| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “QUALCOSA PER SOPRAVVIVERE ALLA NOTTE”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Viola Cappelluti - La scelta del titolo è stata forse la più facile tra tutte quelle che ho fatto lungo il percorso per la pubblicazione del volume. Queste poesie sono state letteralmente qualcosa per sopravvivere alla notte, che spesso e volentieri sa essere brutale, un momento di calma che apre le porte a ogni tipo di paura e insicurezza. Ma quando le immagini e i vortici di emozioni prendono la forma di segni di grafite su carta sembrano subito più gestibili e svuotare il proprio cervello riversando tutto in una poesia concilia il sonno come il migliore dei sonniferi.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Viola Cappelluti - Moltissimo. La mia vita quotidiana, forse rivisitata e vista sotto un altro punto di vista, è la fonte principale di tutte le idee e le immagini che sento il bisogno di raccontare. Le difficoltà che incontro ogni giorno sono le stesse che il mio cervello ripropone, la sera, quando appoggio la testa sul cuscino ed è a quelle che voglio sopravvivere scrivendo.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Viola Cappelluti - Semplicemente la mia esistenza. Quello che ho sempre voluto, e che mi ha spinto a scrivere invece che tenere tutto serrato dentro, è arrivare a qualcuno e svelarmi ai suoi occhi, nella speranza di condividere con lui qualcosa che lo faccia pensare a me.
Il tempo mi ha sempre terrorizzato, perché porta con sé l’inevitabilità del nulla. Scrivere e regalare a qualcun altro me stessa mi fa sperare che, per me e le mie parole, l’inevitabilità del nulla possa essere rimandata, anche solo di poco.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “QUALCOSA PER SOPRAVVIVERE ALLA NOTTE”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Viola Cappelluti - Ogni volta che appoggio la matita e, rileggendo, mi accorgo di essere riuscita a scrivere esattamente quello che volevo dire è un momento speciale. Quindi, direi, ogni volta che dopo ore – se non giorni - di lavoro a un pezzo, finalmente ne sono soddisfatta. La sensazione di leggerezza che provo quando le parole si arrendono e vinco io e tutto è bellezza, libertà e gioia. Non capita spesso, ma quando succede è impagabile.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Viola Cappelluti - Mi sono innamorata della poesia leggendo Oscar Wilde e il suo morbido decadentismo. Poi mi sono aperta a tutto il romanticismo inglese e al simbolismo francese dell’Ottocento.
Per quanto riguarda la poesia italiana, penso sia scontato a questo punto il mio amore per Leopardi.
Ma il mio lavoro penso assomigli più, sia per temi che per stile, alla frenesia della poesia moderna statunitense, qualcosa tra Walt Withman e la beat generation. Mi sforzo di trovare delicate metafore nel mondo della natura per compiacere John Keats, ma alla fine finisco sempre per soffocare nella polvere della Route 66 di Kerouac.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Viola Cappelluti - In parte il cinema, ma in assoluto la musica. La musica è quasi sempre alla base delle immagini che mi perseguitano fino a che non le descrivo. Alcuni dei lavori di questa raccolta sono ispirati a pezzi musicali, come “Dietro al Mare” e “Quella Collina in California”. D’altronde la musicalità è essenziale in una disciplina come la poesia, che altro non è che uno spartito di lettere.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Viola Cappelluti - Ho sempre letto moltissimi romanzi, di ogni tipo. Ultimamente leggo anche qualche saggio e molti testi teatrali, la mia altra grande passione. Ho sviluppato un’idolatria esagerata per Shakespeare, di recente. Faccio prima a dire cosa non amo leggere, ovvero i libri gialli – non capisco mai chi è l’assassino – e i thriller.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Viola Cappelluti - Ah, il grande dubbio amletico! Nulla è comparabile all’emozione di tenere tra le proprie mani un oggetto che porta con sé un intero universo, ma i tempi cambiano e il mondo si evolve. Il libro digitale è la nuova frontiera e alla fine sono le storie e quello che ci fanno provare a fare un buon libro.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Viola Cappelluti - I lavori di questa raccolta sono stati scritti in un periodo di tempo molto vasto e non con l’intenzione precisa di essere pubblicati. La pubblicazione di queste poesie è stata una sorpresa incredibilmente gradita che la vita ha deciso di riservarmi, ma al momento della composizione non era proprio nei piani. Quindi il mio rapporto con la scrittura è stato quello di sempre, di pura e semplice dipendenza, quello tra un uomo che annega e il salvagente che gli lanciano dalla barca.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “QUALCOSA PER SOPRAVVIVERE ALLA NOTTE”, se non lo avesse scritto.
Viola Cappelluti - Penso che, per quanto ci sforziamo di mostrare al mondo solo ed esclusivamente una vita perfetta, filtrata e modellata alla perfezione in ogni dettaglio, siamo essere umani. E siamo esseri umani che vivono in un’epoca che ha ridotto l’umanità a qualcosa di inesistente, umiliato e vergognoso. Con il mio lavoro cerco di recuperare quella dimensione umana che cerchiamo di nascondere: le nostre paure, insicurezze, dubbi e desideri. Provo a metterle a nudo, a osservarle e, perché no, a giudicarle. Consiglierei di comprare e leggere questo volume perché forse qualcuno potrebbe rivedere la sua umanità nella mia e sentirsi meno solo.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Viola Cappelluti - Sto continuando a scrivere poesie – a proposito della dipendenza dell’uomo che annega dal suo salvagente – e lavorando a qualche racconto, che mi piacerebbe moltissimo pubblicare in una raccolta. Ho quasi terminato un progetto di testo teatrale che vorrei proprio vedere realizzato su un palco, dato che è stato scritto utilizzando un paio di escamotage narrativi che potranno prendere vita solo se il testo verrà effettivamente messo in scena. Sarebbe una grande soddisfazione, soprattutto data la mia passione per il teatro.
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