| In Terra di Lavoro, dalla seconda metà del Settecento al primo decennio post-unitario, l'industria tessile costituiva una delle primarie fonti di sostentamento della popolazione, con la produzione e lavorazione di materie prime quali cotone, canapa, lana e seta.
La vita delle persone veniva scandita dal tempo rurale caratterizzato da cicli semina-raccolta mentre la manifattura era un microcircolo infinito di lavoro e non l'appendice delle attività agricole occupando prevalentemente manodopera femminile. La dicotomia della figura femminile, riguardo il ruolo di «attendente alle cure domestiche» e «tessitrice», emerge da dati demografici e statistici del primo censimento della popolazione del 1861 e dall'inchiesta agraria Jacini sulla condizione agricola.
L'industria tessile era fonte di prosperità ed innovazione attraverso la promozione delle arti e delle scienze mediante appositi «Istituti di Incoraggiamento».
Le politiche tese alla piena occupazione e alla riduzione dei tributi – solo cinque: la tassa fondiaria, l'indiretta, la tassa di registro e di bollo, la bonafficiata sul lotto e le poste – garantivano benessere collettivo.
Un documento importante in merito è senz'altro lo Statuto delle leggi leuciane voluto da Ferdinando IV di Borbone nel 1789. L'esperimento produttivo e sociale presso la Colonia di San Leucio, dall'impronta paternalistica e con il sistema di razionalizzazione del lavoro garantiva la continuità produttiva e l'investimento professionale degli “artisti”.
Uno dei più grandi insediamenti tessili nel cuore di Terra di Lavoro è certamente il cotonificio Egg, fondato dallo svizzero Giovan Giacomo a Piedimonte d'Alife, «Villaggio operaio ideale», fondato nel decennio francese tra il 1805 e il 1815 e «sopravvissuto» fino alla seconda metà del '900.
I poveri del Regno invece venivano accolti nei «Real Alberghi dei Poveri», e in altri Istituti dislocati in tutto il Regno delle Due Sicilie. Ne è un esempio Palazzo Fuga, una struttura capace di accogliere e rieducare anche attraverso il lavoro «coatto» circa seimila mendicanti, orfani e oziosi del Regno.
In generale, nel periodo post-unitario un mancato intervento sulle misure di sviluppo e protezionismo ha contribuito al lento declino di tutto il sistema tessile (oltre che agricolo) nel sud esposto ad una agguerrita concorrenza esterna, ma soprattutto interna da parte dei nuovi gruppi tessili del nord Italia, modellati in termini strutturali e politici sulla concezione paternalistico-illuminista della colonia di San Leucio. La più concreta somiglianza strutturale tra villaggi la si osserva tra la Colonia di San Leucio e il villaggio Crespi d'Adda fondato nel 1878.
L'impoverimento delle colture, il progressivo abbandono delle campagne e il declino della produzione tessile sono tra i fattori che determinarono l'inizio della crisi in Terra di Lavoro. La «questione meridionale» e i grandi flussi migratori sono insomma riconducibili anche alla frenata e inversione di uno sviluppo che aveva coinvolto a vari livelli tutto il Regno delle Due Sicilie. Quella linea di crescita si sposta verso nord, lasciando nella miseria il Sud, quasi come un danno collaterale del «miracolo industriale».
Collana Saggistica Aletti
pp.252
ISBN 978-88-591-3802-0
Il libro è disponibile in versione e-book a €4.99
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