| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai "C’è un elefante nella mia poltrona". Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per Lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Marzia Rei - Vorrei innanzitutto spiegare come sono arrivata al titolo, che è in sé simbolico: la poltrona rappresenta la nostra vita quotidiana, in cui si è inserito un elemento molto impegnativo e ingombrante, rappresentato dall’elefante appunto, seduto in comodo relax. Il titolo è in definitiva un’affermazione, che è già di per se stessa una consapevolezza e l’essere consapevoli ci avvantaggia comunque sempre nell’affrontare problemi o situazioni difficili. Si tratta di una raccolta di monologhi: sette donne, una per ogni giorno della settimana, raccontano qualcosa di sé nella fragilità della loro esistenza, nelle loro emozioni violate, sopite spesso nella totale passività. La loro capacità emotiva profonda le porta a ritrovare una forza positiva trainante: il desiderio di recuperare la parte essenziale del proprio Sé, che un evento anche banale e insignificante porta alla luce, provocando una sorta di rinascita. La loro voce vuole essere un invito a tutti, uomini e donne, a non dare ulteriore spazio al non essere, derivante spesso dalla prosaicità della vita quotidiana, dall’abitudine, dalla solitudine, dal lavoro, dalle relazioni, in nome di un cambiamento possibile nella propria vita, di un recupero della propria “poltrona”.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Marzia Rei - Direi che la realtà rappresenta proprio l’elemento fondamentale da cui sono partita. L’esperienza quotidiana, le molte donne che ho conosciuto, casi clinici e storie di cui ho letto hanno dato forma e spessore alle mie figure femminili, a cui ho deciso di dar voce per parlare di temi urgenti, quotidiani e certamente non sintomatici di disagi mentali gravi, e in cui mi è piaciuto calarmi per conoscere meglio il loro punto di vista.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo Suo libro?
Marzia Rei - Ogni monologo tratta una diversa tematica, su cui ho avvertito la necessità di soffermarmi: il mio interesse va sempre alla varietà della vita nelle sue molteplici forme. Ovviamente ho scelto alcune tipologie di donne, tra le tante a disposizione, inserendole in un arco temporale di una settimana. Il filo comune a tutte queste donne è sicuramente quello della imperfezione, della solitudine e della fragilità, sentimenti che però custodiscono in sé una grande forza, perché dalle emozioni tristi e a volte disperate derivano cambiamenti essenziali. Ho voluto scrivere un messaggio di positività per tante donne, invitandole a riscoprire il proprio valore intrinseco, mostrando loro che questo è possibile. L’abitudine all’introspezione, all’analisi dei propri pensieri, consente alle donne di riconoscere più facilmente le ferite della propria anima, accettandole, mai ignorandole e nello stesso tempo di riconoscere anche le fragilità degli altri. A questo proposito condivido pienamente il pensiero di Eugenio Borgna, secondo il quale la fragilità, spesso vista come un aspetto patologico, sia al contrario un elemento positivo portatore di gentilezza e di empatia.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro "C’è un elefante nella mia poltrona", se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Marzia Rei - Il desiderio di conoscere più da vicino figure femminili, attraverso lo sviluppo delle loro storie, un viaggio affascinante nell’interiorità di donne, in cui mi sono calata, cercando di pensare come loro, di agire come loro, mettendo in luce le loro rassegnazioni, le loro tristezze, ma anche la decisione con cui si rialzano, e queste capacità emozionali sono propriamente femminili. Dice Jung: “Senza emozione è impossibile trasformare le tenebre in luce e l’apatia in movimento” e ogni monologo vuole esserne la dimostrazione. In ogni donna ci sono naturalmente io nella sua storia, ma alcune donne sono molto diverse da me. Anche qui ho tentato la possibilità di entrare in caratteri spesso a me opposti e seguire la loro avventura, non la mia personale.
Domanda - Quali sono le Sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella Sua formazione culturale e sentimentale?
Marzia Rei - Più che la mia formazione letteraria, è la mia esperienza di vita e di lavoro che mi porta a scrivere. Certo, io ho avuto una formazione umanistica, avendo frequentato il Liceo classico ed essendomi laureata in Lingue. Fino al 2015 sono stata docente di Tedesco, ho vissuto per tanti anni nel mondo della scuola, ecco tutto questo fa parte del mio bagaglio culturale, professionale e sentimentale, la scuola fa parte di me. Idealmente forse vorrei parlare ancora anche alle mie ragazze ai miei ragazzi.
In questi monologhi ci sono certamente io con tutte le mie esperienze di lavoro e di vita, le persone che ho conosciuto, i viaggi che ho fatto, la famiglia, le amicizie, le passioni, i libri: senza tutto questo, niente di ciò che ho scritto potrebbe esistere.
Per i miei monologhi non mi sono ispirata ad autori precisi, anche se nelle pagine iniziali ho citato due aforismi, uno di Alda Merini e l’altro di Proust, grandissime personalità che amo per motivi diversi. Alda Merini ci invita ad una riflessione, rendendoci consapevoli che ognuno di noi ha vissuto nella sua vita qualcosa che l’ha cambiato per sempre ed è esattamente quello che accade a tutti noi e alle donne dei miei monologhi. D’altra parte, anche il mio interesse per la scrittura è stato un evento imprevisto che ha portato un grande cambiamento nella mia vita e ha sicuramente modificato il mio modo di pensare, di scrivere e di osservare la realtà.
Anche Proust parla di cambiamento attraverso un viaggio interiore e una nostra modificazione che altro non è se non il cambiamento del punto di vista che ci permette di vedere situazioni e persone da diverse angolature. La vita richiede flessibilità e coraggio e le donne dei monologhi sono pronte a testimoniarlo.
Ho letto inoltre alcuni saggi di Eugenio Borgna, psichiatra e psicoterapeuta di grande valore, proprio sulla fragilità e sulla capacità di scendere verticalmente nell’interiorità, caratteristica, come ho già detto precedentemente, prevalentemente femminile, in quanto le donne danno più facilmente voce alle proprie emozioni, le sanno riconoscere e raccontare decisamente molto più degli uomini.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la Sua scrittura?
Marzia Rei - Ho amato sempre il cinema e il teatro. Dopo aver lasciato l’insegnamento, ho seguito e completato il Corso di Doppiaggio presso l’Accademia del Cinema di Bologna, dove ho avuto insegnanti meravigliosi di recitazione e direttori di doppiaggio che mi hanno insegnato tanto sulla parola e l’analisi dei personaggi. Ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada dei veri maestri, frequentando altri corsi e master, anche a Parma, la mia città, ad esempio presso il Teatro del Cerchio. Ho conosciuto da vicino un mondo nuovo, affascinantissimo, quello della recitazione, che mi ha portato ad esplorare tanti testi diversi, a rileggere tanti autori con occhi nuovi, la realtà da tanti punti di vista, ad entrare in personaggi, caratterialmente opposti a me: tutte esperienze confluite in questi monologhi. Per questo motivo ero affascinata dall’idea di scrivere qualcosa che potesse essere rappresentato in teatro e spero di poter davvero realizzare questo mio sogno.
Anche l’arte, soprattutto la pittura è stata per me un punto di riferimento e a questa ho anche dedicato il monologo di Penelope, la cui passione è proprio la pittura a dispetto di tutto e di tutti e l’arte rappresenta in un certo senso la sua salvezza.
Domanda - Oltre a quello trattato nel Suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Marzia Rei - Mi piacciono i racconti brevi, i romanzi diciamo con tematiche esistenziali, testi per il teatro, ma amo soprattutto la poesia.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Marzia Rei - Prediligo il cartaceo. Il libro è un oggetto personale, mi piace sottolinearlo, scrivere a fianco qualche annotazione, Se un libro mi piace lo rileggo spesso perché scopro cose nuove, emozioni non provate ad una lettura precedente: mi piacciono i libri vissuti, anche un po’ stropicciati.
Domanda - Per terminare, qual è stato il Suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Marzia Rei - Il rapporto con la scrittura è diventato via via più consapevole, mentre le mie donne prendevano forma e raccontavano di sé, soprattutto per l’attenzione all’uso delle parole, per esprimere al meglio per così dire l’inesprimibile mondo della ricchezza umana delle emozioni profonde e delle complesse situazioni mentali,
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe C’è un elefante nella mia poltrona se non lo avesse scritto.
Marzia Rei - Lo comprerei perché questi monologhi sono al femminile, di donne per le donne, ma non solo, anche gli uomini devono ascoltare, come dico nel prologo. I monologhi parlano di tutti noi, nella complessa varietà dei nostri pensieri, ma ugualmente fragili davanti alla vita, nella diversità di comportamento di uomini e donne. Ho preferito dare voce alle donne, perché intanto anch’io sono una donna e posso meglio interpretare il mondo sentimentale femminile, poi perché voglio sottolineare ancora una volta che le donne rispetto agli uomini fanno emergere la loro parte emotiva più facilmente, hanno più capacità di reazione davanti a stimoli e hanno più coraggio nell’affrontare il loro Sé profondo, anche negli aspetti più sconosciuti e meno piacevoli. I monologhi trattano tematiche quotidiane come problemi legati, al lavoro, alle relazioni con un partner, con i genitori, con un’amica.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Marzia Rei - La mia esperienza di scrittura è piuttosto recente, ma ho partecipato a vari concorsi, ho avuto dei riconoscimenti e ho incontrato persone che mi hanno incoraggiato a continuare a scrivere. Poi nello scorso settembre 2018 ho avuto la fortuna di pubblicare il mio primo libro di poesie con la Casa Editrice Aletti e quest’anno i miei monologhi sono stati selezionati come opera inedita e proposti per la pubblicazione: per me è una grande soddisfazione. Nel frattempo, ho continuato a scrivere poesie e racconti. Qualcuno ora mi ha chiesto se scriverò monologhi anche al maschile, devo dire che ci ho pensato, l’idea mi piace e la sfida è certamente non facile, ma appassionante, vedremo!
Il progetto prossimo sarebbe comunque quello di pubblicare ancora poesie e una raccolta di racconti.
Comunque, è fondamentale continuare a studiare, partecipare a laboratori di scrittura e imparare dai bravissimi e da coloro che hanno molta esperienza.
Collana Il Sipario
pp.52 €13.00
ISBN 978-88-591-6138-7
Il libro è disponibile anche in versione e-book
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