso metaforico di extrasistoli e di infarto: due aspetti che ritrovo spesso nel mio quotidiano lavoro.
Nelle sue poesie è evidente la volontà si legare le emozioni agli oggetti concreti, oltre che l’accumulazione di concetti per asindeto. Quanto tutto questo ha a che fare con le emozioni?
✅Gli oggetti mi aiutano ad esprimere ciò che sento perché sono un ponte tra le sensazioni e la comunicazione di questi sentimenti. Esprimo i miei pensieri così, come arrivano nella mia mente, in maniera impetuosa, senza darmi il tempo di organizzarli in un discorso. Sono i versi che mi vengono a cercare, non li cerco di proposito. Sono, credo, il modo che ho trovato per tirare fuori da me quello che ho dentro e che mi chiede di uscire. Le congiunzioni sarebbero solo un intoppo allo scorrere di questo fiume.
Cosa si sentirebbe di consigliare a tutti quelli che hanno provato almeno una volta nella vita a scrivere poesie e non hanno mai avuto il coraggio di pubblicarle?
✅A tutti coloro che scrivono consiglierei di provarci… In fondo, perché si scrive? Si scrive per il bisogno di comunicare, perché si ha qualcosa dentro che vogliamo condividere con gli altri ma non riusciamo a farlo nel modo classico, diretto. Io credo che chi scrive porti con sé un dolore, qualcosa che urla e prende di uscire. Tirarlo fuori è liberatorio, fa stare bene e può essere di aiuto o di conforto agli altri.
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Non resta allora che leggerlo, questo libro, lasciandosi andare alle emozioni dell’autrice e soprattutto a quelle che le scandite parole delle sue poesie ci provocheranno. Magari senza volerle per forza interpretare. Perché uno dei segreti della poesia sta proprio nel leggere se stessi nelle parole altrui, magari scoprendo, come diceva Proust, qualcosa che se non si fosse letto non si sarebbe saputo di possedere.
Buona lettura.
Sabino Facciolongo
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