| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai IN NOME DELLA MADRE. Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Sandra Vezzani - Il libro IN NOME DELLA MADRE nasce da un lungo viaggio interiore, che ha avuto inizio circa dieci anni or sono, e scaturisce dal raggiungimento di alcune consapevolezze che si sono disvelate dopo alcuni accadimenti, che hanno avuto per scenario il mio contesto familiare e sociale.
Volutamente non c’è un unico argomento, ci sono io, in quanto donna, persona, madre e figlia al contempo, compagna, io, che, in alcune liriche, trovo nutrimento e pace nella quiete della natura o nei ricordi, passati e presenti.
Potrei dire che è proprio la natura, l’esistenza, in quanto tale, a dominare il filo conduttore dell’opera.
Esserci, nella vita, significa interrogarsi, quando gli equilibri vengono a mancare, per una qualsivoglia ragione, si entra in una zona d’ombra che è difficile da esplorare a prima vista. Occorre indagare il proprio sé, in modo autentico, per farlo si prova dolore, la tentazione è quella di scappare, poi, se si guarda e si riflette più attentamente, si scopre che il vuoto è pieno di suggerimenti e, piano piano, può diventare una bussola, per costruire la propria strada.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Sandra Vezzani - La mia scrittura è totalmente intrisa di realtà, anche se, a seconda delle liriche, l’utilizzo della semantica può apparire in alcuni casi più astratto, o più visionario, o più ermetico.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Sandra Vezzani - Io, questo libro ho voluto dedicarlo a mia figlia Federica, però voglio precisare che non l’ho scritto per lei.
Potrei dire che l’ho scritto anche, grazie a lei, e non solo. Mi spiego meglio: quando un genitore invecchia, è come se sentisse il dovere di tramandare a chi è più giovane la propria esperienza di vita vissuta. Credo che ci sia in ognuno di noi la necessità di raccontarsi e di farsi racconto per chi verrà dopo. È un modo per non morire forse, ma in questo raccontarsi c’è tutta l’esperienza della propria vita e dell’età storica in cui siamo vissuti. È come fare dono della propria anima e del proprio corpo all’umanità. Questo bisogno, quando c’è un figlio, diviene ancora più forte. Poi, chissà, se il figlio questo regalo lo apprezzerà, ma a che serve saperlo per una madre, è un bisogno, e io ho sentito il bisogno di farlo.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito IN NOME DELLA MADRE, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Sandra Vezzani - Non esiste lirica di questo libro che, in qualche modo, non mi appartenga, probabilmente mi piacerebbe di più isolare gli stati d’animo, o i momenti, anche storicamente, che mi hanno ispirato a scrivere. Questo sì. Scrivere non è una cosa che si fa a tavolino perché si decide di farlo, no, anzi spesso è il contrario. Si prova difficoltà a scrivere, non si è mai convinti fino in fondo di aver messo su carta quello che si sente, a volte accade che si prova il bisogno di scrivere ma la situazione non lo permette. A volte è come se la testa ci abbandonasse per permettere alla pancia di parlare. A volte è difficile perché i primi a non darsi questo permesso siamo proprio noi stessi. Io, per esempio, non credo di essermi ancora perdonata, ma forse, chissà è proprio per questo non perdonarsi che si scrive, perché scrivere, quando si riesce, è tirare fuori, un po’ come partorire.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Sandra Vezzani - Io ho fatto studi classici, in anni dove le poesie si imparavano anche a memoria, i miei maestri e docenti ci abituavano alla comprensione del testo, quindi era di fondamentale importanza l’interpretazione del testo, dove esso si collocava, il periodo storico. All’interpretazione del testo seguiva la recitazione, che non era affatto una banalità, ma diventava fondamentale per portare, con la voce, le emozioni. Quindi tutti i grandi poeti, anche latini, Catullo, Saffo, Leopardi, Foscolo, Pascoli, Carducci, Manzoni.
Sicuramente essendo la mia una poesia semplice, introspettiva, realista, ma anche, a tratti, intrisa di disperazione, ho trovato ispirazione anche da altri poeti come Alda Merini, o Salvatore Quasimodo, di cui mi sono nutrita per scoprire come mettere fuori le mie emozioni.
Voglio però aggiungere che su di me hanno avuto molta influenza gli scritti di due poetesse, una è una poetessa inglese dell’800, Elizabeth Barret Browning, e l’altra è Emily Dickinson, statunitense, sempre di fine ‘800.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Sandra Vezzani - Oltre al genere poetico, prediligo il genere narrativo, mi interessa anche il genere di natura filosofica o psicologica o sociale, probabilmente perché la filosofia, che è la disciplina in cui sono laureata, mi ha sempre accompagnato ed è stata, ed è, per me “maestra di vita”.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Sandra Vezzani - Non sono una nativa digitale, quindi è fuori dubbio che, per me, toccare un libro, annusarne il profumo, sfogliare le pagine, vederlo invecchiare, ha un grande fascino. I libri sono come le persone, si possono amare, anche odiare a volte, comprare e poi dimenticare, oppure tornare a cercarli. Sono esseri, le loro trame ci tracciano, possono cambiarci la vita, in bene, o anche in male.
Il libro digitale “necesse est”. Si può decidere che non esista, no,! Quindi io non sono contraria, è un modo diverso di fruire la cultura, meno romantico, ma non per questo mi sento di demonizzarlo. Credo che per fare comunicazione necessitino entrambe le forme e, se posso aggiungere, la cosa che fa la differenza è creare un evento, far vivere i libri utilizzando i luoghi, che non necessariamente devono essere le biblioteche o le librerie o le scuole, ma utilizzare location che fanno parte del quotidiano, una galleria commerciale, una stazione, un angolo dimenticato di una città piccola o grande, da rivitalizzare. Andare nelle strade, tra la gente!
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Sandra Vezzani - Il mio rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro, è stato “leggero”, è stato quasi infantile, giocoso, io mi sono accorta che la penna era semplicemente uno strumento che vergava le parole che io avevo già dentro al cuore, e che, quando uscivano, mostravano esattamente cosa sentivo.
Non ho mai scritto per compiacere qualcuno o qualcosa, ho scritto per me, anzi, quando in alcuni casi ho sentito che, rileggendo, mi tornava un senso di pesantezza, ho sottratto, eliminato parole, alleggerito. Volevo che arrivasse la musica del cuore! Poi, forse in alcune poesie è arrivata, in altre no, però la mia ricerca era questa.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe IN NOME DELLA MADRE, se non lo avesse scritto.
Sandra Vezzani - Lo comprerei perché mi incuriosisce il titolo, lo comprerei perché, essendo madre, so quanto è difficile ai nostri tempi esserlo. Lo comprerei perché ha a che fare con le relazioni, perché mette al centro il ruolo della madre in un contesto sociale dove, a mio parere, la figura del “pater” sta venendo meno e poi perché, in modo quasi religioso, evoca il rapporto ancestrale tra madre e figli.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Sandra Vezzani - Scrivere, ribadisco, è, credo, la cosa più difficile che ci sia, io però, quando scrivo, riesco a tirar fuori tutto quello che sono dentro, che non significa che mi sto liberando, no, è un'altra cosa. La scrittura mi fa sentire “libera”, è come correre su un prato o guardare l’infinito del mare. È ascoltare i “silenzi” per dare loro voce!
Collana "Poeti in Transito"
pp. 60 €12.00
ISBN 978-88-591-6260-5
Il libro è disponibile anche in versione e-book
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