| Ho finito di leggere la raccolta di poesie dal titolo “Sfarsi” della poetessa Simona Chiesi, edita dalla casa editrice Aletti Editore, a notte fonda come mi capita quasi sempre quando sono preso dalla lettura di opere che assorbono completamente il mio essere, estraniandomi dalla nozione del tempo e dello spazio. Leggendo le poesie che compongono la silloge mi sono imbattuto in una scrittura limpida e profonda, intrisa di una sfera affettiva che promana dal più profondo dei meandri dell’animo umano. L’autrice traccia con immagini toccanti la parabola delle emozioni che albergano in lei in modo semplice e, ciononostante, ammirabile. In alcune poesie l’incanto poetico tocca le vette in cui il lettore attento e sensibile ai temi da lei proposti non potrà non apprezzare in sommo grado. Alcune poesie mi sono rimaste particolarmente nella mente e nel cuore. Ne citerò solo alcune per amore di brevità, lasciando al lettore la piacevole scoperta di tutte le altre che non menzionerò. La prima che mi viene in mente si intitola: ”In punta di piedi”, il cui il tema centrale è l’amore per l’amato declinato con soavità e leggerezza quasi impalpabile, ma nello stesso tempo toccante e profondo. L’altra poesia che vorrei ricordare ha per titolo: ”E s’indora”, in cui si descrive il sentimento materno con parole che trasmigrano dal reale e concreto al linguaggio immaginario e fantasioso, e purtuttavia legato al più profondo degli impulsi che una donna possa provare. Inoltre, sono rimasto colpito dalla poesia: ”Mensa dei poveri”, essa mi è rimasta dentro, a rodermi come un tarlo invisibile, per parecchio tempo sull’annoso problema della povertà e della sofferenza a cui sono soggetti tanti miei simili! L’autrice è riuscita a suscitare in me quel senso di intima pietà verso coloro che soffrono in modo indicibile. Lei non poteva evocare immagini e parole più adatte per descrivere ciò che si prova quando si opera per alleviare le altrui sofferenze. L’ultima poesia che vorrei rammentare ha per titolo: ”Dardi d’acqua”, qui viene rappresentato l’elemento primordiale da dove sgorga la vita nel nostro pianeta così come noi la conosciamo. La poetessa, partendo dalla sostanza fisica e materiale, conclude la poesia con un’immagine personificata, in cui è racchiusa il segreto del nostro esistere, porgendosi la domanda del perché noi umani siamo su questa terra e per quale scopo, quale arcano si nasconde dietro l’inarrestabile trascorrere del tempo rappresentato simbolicamente attraverso lo scorrere incessante dell’acqua sotto tutte le sue svariate forme. L’autrice usa in tutta la silloge una lingua viva, limpida, chiara, schietta, che, nonostante il suo ancorarsi all’esperienza concreta, si nutre di immagini surreali che colpiscono la fantasia del lettore che si lasci trasportare dalle onde emotive che zampillano come limpida acqua da una sorgente pura!
Consiglio a tutti gli amanti della poesia di leggere le poesie contenute in questa pregevole silloge scevri da ogni recondito pensiero circa l’utilità e la valenza del poetare odierno.
A.D.C.
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