| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Sfarsi”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta questo volume?
Simona Chiesi - Sfarsi è per me l'atto di vivere e di avviarsi lentamente, ma inesorabilmente, al pieno della maturità verso il fine ultimo.
In perfetta sintonia con la mia raccolta poetica, per rappresentare questo concetto, ho scelto per la copertina l'immagine di una medusa arenata sulla riva. La foto di Genj Bianucci si presta a mille interpretazioni, come anche la poesia stessa: sembra l'immagine capovolta di un riflesso lunare, sembra una perla opalescente che brilla sulla sabbia, o una palla dimenticata sulla riva o anche un uovo di un nuovo mondo primordiale... Ognuno può leggerci ciò che vuole e ogni interpretazione avrà la sua ragion d’essere, ognuno sentirà vibrare in sé le corde interiori alla lettura di una o dell’altra lirica.
La citazione di Faulkner "La poesia è l'intera storia del cuore in una capocchia di spillo" ritengo che rappresenti bene le tematiche del mio libro: sono storie del cuore, quando è felice, quando sogna, desidera, aspira, quando è cupo, triste, quando è disperato. Sono tante situazioni, pensate e meditate, di cui ho delineato un ritratto con le parole, come farebbe un pittore con i colori.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Simona Chiesi - È la realtà della mente che ha immaginato questi eventi che hanno costituito l'oggetto poetico, molto spesso sono solo immaginati e solo una piccola pennellata di realtà li ha resi più vivi.
Nel mio mondo interiore accadono tante cose, ed è a questo a cui attingo. Ci sono alcune poesie che si riferiscono ad eventi reali, come ad esempio "In un canto di cielo", scritta in ricordo di mio padre, e in cui chiunque abbia vissuto l’esperienza di una perdita potrà riconoscersi, ma più di frequente sono castelli di parole su un tema lungamente pensato. “Sfarsi” significa anche sciogliersi, liquefarsi, e il poeta sa che per esprimersi spesso deve spogliarsi di tante parti di sé per farsi liquido ed assumere mille volti e mille identità. La poesia è un distillato e una goccia di sé, ma anche della propria capacità empatica di sentire gli altri e saper tradurre in parole i frammenti ricomposti di tante storie vissute. In queste liriche si attraversano innumerevoli sentieri del cuore come un fiume carsico che penetra dentro e riemerge altrove, non senza aver scavato rivoli e solchi emotivi; con esse si creano quadri dell’anima con parole sempre nuove, scelte per i loro suoni e le possibilità evocative, e intrecciate a costruire storie di situazioni e di sentimenti personali e universali.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall'oblio del tempo con questo suo libro?
Simona Chiesi - La nostra sensibilità, spesso ignorata o talvolta calpestata, o scambiata per altro, trova da sola il modo di affermarsi. La scrittura poetica può rendere lieve il racconto di esperienze, idee, passioni, e offrire lenimento ai dolori, e può agire ancora più in profondità, con un processo di sublimazione che condiziona la vita psichica e trasfonde armonia nei nostri giorni. Per me la poesia ha significato tutto questo e il mio libro rappresenta questo processo lento e graduale che da sempre fa parte della mia vita e che mi porta tranquillità, benessere.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Sfarsi”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Simona Chiesi - Pur scrivendo da molti anni, non ho iniziato a partecipare a concorsi (eccettuato per due episodi lontani nel tempo) se non dal 2016. Riguardo agli episodi, ricordo tutti i concorsi vinti (e anche quelli in cui non ho ricevuto alcun riconoscimento come è giusto che sia, perché il giudizio di ogni giuria va rispettato) tra cui: “Donna, delicata forza di un fiore” nel 2016, e “Nuovi occhi sul Mugello” nel 2017 (che mi ha offerto la possibilità di entrare a far parte della giuria nell’anno successivo, incarico che mi ha permesso di comprendere i meccanismi serissimi della selezione, e che mi è stato riconfermato). Ricordo però con particolare emozione la telefonata che ricevetti nell’estate del 2017 da parte del Segretario del Premio San Domenichino: mi comunicò che ero arrivata al secondo posto nella categoria delle sillogi inedite con venti poesie, ma quando i giurati erano andati a vedere il nominativo dell’autrice della silloge scelta, si erano chiesti chi fossi, perché nessuno mi aveva mai sentito nominare; mi chiese se era la prima volta che partecipavo (lo era) e mi spiegò che con la forza della mia poesia avevo vinto uno dei concorsi più prestigiosi d’Italia e sarei stata premiata da Alessandro Quasimodo… Il suo stupore esprimeva tutta la sorpresa per aver scoperto un “esordiente”. È stato molto emozionante e ho pianto di gioia. L’anno successivo ho vinto il primo premio del Concorso “Cumani Quasimodo”, con una silloge di trenta poesie, di nuovo premiata da Alessandro Quasimodo, e lì ho conosciuto Giuseppe Aletti che mi ha proposto la pubblicazione monografica, che è diventata “Sfarsi”. Nel corso della lavorazione della silloge, la poesia “Sfarsi” ha vinto il terzo premio del Concorso nazionale “Argentario” e in quel momento ho capito che avevo scelto il titolo giusto per l’intera raccolta. Ho naturalmente continuato a scrivere, confortata dai risultati, e due giorni fa ho saputo che una raccolta delle mie poesie è finalista al premio “Quasimodo” 2018 e questo mi fa pensare che la mia storia con la poesia continua ed è una relazione solida, promettente e piena di progetti…
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione, altri autori che ritiene fondamentali per la sua formazione culturale e sentimentale?
Simona Chiesi - Io sono un'appassionata lettrice, prima di tutto per indole, poi per professione, visto che insegno in una scuola secondaria, e ho un contatto quotidiano con i libri e gli autori, soprattutto classici. Nei lunghi anni di insegnamento ho apprezzato e fatto apprezzare ai ragazzi molti poeti. Gli alunni si stupivano quando chiedevo loro di ascoltare certe poesie ad occhi chiusi, ma poi ne hanno compreso i motivi e piano piano molti di loro si sono addentrati nel mondo della poesia e hanno scoperto potenzialità in se stessi (diversi miei alunni hanno poi vinto concorsi, e loro sanno bene che era tutta “farina del loro sacco”).
I poeti che preferisco sono Pablo Neruda per il suo linguaggio magico e seducente, e Emily Dickinson per la profondità del suo sentire e l’infinita grazia delle sue espressioni poetiche.
Mi piacciono tante poesie di Pavese, Pasolini, Quasimodo, Ungaretti, Montale, Camillo Sbarbaro, Alfonso Gatto, Mario Luzi, Pedro Salinas, della Szymborska, di Brecht, di Garcia Lorca, di Nazim Hikmet, di Erri De Luca, ma la lista si potrebbe allungare a dismisura. Fin da ragazzina “collezionavo” parole o poesie che mi piacevano e le trascrivevo a mano in quadernetti che conservo ancora oggi. Allora non conoscevo i poeti, sceglievo le poesie solo in base al gusto personale, solo in seguito ho affrontato la letteratura e approfondito il linguaggio poetico. Il gusto per le parole, che è diventato poi sensibilità poetica, è maturato piano piano, si può dire che nel lungo periodo di letture il materiale poetico è decantato dentro di me come vino, e poi è diventato il mio personale modo di esprimermi.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Simona Chiesi - Ho dipinto, in passato, ma talvolta lo faccio anche adesso. Ho frequentato anche una scuola di pittura in gioventù e gli insegnamenti degli artisti Franco Milani e Ferruccio Magarraggia a proposito dell'uso dei colori in costanti ricerche armoniche, ma anche con piccoli tocchi talvolta anche dissonanti che si richiamano sulla tela, e che pure si armonizzano, li ho applicati anche in poesia con la ricerca fonologica di parole con determinate lettere, con la ricerca musicale dei versi, con la disseminazione di figure retoriche che chi conosce il linguaggio poetico è in grado di rilevare in trasparenza, dietro ogni poesia.
Domanda - Oltre a quello trattato nel libro, quali altri generi letterari predilige?
Simona Chiesi - Parlando di prosa, mi piacciono i romanzi "lenti", con protagonisti molto caratterizzati, che hanno una prevalente introspezione, belle storie, intense e ben scritte, come ad esempio “Delitto e castigo” di Fëdor Dostoevskij ,“La porta” di Magda Szabò, “Memorie di una geisha” di Arthur Golden, o “Memorie della ragazza cattiva” di Vargas Llosa, “L’Arminuta” di Donatella di Pietrantonio, “L’accabadora” di Michela Murgia, “La donna dai capelli rossi” d Orhnan Pamuk, ma amo anche i testi un po’ fiabeschi, con elementi fantastici come “Il segreto del Bosco Vecchio” di Dino Buzzati o “Maruzza Musumeci” di Andrea Camilleri.
Domanda - Predilige il libro cartaceo o digitale?
Simona Chiesi - Preferisco il libro cartaceo, di cui mi piace immensamente anche l'odore, la consistenza della carta. Di solito leggo contemporaneamente più libri, che non confondo mai, ed ho sempre un libro con me: in borsa, in auto, sul comodino, e in casa ne ho tanti da non sapere più dove metterli. Da ragazzina i miei mi regalarono una collezione di cento classici rilegati in pelle, e mi è rimasto il gusto di alternare la lettura di classici a testi contemporanei. Il libro digitale è comunque comodo, economico, e ha la sua piacevolezza letto sull’e-reader, quindi non lo scarto.
Domanda - Per terminare, quale è stato il suo rapporto con la scrittura durante la composizione del libro?
Simona Chiesi - Scrivo quando ho l'ispirazione, quando qualcosa si affaccia da dentro. Trascorro periodi molto prolifici ed altri più tranquilli in cui prevale la lettrice. Alcune poesie sono molto lontane nel tempo, poi riprese e rimaneggiate, altre sono più recenti. Da quando ho capito che il mio progetto di una raccolta poetica prendeva forma ho cercato di scrivere sempre meglio, per rendere alta la qualità del registro linguistico, ed evitare sempre e comunque le banalità e i versi troppo sdolcinati, ma al tempo stesso ho tentato di non perdere espressività, perché non amo le poesie dove si sente che l’unico sforzo dell’autore è tecnico e artificioso e non c’è un messaggio vero. Significato e significante, per il mio gusto personale, devono integrarsi e armonizzarsi. Ho ancora valanghe di striscioline di carta su cui annoto parole che mi piacciono, mi colpiscono, e talvolta guardando questi elenchi mi rendo conto che alcune parole si sposano bene tra loro e le fondo insieme cercando un senso profondo. Esprimo sentimenti, sensazioni in base a temi universali o che mi affiorano dentro: il ricordo, la malattia, la morte, l’innamoramento, il distacco, la perdita, la violenza, la serenità… La ricerca è sempre quella del tocco lieve e magico dell’emozione, che illumina come un lampo la lettura poetica e fa vibrare inaspettatamente e senza scampo.
Domanda - Un motivo per cui comprerebbe “Sfarsi" se non lo avesse scritto.
Simona Chiesi - Soprattutto perché emoziona. Significativo che tanti amici che hanno letto la mia silloge siano rimasti colpiti da poesie diverse: la lettura è molto personale e va a toccare la propria storia, il proprio inconscio, i propri stati d’animo. Ognuno reagisce a modo suo e a poesie differenti, ma a detta di molti certe poesie fanno venire i brividi.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Simona Chiesi - Certo, ho già iniziato la raccolta di nuove poesie e ho in mente persino una rosa di titoli, ma preferisco non anticipare.
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