| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai "Volterra, Medioevo 1248 - la città dei cani morti -". Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Leonardo Baldelli - Quasi tutti i luoghi parlano di sé stessi, e lo fanno spesso a prescindere dal fatto che siano tanto più o tanto meno “vivi”. E peraltro lo fanno a prescindere dalla Storia che hanno alle spalle, sia dalla morte che hanno dentro.
Io sono toscano, una terra fatta di campanili, e ho trovato città molto diverse tra loro. Anche città che non parlano di sé stesse, altre che non parlano più affatto, o all'estremo opposto città che lo fanno a costo di vivere di morte o morire di vita.
Cosa sia una “città di cani morti” lo si capirà solo con gli ultimi capitoli del racconto. Qui mi sento di aggiungere solo che, almeno qui in Toscana, potrei fare anche altri esempi oltre alla a me cara Volterra: Livorno, Prato, Pontedera...
Ma non solo. Almeno all'inizio del “concept” di “la città dei cani morti” ho rivissuto molto Londra (Gran Bretagna), per come l'ho conosciuta.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Leonardo Baldelli - La realtà ha inciso tantissimo nella scrittura. Direi che è un racconto autobiografico al 100% se non fosse che è trasposto in tempi, spazi, persone che mai potrebbero aver interpretato ruoli all'interno della mia vita.
Quindi il risultato potrebbe essere definito anche “surreale”, e va bene che lo sia; è ciò che ho trovato affascinante nel racconto: raccontare di cose vissute veramente ma staccandosi in modo molto deciso da qualsiasi eredità culturale con il tempo e i luoghi dove sono accadute. In particolare l'essere anche e per certi versi soprattutto un romanzo psicologico fa sì che possa sembrare strano affrontarne gli argomenti in un ambito medioevale. Tutto diventa spesso surreale, ma volutamente “spinto”, quasi forzato. La trasposizione epocale è stata il principale strumento per questo mio obbiettivo.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Leonardo Baldelli - Il libro è nato come un valore testimoniale, appunto, del disagio che si può provare nel cercare di esprimere sé stessi in posti sbagliati, posti cui non appartieni. Ma il racconto offrirà delle soluzioni, scioglierà dei dubbi. Così vorrei, per i lettori. E spero che offrirà anche dei “metri di giudizio” per capire molte delle questioni in cui si infrangono i respiri di chi già è affannato per trovar spazi propri. E' meglio vivere di morte, o morire di vita? O addirittura è meglio porsi in silenzio in disparte attendendo lo scorrere del tempo? Oppure... e via dicendo.
Sono interrogativi che ho affrontato in 80 pagine di racconto, in anni di vita, e che - lo confesso – hanno trovato risposte chiare, per la mia persona. E ovviamente spero che questo racconto ne sia testimonianza piena.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro "Volterra, Medioevo 1248 - la città dei cani morti -" se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Leonardo Baldelli - Gli ultimi 3 capitoli del romanzo, indubbiamente, sono un capitolo quasi a parte. Sono il districarsi della matassa. E l'entusiasmo con cui il protagonista vive certi momenti è indubbiamente contagioso anche verso quella che è stata l'esperienza dello scrittore che ricorda quei 3 capitoli appunto come una parentesi ben favorevole.
Non di meno, tuttavia, già il primissimo capitolo, ad un “cuore” (più che un occhio) attento, contiene tutti gli elementi di gioia, tristezza, e vita, e morte che probabilmente seguiranno.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Leonardo Baldelli - Tutto l'800 della Letteratura europea, ma in particolare italiana, è per me la principale fonte di ispirazione. A livello di contenuti e fonti di ispirazione, in questo mio racconto ci sono molti tratti psicologici di un Italo Svevo o volendo anche di un Luigi Pirandello... ogni tanto molta desolazione di un pessimismo di Leopardi o di un Verga “malavogliano”.
Ma se devo concludere con un paio di nomi, allora direi in particolar modo che, causa un certo superomismo latente che serpeggia in tutto il racconto e per altro verso una forte autobiograficità del tutto, allora questo piccolo romanzo fa il verso soprattutto a opere come lo “Jacopo Ortis” di Foscolo, o il “Dorian Gray” di Wilde.
Concludo questa risposta cogliendo l'occasione di ringraziare peraltro l'amico e collega Alberto Baldisserotto per le illustrazioni interne a questa mia opera che, fatte le dovute proporzioni, ricordano molto quelle che Gonin rese all'opera de “I promessi sposi” di Manzoni.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Leonardo Baldelli - Forme artistiche che prediligo sono un po' tutte quelle legate all'ambito visivo. La pittura e il cinema, su tutti. Pertanto, anche quando scrivo, in concreto sto vivendo su un set cinematografico del tutto inesistente; ma il cui sforzo per far prendere a questo set cinematografico i tempi, le forme, gli spazi e i successi, è veramente notevole.
La mia passione per l'arte visiva è veramente proporzionale alla mia predisposizione per utilizzare altre forme comunicative, forse.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Leonardo Baldelli - Ricordo che io sono anche sceneggiatore per fumetti con Bud Spencer e Terence Hill e che ovviamente, pertanto, il genere da commediante è il mio preferito. Peraltro chi leggerà “Volterra Medioevo 1248. La città dei cani morti” con una certa minima vena di ottimismo, noterà il filo sottile che unisce tutti i capitoli e che – lo anticipo, e lo ammetto – non ha una natura veramente drammatica. Non più di quanto drammatica possa essere una normalissima vita umana, vista come una passeggiata fatta dove capita.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Leonardo Baldelli - Preferisco di gran lunga il libro cartaceo: il respiro del corpo è migliore, i movimenti delle mani e della testa pure, tutta la postura insomma. Poi possiamo aggiungere il gusto di sentir l'odore della carta, di poterlo riporre su una mensola in camera da letto... siamo ad altri livelli.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Leonardo Baldelli - Bello. Ognuno di noi ha bisogno di un mezzo per comunicare esprimendo noi stessi. Se incontri un vecchio amico che torna dalla palestra capisci che per lui è quello il modo di comunicare, sebbene possa sembrare strano. Qualunque modo è buono.
Con la scrittura, in questo libro, la vita, la morte, i resoconti, il futuro e il passato di tanti interpreti di questa vicenda, sono scorse via forti, salde, ricche di amore. Il “climax”, anche a tal riguardo, è indubbiamente rappresentato dalla riflessione-poesia del terzultimo capitolo che il protagonista intitola appunto “La città dei cani morti”; da lì in poi si noterà un cambiamento di umore anche del modo di scrivere oltre che per i già citati contenuti. Il tutto è stato molto serio e piacevole.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe "Volterra, Medioevo 1248 - la città dei cani morti -" se non lo avesse scritto.
Leonardo Baldelli - “Cos'è una città di cani morti?.. come sono i cani morti?”. Scorrerei qualche pagina, vedrei il titolo (“Volterra, Medioevo”) e comprenderei che i cani morti sono spesso direi vivi ma che l'autore non ha voluto mettere il sottotitolo “La città dei cani morti” in copertina: “perché?”
Perché evidentemente i personaggi del libro e il suo autore amano una città e i suoi abitanti (Volterra, per esempio) più del fatto che possa configurarsi un marchio indelebile o questo attributo.. ma tuttavia è lì che si va a cascare.. come se si fosse girato per monti e colline, per mesi e anni, per riuscire infine a trovare il modo di poter esprimere – chissà, da qualche parte – questa benedetta (o maledetta) frase: “la città dei cani morti”.
Questi sono i principali motivi per cui acquisterei il libro.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Leonardo Baldelli - Ho quasi completato un secondo lavoro che però non è ancora giunto ad una posa finale. Il titolo provvisorio è “Libro d'amore tra un bambino e una bambina” e, partendo dall'idea sostanziale che quando un uomo e una donna si innamorano e poi si amano sono quasi sempre come due bambini, ho viaggiato attraverso una serie di metafore per raccontare il percorso che porta “Lui” e “Lei” dalla solitudine iniziale ad un amore conclamato. Ecco un piccolo stralcio tratto dalla seconda parte dell'opera (provvisoria):
“Passò allora da quell'adunanza un vecchietto abbastanza fermo di voglia da tirar fuori delle novità, e disse:
“Cuor contento, non sente stento”, ma ricordate anche “Se nella coppia non c'è baruffa, l'amore sa di muffa”.
Si sollevò allora un polverone che non vi dico. La comare che all'inizio aveva principiato sgattaiolò via, mentre gli altri gridavano “eh! Ma chi è che è contento quando c'è baruffa?! Lui o lei? E se c'è baruffa non sarà che il cuor contento deve essere un po' troppo contento per non sentire stento?!?”
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