| Domanda Partiamo proprio dal titolo, come mai "Ramiè vantablack"? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Gaia Veronique Hackl - Il libro ricorre ad una particolare attenzione sui tessuti, non solo degli abiti ma anche delle coperte, delle tende… Non ho mai seguito molto la moda nell’abbigliamento; credo siamo avulsi dall’etichetta che portiamo: siamo il nostro portamento e non l'abito che indossiamo seppure lo abitiamo. Principiamo a comprenderci quando siamo nudi, è solo che... Non ci si scopre mai veramente. Ad ogni modo, non per questo credo che gli abiti non siano importanti. Essi sono una seconda pelle: l’abito lo vesto e, appunto, ci abito.
Intitolare il libro con un nome di un tessuto che non fosse, chessò, “cotone” mi sembrava necessario e forse vagamente originale dargli un “colore” che non fosse il comune nero. Invece è il nero, più nero!
La ramia è una fibra tessile vegetale, dicono sia molto lucente mentre vantablack è la sostanza artificiale più scura conosciuta, è composta da nano tubi di carbonio; quasi il titolo volesse richiamare la figura retorica dell’ossimoro.
Mi piacciono i nomi, i termini che iniziano con la 16esima lettera dell’alfabeto italiano e il nero è una sfumatura che ho ritrovato non di rado dall’inizio della mia Vita: nel vestire di chi mi circondava e crescendo anche nel mio. Leggendo il romanzo, o meglio svestendolo, si smaschera la coerenza del nome rispetto a quello che in esso vi è raccontato.
Gli argomenti trattati sono le diverse fasi della Vita. Si focalizza in modo particolare sull’adolescenza e quella che definisco “post-adolescenza”. Il contenuto è molto vario e riguarda l’interiorità relazionata all’esteriorità: insicurezza, disturbi alimentari, autolesionismo, autoerotismo, bullismo, mobbing… Mi premeva dar spazio anche a musica, poesia, arte quindi film, libri… Inoltre un piccolo angolo è dedicato, anche se in modo limitato, alla linguistica e alle scienze come chimica e fisica.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Gaia Veronique Hackl - Il libro è un’istantanea della società odierna o, perlomeno, per quella parte che ho voluto descrivere io. Il romanzo riprende con una cinepresa - le quali lenti sono il mio occhio di narratrice - il modo di vivere la società oggi da parte di Roma – una delle protagoniste -, dunque le esperienze di chi mi circonda o lo ha fatto in passato. Non è autobiografia seppure io abbia cercato di essere il più realistico possibile, lasciando veramente poco spazio alla fantasia o ad invenzioni di qualunque genere.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Gaia Veronique Hackl - L’amore che cerca di manifestarsi sempre, alla fine. L’amore che non include il possedere l’altro, nel conoscerlo sì però non necessariamente anche a letto; l’amore che libera e ti lascia libero, indipendente e non dipendente; così senza appuntamenti fissi ma che s’incontra per caso per la strada. Quell’amore che non ha davvero secondi fini perché ha l’abilità di stare in piedi da sé, sia che l’altro faccia parte della nostra esistenza o sia lontano… Come nel romanzo, nel caso di Vittoria il quale sentire è vicino ad una persona che non conosce davvero e che vive in uno stato lontano come la Norvegia. Il sentire però è più forte di qualunque tipo di distanza, collima con la spiritualità. Intendo riferirmi a quell’amore che oggi si percepisce sporadicamente e quindi destabilizza e credo sia doveroso salvare e custodire la sensibilità. Poi… Ogni cosa che viene sputata fuori senza alcuna vergogna o timore di sporcare pagine candide: il male, la disperazione, l’abuso di alcool e sostanze stupefacenti, il sesso online, la malattia e quindi il dolore. Vorrei, inoltre, che chi lo leggesse in un lontano futuro, potesse avvedersi di come si viveva oggi da giovani e, forse, anche da meno giovani.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro "Ramiè vantablack", se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Gaia Veronique Hackl - È passato molto tempo, in realtà. Credo che la notte in cui decisi quale sarebbe stato il titolo del libro la ricordo benevolmente. Altri episodi… Quando la Vita, saltuariamente e col contagocce, mi venne incontro con risposte e opportunità dal punto di vista del sentire, dell’accogliere, dell’incontrare profondità e vasti campi di viole benché circondati da grattacieli grigi e cemento.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Gaia Veronique Hackl - Ho letto tutti i libri di Isabella Santacroce. Avevo iniziato a scrivere il pensiero iniziale del romanzo a maggio o giugno di ormai due anni fa. Lo stesso anno, dopo qualche mese ho incontrato la scrittura di Isabella. Credo che se il mio libro ha preso forma sia stato grazie al fatto che ho ricominciato a leggere in modo più partecipe. Fondamentale è Dante Alighieri, come si può dedurre da diversi passaggi contenuti nel mio scritto.
Giacomo Leopardi, Ugo Foscolo, Italo Calvino… Diversi, insomma.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Gaia Veronique Hackl - La pittura, la fotografia e la Musica … Anche la linguistica italiana, per me era davvero affascinante nel momento in cui mi arrabattavo nello studio, e la trovai come qualcosa che s’avvicina all’arte. Un po’ come Paul Dirac che era interessato a creare una formula che fosse esteticamente bella, eppure la fisica non è una disciplina scientifica e non artistica.
Come pittori penso a Frida Kahlo, William Turner, Edgar Degas… Per la Musica, includerei ogni genere, anche quelli da cui non credo di trarre nulla, alla fine influenzano. La Musica, che rispetti il nostro gusto o meno, non lascia indifferenti. Nessun suono può farlo, io penso. Ecco, componendo, direi che la Musica strumentale metta più a nudo di un testo scritto. Allo stesso modo la pittura. Non ci si può nascondere dietro note, accordi o pennellate e tratti; dietro a parole sì. Questo è quello che provo io.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Gaia Veronique Hackl - Ultimamente la narrativa filosofica. Apprezzo i libri di narrativa che racchiudono più temi e che non sono del tutto incasellabili in uno specifico genere letterario. Mi piacciono le suggestioni oniriche, la scrittura cinematografica, quella ricca di dettagli e con pochi discorsi diretti.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Gaia Veronique Hackl - Per intero non credo di aver mai letto un libro in digitale. Preferisco il cartaceo, possibilmente realizzato con carta riciclata.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Gaia Veronique Hackl - Faticoso, come ogni lavoro cui ci si dà. Faticoso perché volevo fosse scritto al meglio possibile, per le mie capacità ma allo stesso tempo ci tenevo ad utilizzare un linguaggio che potesse arrivare a più persone possibili, malgrado il loro vissuto, la loro conoscenza della lingua italiana, il loro titolo di studio o la loro età.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe "Ramiè vantablack", se non lo avesse scritto.
Gaia Veronique Hackl - Se fossi più matura lo farei perché curiosa del mondo dei più giovani. Proprio per andare incontro ai più grandi ho riportato a fine libro un glossario così da far comprendere gli svariati termini usati sui “social” e fra i giovani, sovente non compresi da chi non li frequenta.
Se fossi un/una adolescente per il piacere di leggere un testo che si discosti dai soliti classici ma che è comunque corposo; è un libro attraverso il quale credo i più piccoli possano imparare nuovi termini italiani, inoltre affacciarsi a varie tematiche… Non l’avessi scritto lo leggerei in quanto attratta dal titolo, a mio avviso, particolare.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Gaia Veronique Hackl - Scrivo ogni giorno. Vorrei cambiare stile, questo romanzo è abbastanza decostruito, addirittura appare confuso e sicuramente non privo di numerosi nomi: di personaggi, tessuti… Nel caso ne scrivessi un altro mi focalizzerei su altri dettagli.
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