| Ritorno a recensire Giovanna Saulini, diversi anni dopo “Le notti numerate”, ricordando la “perfezione”, di quel libro così felice, e la ritrovo, nel pieno di una maturità che svelano soprattutto le raccolte “Ritorno”, “Interni dell’anima” e “Reset”, le parti di “L’addio rimandato”. Riconosco comunque a “Clessidra”, raccolta di apertura, la necessità del preludio e lo slancio, prima di prendere il volo verso una poesia coraggiosa.
C’è un recondito mistero che accompagna gli addii (non è mai uno solo), un mistero che si dissolve nei versi. Si resta in una specie di sospensione, quasi nell’aria, in aspettativa di risposte. Subentra, inatteso, un termine che fa da barriera, che tronca la possibilità d’inseguire il pensiero dell’autrice, ma che vale come risposta a qualsiasi interrogativo, una parola scelta con sicurezza e messa lì, al punto giusto nel momento giusto.
Il pregio delle raccolte è proprio questo, il rimanere sospesi senza una risposta che dia certezza. Si può anche credere che la soluzione dell’enigma sia in quella sospensione apparente in cui ci si lascia trasportare.
Credo che la poesia di Giovanna Saulini possa essere classificata nella corrente ermetica. Ormai dobbiamo accettare che l’unico ermetico sia stato Mario Luzi, in quanto i tre grandi dell’ermetismo erano ben poco ermetici, anzi, chiarissimi nell’esporre il proprio pensiero. E a Luzi mi fa pensare la difficoltà di penetrazione che ritrovo nell’ “Addio rimandato”.
Ce ne rendiamo conto in “Interni dell’anima”, titolo che poteva essere dato all’intero libro, che riporta l’autrice al livello e oltre “Le notti numerate”.
Lo stile, a dire poco, è inquietante, per una lettrice di serate di poesia come lei. Parole dilatate scandendo le lettere, parole unite quando è necessario concepirle in un insieme (vedi “i pensieri s’addossanoaimuri), titoli che appaiono in fondo e sono stato d’animo, versi che cominciano con la maiuscola disposti quasi in verticale e che lasciano il dubbio che ognuno sia una frase incompleta a sé.
A questo punto, la ricerca poetica è indubbiamente più stilistica che emotiva, anche se l’emozione prende grande parte dello spazio destinato alla poesia. “Reset” va ancora più in alto. Peccato la mancata ricerca di una parola che non tolga equilibrio alla chiusura. Forse si poteva meditare un po’ di più sulla scelta del termine. Ma forse è giusto così, perché, in fondo, si rimane nello spirito e nello stile dell’intero libro.
TERESA TARTARINI BETTELLI
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