| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai "ho svaligiato l’universo". Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
✅Eleonora Rossi - Il libro è una sorta di taccuino nel quale ho raccolto gli 'appunti di una ritrovata minuscola (felicità)' – come rivela il sottotitolo - ovvero quelle parole che mi hanno restituito un senso di pace: una resa interiore alla bellezza di ogni esperienza che riusciamo a vivere con intensità.
Centrale è il tema del tempo, «una bottiglia da svuotare sulla riva del mare», perché la battaglia con il tempo «è solo vuoto a perdere». La scrittura è un antidoto potente al tempo che passa. Chi scrive e chi vive in modo autentico smette di combattere contro il tempo e contro le paure: cerca piuttosto di entrare in un tempo più vero, si arrende alla meraviglia; colleziona anche «le cose tristi», le mette in tasca perché sa che prima o poi torneranno utili. E cerca ogni giorno la (felicità): una felicità minuscola, appunto, da scrivere tra parentesi, per «proteggerla dal rumore del mondo».
"ho svaligiato l’universo" è un inno al presente, all'oggi che scivola via e che per nessuna ragione può essere rimandato. Come ha scritto il poeta Massimo Scrignòli: «Ogni perduta occasione/ è un peccato commesso».
Il libro è un invito a vivere. «Con la voglia/ di prenderci/ quello/ che ancora/ ci spetta».
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
✅Eleonora Rossi - La realtà è necessariamente il punto di partenza e c'è sempre una 'verità' nella poesia, quel coraggio di scrivere l'indicibile.
Questo mio terzo libro è un approdo: forse si può comprendere a pieno solo leggendo le mie prime due raccolte. Difatti sono arrivata in questa landa di parole dopo un percorso inquieto: il primo volume "Le sette vite di Penelope" (LietoColle, 2012) è un'aspirazione all'infinito, un viaggio liquido, dalla vita alla morte. La protagonista è Penelope, una donna calata nel suo ruolo 'perfetto' di moglie e madre, ammanettata ad un telaio, ma in cerca di un altrove per eludere il suo destino.
Nella seconda silloge, "Diario di una peccatrice" (ilmiolibro, 2018), l'io narrante Maddalena compie il cammino in senso inverso: il testo parte dal capitolo 'zero' - da una morte metaforica - per ritornare alla vita. Un percorso dalla delusione alla rinascita: azzerando la rabbia, liberandosi da modelli ideali e «celle di cristallo», di 'perfezione', per diventare se stessa. Scoprendo il perdono degli altri, ma soprattutto di sé. Le pagine di diario sono il luogo del conflitto: tra immaginare e vivere, tra parola vera e menzogna, tra detto e non detto.
In "ho svaligiato l’universo" questo conflitto si è in qualche modo pacificato, sono uscita da ogni personaggio e finzione, e mi sono lasciata andare all'ascolto di voci diverse: ed è stato come se i salici e le spighe di grano mi parlassero; come se sentissi un battito più forte del mio. Nei componimenti ritorna più volte l'aggettivo 'randagio', che forse incarna il senso del nostro essere qui, senza appartenere infinitamente a nessuno, se non all'anima del mondo.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
✅Eleonora Rossi - L'idea di aver sottratto qualcosa all'universo, di per sé è già una piccola conquista, il mio bottino personale. Di questa preziosa refurtiva voglio ringraziare due persone speciali, il mio compagno di viaggio Max e nostro figlio Edo.
Voglio sperare che ciò che ho trovato io possa essere uno specchio anche per qualcun altro. Giorgio Caproni diceva che «il poeta è un minatore che dalla superficie dell'autobiografico scava, scava, finché trova un fondo nel proprio io comune a tutti gli uomini».
Per rispondere al quesito della scrittura come valore testimoniale, mi tornano in mente alcune riflessioni del maestro Mogol: «Mi sono sempre buttato a capofitto nella vita: alla fine, il vero senso dell'esistenza e di quello che conta non è comprare appartamenti, accumulare beni materiali e poi salutare, ma costruire qualcosa, amare, inseguire i propri desideri e fare tutto ciò che che si può per dare il proprio contributo al mondo, alla società, agli altri. È vivere pienamente e lasciare un segno positivo del proprio passaggio».
Alla fine di tutto, penso che solo questo sarebbe davvero importante: «Amare, inseguire i propri desideri... Vivere pienamente e lasciare un segno positivo del proprio passaggio».
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito "ho svaligiato l’universo", se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
✅Eleonora Rossi - Questa raccolta ha la prefazione di #FrancescoGazzè, il tocco dorato di un artista che stimo con tutto il cuore. Questo per me è davvero un privilegio. Ho conosciuto Francesco Gazzè durante un laboratorio poetico, è un’anima bella che ha saputo trasmetterci la sua passione per la parola, che ci ha presi per mano raccontandoci la sua storia artistica e alcuni dei suoi segreti: siamo rimasti per ore a leggere a voce alta, a cercare di scoprire il confine, liquido, tra poesia e canzone. Con il suo garbo naturale e la sua sensibilità, Francesco Gazzè per me è un maestro: una persona che sa ascoltare con attenzione e rispetto, che ama il suo mestiere e si diverte a scrivere, a creare, a scovare imprevedibili assonanze. Ho apprezzato tantissimo il fatto che Francesco abbia letto i miei tre libri prima di scrivere la prefazione: mi ha lusingato con un'analisi meravigliosa che mi ha commossa, profondamente.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
✅Eleonora Rossi - Ungaretti, Montale, Dickinson, Neruda, Saba, Govoni, Celan, Rilke, Quasimodo, Valduga, Pascoli sono entrati a far parte della mia biblioteca interiore. Sono voci che hanno saputo tradurre la complessità dell'esistenza in parole inattaccabili, essenziali, cristalline.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
✅Eleonora Rossi - La mia scrittura si nutre di immagini: amo il cinema e l'arte, la musica, la fotografia, le idee geniali della pubblicità. Mi piace cercare metafore, un piano parallelo che sveli le cose, che le mostri nella loro ricchezza e originalità. Uno dei miei artisti preferiti è Magritte, che sapeva scovare il perturbante della realtà; per lui l'arte consisteva «nel dipingere l'incantesimo e il piacere».
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
✅Eleonora Rossi - Adoro i romanzi, le storie che sanno raccontare l'animo umano con profondità, con forza inaudita. Da Eleanor Oliphant sta benissimo a Anna Karenina.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
✅Eleonora Rossi - Ho una predilezione per la carta stampata, per le biblioteche e le librerie, per il profumo dei libri, per i taccuini (ne porto sempre uno con me). Detto questo, però, ritengo che anche il libro digitale abbia numerosi pregi e apprezzo le nuove tecnologie, che mi aiutano a raggiungere amiche e amici lontani, a condividere (parola abusata ma in realtà assai preziosa) e moltiplicare parole e scatti interiori.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
✅Eleonora Rossi - La scrittura per me è una lacrima: scioglie i nodi interiori. La scrittura è la mia libertà.
Il libro è una sorta di calamita che attrae tanti momenti vissuti o immaginati. Le parole mi vengono incontro, a volte scivolano senza preavviso in una giornata incolore, illuminandola. Mi offrono una prospettiva diversa, dall'alto – nel volo di un airone – o dal basso, magari osservando le cose dal punto di vista di un fiore selvatico.
Sono arrivata alla parola poetica dopo diverse esperienze di scrittura, dal giornalismo al saggio critico, e ho constatato come il linguaggio razionale, da solo, mostri un limite: non riesce a spiegare quello che si può unicamente sentire. Come scriveva Ungaretti, «si fa poesia non pensandoci».
A dire il vero la poesia mi accompagna da sempre, fin da quando mia madre leggeva a me bambina e ai miei fratelli piccoli, prima di dormire, le liriche di Pascoli.
La poesia non si nutre solo di parole, ma di musica e di silenzio. Se c'è un'ultima parola, è quella della poesia.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe "ho svaligiato l’universo", se non lo avesse scritto.
✅Eleonora Rossi - Trovo attraente l'idea di 'svaligiare l'universo': non per sottrargli qualcosa di materiale, ma piuttosto un respiro, un segreto, qualcosa che faccia bene all'anima. Le parole per me sono questo: un rimedio per l'anima.
Mi piace moltissimo l'immagine di copertina, di cui devo ringraziare di cuore l'artista Sergio Zanni, che mi ha concesso generosamente di pubblicarla, e l'amica artista Daniela Carletti che ci ha messi in contatto.
Quest'opera ha in sé qualcosa di magico: lascia presagire un accadimento imminente, un'epifania, una rivelazione. L'essere umano raffigurato nel disegno è raffigurato di spalle, potrebbe essere ognuno di noi; la sua figura gigantesca, avvolta in un'aura luminosa, sovrasta di ogni cosa intorno: il personaggio stringe nella mano la sua refurtiva, pronto a una 'grande fuga' (questo è il titolo dell'opera) e s'incammina verso un orizzonte imbevuto di luce. Comprerei il libro anche solo per intravvedere quel filo di luce.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
✅Eleonora Rossi - Non ho un progetto già delineato: ho molte idee, sono curiosa e sono sempre alla ricerca di nuovi significati. Insieme alla scrittura, l'altra mia passione sono i viaggi, che dilatano il tempo e aprono la mente. Mi considero in viaggio ogni giorno, non voglio perdere neanche un istante e nel mio taccuino continuo a trascrivere parole; il disegno di solito affiora in seguito, quando meno me lo aspetto.
In questo periodo mi sto dedicando in parallelo alla scrittura di testi di canzoni. Grazie al concorso Aletti ho frequentato il Cet (un'esperienza indimenticabile) e ho scoperto che le parole, tra le ali della musica, possono volare, seguirti, restarti addosso.
Nelle poesie e nelle canzoni che sto scrivendo celebro la leggerezza, che non ha nulla a che vedere con la superficialità, ma è piuttosto la capacità di sorvolare sulle cose. Di risollevarsi dalle prove dell'esistenza, cercando corrispondenze nel respiro del cosmo: sia «il bacio rosso/ di un papavero», oppure il «brindisi/ di esuli fiori/ nei lunghi calici», nel «tintinnio/ dorato/di spighe».
Perché in fondo per me è questo il messaggio di "ho svaligiato l’universo": il libro è un brindisi alla vita.
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