| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai "Di notte"? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Mara Masolini - Il titolo l’ho scelto perché il primo di questi racconti si intitola "DI NOTTE" e si svolge tutto in una notte.
Persone che hanno letto questi racconti mi hanno detto: non sono realistici, però tengono avvinto il lettore. Ecco, questi racconti non sono però nemmeno fantasy o fantastici. Io li definirei piuttosto un po’ surreali, anche un po’ visionari.
Mentre per tanto tempo ho pensato che volevo - o dovevo - scrivere qualcosa di realistico, da un po’ di tempo a me non importa affatto se quello che scrivo è realistico o no.
E mi incuriosisce quello che viene fuori di imprevisto scrivendo, quello che si trova scrivendo e che senza scrivere non si troverebbe, non capiterebbe nemmeno di pensarci. Non mi riferisco alla scrittura come autoanalisi ma alla scrittura che scopre anche nella realtà quello che non si sarebbe mai detto che fosse così.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Mara Masolini - Sicuramente ci ha inciso LA MIA DI REALTA’, la realtà in cui mi ritrovo a vivere, anche se avrei preferito non ci incidesse, avrei preferito essere capace di distaccarmene di più scrivendo. Questo perché non mi piace la realtà che vivo, anzi che subisco.
Per quanto riguarda il racconto QUESTA PRIMAVERA, l’influenza di quella serie di delitti e di tutto il gran parlare, mediatico, ma anche nelle conversazioni di ogni giorno che ne veniva fatto è innegabile.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Mara Masolini - E’ un po’ difficile dirlo. Io da giovanissima volevo scrivere, tenevo un diario, scrivevo poesie, iniziavo romanzi. Allora, da adolescente, credo che a mettermi voglia di scrivere sia stata la lettura di due scrittori: Cesare Pavese e Ernest Hemingway. Loro erano i modelli, di scrittura ma non solo: perché io li sentivo incredibilmente veri, con una parola abusatissima potrei dire autentici. Mi piaceva la loro scrittura che per me era anche qualcosa di più dei loro romanzi, dei loro racconti. Era anche un cercare, nelle situazioni che scegli ma anche in quelle in cui ti ritrovi, qualcosa, come potrei dire IL SUCCO (per non dire la verità). Questo da adolescente. Poi purtroppo viene il difficile da raccontare. E credo che se raccontassi TUTTO verrei censurata, sì mi tagliereste. Ma qualcosa almeno devo accennare per rispondere alla domanda. Infatti decidere di pubblicare questi racconti per me vuol dire cercare di SALVARE QUALCOSA.
Purtroppo è successo, quando ero ancora giovane, che sia finita dagli psichiatri. Si tratta del servizio psichiatrico territoriale, tanto celebrato in quanto sorto dopo la chiusura dei manicomi.
E i trattamenti psichiatrici hanno avuto un effetto e conseguenze devastanti sulla mia vita. Su tutta la mia vita. Per quanto riguardava il mio proposito di scrivere, dire che sono stata bastonata è anche poco. Mi è stato detto che non dovevo scrivere, poi sono stata fatta sentire in colpa perché volevo scrivere, poi ancora mi è stato detto che non ero capace di scrivere. E questo diktat - divieto di scrivere - avveniva in concomitanza con la condizione di grande sofferenza che mi avevano provocato proprio i trattamenti psichiatrici. Ora so che con altri pazienti gli psichiatri non si sono comportati come con me, alcuni di loro li hanno anche incoraggiati a scrivere.
Si vede che oh, a me in quanto donna e di famiglia modestissima, non era concesso, non era ammesso nel posto in cui abitavo, e purtroppo abito ancora, che potessi scrivere.
Il trattamento ricevuto ha avuto conseguenze negative anche per la scrittura. Sono stata bloccata a lungo, volevo scrivere, ma ero bloccata. Così per molti anni ho dipinto, mi piaceva anche dipingere. Ah, anche a proposito della pittura, sono stata bastonata dagli psichiatri e dall’ambiente circostante.
Mi sono ritrovata non più giovane a dirmi: ma io cos’è che voglio fare? D’accordo, sono stata bastonata e peggio, ma cos’è che volevo fare? E anche se non ero più giovane ho deciso di seguire dei corsi di scrittura creativa che (secondo me non è che servano a granché, però servono) possono servire per le persone che vi incontri. Come l’ambiente psichiatrico e dovrei dire tutto l’ambiente che avevo intorno aveva avuto un effetto bloccante sulla mia decisione di scrivere, alcune persone che ho incontrato in questi corsi (indipententemente da quello che insegnavano) hanno avuto l’effetto opposto. Tuttavia la gente della psichiatria ha continuato a starmi addosso anche se io non ne volevo più sapere di loro, con i loro sistemi di controllo, col somministrarmi i loro farmaci, porcherie a mia insaputa. Non è facile nemmeno ora la mia situazione. Scusate, mi censurerete, ma questo devo dirlo: la nuova psichiatria del dopo Basaglia, che si vanta tanto di aver abolito i manicomi, in realtà per alcune persone, come per me, è peggio della psichiatria che c’era prima, in quanto ha creato i manicomi territoriali, e se tu nel manicomio territoriale non vuoi starci e protesti ti trovi rinchiuso con il TSO e a subire delle vere e proprie torture elargite per via medica.
Questo per dire che anche dopo che non sono più stata bloccata nello scrivere, mi sono ritrovata incerta, come se non sapessi perché volevo scrivere. E il perché volevo scrivere l’ho ritrovato tornando a Pavese e ad Hemingway, che tanto mi avevano entusiasmato a quindici, sedici anni, e che poi avevo messo da parte perché avevo letto parecchi altri scrittori che mi sembravano più importanti di loro. Ma era da loro che era partita la voglia e anche la decisione di scrivere. Per cercare quel qualcosa in più che, di per sé, forse non c’è in nessuna vita, nemmeno nella più avventurosa o fortunata o anche felice.
Certo che preferirei la mia vita fosse andata diversamente, però, nonostante i maltrattamenti (psichiatrici e ambientali) questi racconti sono riuscita a scriverli, per questo, anche se non ne sono soddisfatta, ho deciso di pubblicarli.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro "Di notte", se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Mara Masolini - Mah, non ci sono episodi che ricordo con particolare favore.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale? Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Mara Masolini - Ho dipinto a lungo, da autodidatta. Sicuramente la pittura ma anche la scultura, anche l’architettura mi interessano. Se poi abbiano influito sulla mia scrittura non so. E la musica - la cosiddetta musica classica. Un autore che adoro, ma che da giovane, diciamo fino ai trent’anni, non mi piaceva è Henry James. Mi piace tantissimo Stephen King (ma perché non gli danno il Nobel?)
Trovo straordinari scrittori come Gogol e Bulgakov, che purtroppo leggo in traduzione italiana.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Mara Masolini - Quando ero giovane e volevo fare la scrittrice pensavo al GRANDE ROMANZO, pensavo a Thomas Mann, a Dostoevskij e anche a Kafka, a Proust , a Joyce. Però non mi sarebbe dispiaciuto nemmeno scrivere gialli, e che avessero successo. Ho letto una gran quantità di gialli.
Da un po’ di tempo invece i gialli mi annoiano, fatta eccezione per Simenon e Patricia Highsmith.
I generi che preferisco oggi: i cosiddetti classici, anche del 900, con una preferenza per gli autori in lingua inglese rispetto a quegli in lingua italiana, questo soprattutto per la letteratura del 900 e oltre.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Mara Masolini - Preferisco il cartaceo.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Mara Masolini - Questi racconti non sono recentissimi. Risalgono ad alcuni anni fa, certo ho dovuto rivederli per pubblicarli. Nel frattempo credo che la mia scrittura di oggi sia già cambiata rispetto a quando li ho scritti. Mi accorgo che oggi sono più interessata alla lingua che non alla storia da raccontare. Posso dire che alla mia età - ho 63 anni - sono ancora alla ricerca della MIA VOCE.
Con una forte insoddisfazione per il mio italiano. Ecco, anche mentre scrivevo questi racconti, l’insoddisfazione per la lingua c’era. Non so spiegare: è come se sentissi che l’italiano che uso non mi appartiene davvero, non è quello che vorrei usare, non è davvero la mia voce.
Mi piacerebbe saper usare una lingua fatta di più lingue come faceva Gadda, o anche come fa Camilleri.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe "Di notte", se non lo avesse scritto.
Mara Masolini - Per curiosità. Ah, e per la copertina (che non ho scelto io).
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Mara Masolini - Sto scrivendo - ci tengo a scrivere - io dico per trovare la mia voce, la mia lingua. E per quanto riguarda le storie sono attratta da quelle nere, che non sono nemmeno quelle noir e tantomeno quelle horror, ma quelle che hanno a che fare col nero - nero fumo, nero pece - che nel quotidiano, anche banale, secondo me se ne trova a profusione.
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