| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai "Il tuo sentire"? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Roberta Ignazzi - Il tuo sentire si propone come una porta, aperta ai mondi possibili. Come il dialogo di socratica memoria, che tende e guarda l’altro valorizzando la diversità e non escludendola.
Per questo, è il tuo sentire e non il mio. È la quarta parete che, in teatro, verrebbe sfondata.
Vado nel vivo e concreto del testo. Il tuo sentire narra della mia esperienza personale che, come spesso sottolineo “è il mio punto di vista sulla vita”. Nel testo, racconto il viaggio di una ragazza che, poi, non per caso, è diventata una donna. Lei inizia il racconto in versi con la preghiera di non esserci, di una ragazza che per bocca dei disturbi alimentari prega la vita di cessare ed ogni azione fatta sarà, di conseguenza, un’azione che vuole il termine del movimento. Ad un certo punto, il registro cambia diametralmente e non si tratta più di morte contro morte ma di morte contro vita e finalmente, della lotta per la vita.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Roberta Ignazzi - Completamente ed assolutamente fondamentale, il testo non poteva prescindere dalla vita. La poesia, per come la percepisco, rappresenta il movimento materiale e concreto della vita. Le parole sono un divenire di possibilità che, in quanto tale movimento, rappresentano l’apertura totale al cambiamento perenne. Le parole avanzano tanto più avanza l’azione stessa.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Roberta Ignazzi - Quei dieci anni dai quali più fuggivo più mi ci ritrovavo avvinghiata.
Conferire a quella tristezza una certa sacralità, assumendomi la responsabilità di trasformala per mezzo della condivisione di quel “punto di vista sulla vita”.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro "Il tuo sentire", se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Roberta Ignazzi - Credo che mi piacerebbe più descrivere l’esperienza del comporre come una linea - parlo spesso per immagini- e non di momenti frazionati quindi isolati tra loro. Tutto quello che è stato, è stato appunto una linea sottile che di lineare ha solo il nome però. Perché nella realtà tutto si è sviluppato molto velocemente e di quelle ore ricordo perfettamente la sensazione di meraviglia, di vergogna e di “nudità” legata all’idea concreta che altri occhi mi stessero leggendo. In particolare, ricordo molto bene, il giorno in cui Donatella Imbastari, che ringrazio moltissimo per l’attenzione e la pazienza che ha avuto nei miei confronti, mi domandò di scegliere tra le poesie proposte al fine di descrivere un percorso lineare. Per far ordine allora, le presi, 133, le misi tutte sul pavimento, foglio dopo foglio, e mi dissi: ”Se è la mia storia che devo raccontare, immagina un viaggio e i motivi che ti hanno spinta verso quel viaggio, racconta quello che è successo affinché quel viaggio potesse compiersi e dove ti ha portata. Nell’arco di qualche ora, senza volerlo, il pavimento rettangolare del salotto di casa mia, si trasformò in un albero fatto di fogli. Immagine che sarà molto complicata da dimenticare..
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Roberta Ignazzi - Molteplici e differenti per genere, pensiero e sentimento. Sicuramente, ciò che mi ha segnato è stato l’incontro con Jean Paul Sartre, che, ancora oggi, definisco, a distanza della tesi di laurea, “il mio padre putativo”. In generale, la filosofia esistenzialista: Martin Heidegger, Friedrich Nietzsche, Simone de Beauvoir, quella contemporanea a cui fa capo, secondo me, Hebert Marcuse o quella greca, alla quale si fa sempre ritorno, l’amatissimo Socrate, tanto per citarne uno fra i più ma in generale, il mio punto d’inizio, sembrerà strano, è la filosofia che incrocia perfettamente la poesia di Giacomo Leopardi, Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti, spazia e va oltre Cesare Pavese, Mariangela Gualtieri, Lalla Romano, Pedro Salinas, Wislawa Szymborska, Virginia Woolf o Michele Mari, tanto per citarne alcuni.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Roberta Ignazzi - Sicuramente, la passione per il teatro non si evince dal mio scrivere però, negli anni, ha agito sulla consapevolezza delle emozioni.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Roberta Ignazzi - Come detto in precedenza, la scelta mira a saggi e romanzi filosofici. E se la prossima domanda fosse: “quali?”, di sicuro, i primi che mi verrebbero in mente sono “L’essere e il nulla” e “La nausea” di Jean Paul Sartre, i testi di Friedrich Nietzsche o “L’uomo ad una dimensione” di Hebert Marcuse.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Roberta Ignazzi - In boccetta, metterei il profumo dei libri.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Roberta Ignazzi - Tagliente. Com’è ancora.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe "Il tuo sentire" se non lo avesse scritto.
Roberta Ignazzi - Perché il nero sta bene su tutto. Anche alla vita.
Spesso quella lotta, tra il nero ed il bianco, non è una guerra ma più, semplicemente, una ricerca di equilibrio.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Roberta Ignazzi - L’opera c’è. Devo chiedere al coraggio se ci sarà.
Editore: Aletti
Collana: Gli emersi poesia
Anno edizione: 2018
Euro: 12,00
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