| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Una madre ebrea”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Vincenzo Rampolla - Il titolo è la chiave per capire la storia, una storia vera, pur se qualificata romanzo.
Una, articolo indefinito, già rende generica la protagonista. Non è la madre, ma la storia di una donna dal nome ignoto. Così deve essere: Lei, semplicemente Lei, una madre ebrea. Mia madre.
Madre, per il pieno significato della parola, in quanto donna, sposa e genitrice, quindi il libro parlerà della donna ebrea, della madre ebrea, dei suoi figli e della sua vita.
Ebrea, perché figlia di ebrei. Nel suo matrimonio misto con un marito militare,
vedovo e rimasto solo con due figlie, trova rifugio dalle leggi antiebraiche negli anni prima del conflitto mondiale.
Argomento fondamentale è il fatto che Lei, fin dalle nozze è rea di avere derubato le figliastre dell’amore paterno, e la sua esistenza si deforma in segregazione e disumano lager familiare, scivola in deportazione e cade nell’agguato di un male senza ritorno.
Nessuno scopre, neppure il marito, abbattuto anch’egli dalle angherie delle figlie
ribelli e dissolute. Aggredita e minacciata di denuncia alle SS, torturata a vita nella gabbia della sua dimora, è tradita dalla prima figlia Rachele e sopravvive con il solo amore del figlio Emanuele (l’autore).
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Vincenzo Rampolla - Come ho detto, la storia è vera, assolutamente reale e vissuta dall’autore, con l’eccezione di alcuni episodi marginali. Nel primo manoscritto erano previste 67 piccole fotografie dell’epoca e odierne, dei personaggi, della protagonista e dei luoghi in cui si svolge la storia. L’Editore ha sconsigliato l’uso delle foto.
Vivere l’esperienza di lager familiare è unica e da far conoscere. È per me dovere e bisogno, nel rispetto e nel ricordo di chi mi ha dato la vita e mi ha educato alla pace e all’amore per il prossimo.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Vincenzo Rampolla - Credo che il libro sia una solida testimonianza dei più elevati e dei più crudeli aspetti della natura umana, nella donna e nell’uomo, a qualunque età, capaci di emergere e manifestarsi per un arco di tempo di 40-50 anni fino a portare alla morte i componenti di una famiglia, nucleo trasformato in un reale lager moderno, con decessi negli anni ’60 e 70. Solo dalla lettura del libro si può toccare dal vivo la coesistenza delle parole amore, dedizione e libertà con odio, tradimento e tortura fisica e psicologica nei rapporti fratelli-sorelle, padre-figli e madre-figli.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito “Una madre ebrea”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Vincenzo Rampolla - Un primo episodio è costituito dalle parole sussurratemi da mio padre sul letto di morte a 20 anni, giuramento di condotta nei confronti delle sorellastre artefici della disgregazione familiare.
Un secondo episodio è rappresentato dalla rivelazione a 30 anni, da parte di mia madre, di essere ebreo, figlio di madre ebrea, fatto che mi era sempre stato tenuto nascosto, segreto di famiglia fin dal giorno della mia nascita nel ‘43. A quella data la mia sorellastra aveva in mente di denunciare la matrigna alle SS e di spedirci entrambi a Auschwitz.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Vincenzo Rampolla - Considero di importanza culturale e tecnica la formazione ricevuta nello studio approfondito di A.Manzoni, J.Joyce, F.Kafka, G.Grossman e T.S.Eliot.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Vincenzo Rampolla - Forte influenza dalle opere e dagli scritti di Van Gogh, P.Picasso, P.Klee e W.Kandinsky.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Vincenzo Rampolla - Cultore appassionato delle opere di E.A.Poe, F.Celine e A.Gide.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Vincenzo Rampolla - Nessuna preferenza. Entrambi perfetti per il loro target.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Vincenzo Rampolla - Il mio rapporto con la scrittura è intimo, nel senso letterale della parola. Tengo corsi di scrittura creativa da più di 10 anni e il mio modello è H. de Balzac: una pila di fogli bianchi a sinistra al mattino e 8 ore dopo, una pila di fogli scritti a destra. Il computer facilita enormemente la redazione: copio su carta quello che ho in testa in quel momento, ispirandomi a Picasso, copio su tela quello che vedo in quel momento.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Una madre ebrea”, se non lo avesse scritto.
Vincenzo Rampolla - Solo perché parla di una madre, indefinita e per giunta ebrea, lo comprerei subito.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Vincenzo Rampolla - Ho in cantiere una Trilogia di volumi di racconti brevi e brevissimi, con circa 180 racconti pronti da inviare all’Editore. Devo aggiungere che è appena uscito in libreria "Aio, una storia vera, 30 anni di scritti dal carcere", finalista con medaglia al premio Internazionale Salvatore Quasimodo.
Collana "Gli Emersi - Narrativa"
pp.404 €18.00
ISBN 978-88-591-6766-2
Il libro è disponibile anche in versione e-book
Il libro è acquistabile, previa ordinazione, presso qualsiasi libreria.
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