| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Sulla Libertà”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Cristina Mostacci - Mi è mancata “la libertà”, o almeno quella totale indipendenza dalle saracinesche che troppo spesso si chiudono proprio quando stai per superarle, quando stai per entrare nella tua Arcadia. Mi sono creata, da sempre, una vita in cui la mia scarsa autostima ha partorito un ingannevole ritratto di me stessa: sempre vincente, sempre superiore, sempre ribelle. Sempre perdente, sempre prigioniera di qualcosa o qualcuno, sempre vinta. Una dicotomia difficile da gestire, da accettare.
Così ho cercato di eliminare le pastoie che mi tarpavano la possibilità di vivere a modo mio. Così ho cominciato a chiedermi cosa è in realtà la libertà. Ho cominciato a chiedere cosa essa sia, se esiste, se appartiene alla vita degli esseri. E così mi sono necessariamente imbattuta in altre parole/concetto: illusione, sogno, morte, speranza. (Ci sarà poi la speranza? Non so). E “realtà”.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Cristina Mostacci - La realtà, infatti, ha un’accecante centralità nella vita degli esseri. Produce scontri spesso violenti intrapersonali e interpersonali. La realtà “obbliga”, non dà opportunità di scelta senza porre paletti, senza interferire con la volontà. La realtà è assolutamente egoista, è violenta, è priva di pietas. La realtà è una prigione, anzi è “la prigione”. Ma cosa è realtà?
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Cristina Mostacci - L’uomo preferisce, oggi, tenersi lontano dai “massimi sistemi”. Non ama impegnarsi a pensare. La sua mente funziona sempre più limitatamente entro orizzonti sempre più egotici, banali, materialistici. Cibo. Sesso. Viaggi, Divertimento… e Denaro. Chi dirige le società vuole un uomo intento “a guardarsi i piedi, non il cielo”. Il mio desiderio, espresso nel mio testo, è che l’uomo ritorni a guardare il cielo, a combattere con i suoi pensieri, ma soprattutto ritorni a pensare. Per non trasformarsi in materia informe e in linguaggio da tastiera.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Sulla Libertà”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Cristina Mostacci - Episodi… uno in particolare: leggere le parole dell’e-mail dell’uomo che ho amato da sempre e mai ho avuto, cui avevo solo chiesto se potevamo rivederci. "Tu sei libera. Io no”. Non si può ridurre il concetto di libertà al solo essere o non essere sposati. E comunque da lì è nato il bisogno di “chiarire”. Ma era già presente in me quel bisogno.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Cristina Mostacci - Mi sono formata… Non leggo “tutto” né “di tutto”, ma fondamentali sono stati per la mia mente e per il mio sentire alcuni autori. A parte i romanzieri americani del 900, i classici inglesi e francesi, tedeschi, russi, amo i poeti. Ma i “miei” autori sono stati, sono, Pavese, Vittorini, Calvino, Arbasino, Erri De Luca, Tiziano Terzani fra gli italiani; e poi Camus, Camus, sempre lui. E alcuni filosofi (in realtà tutti quelli cui mi sono accostata), e Hesse, e Laborit su cui ho poggiato il mio razionalismo. E Th. Mann. E Marques e Galeano. E Pessoa. E mi sono avvicinata all’India, alla letterature indiana, quando sono entrata in una comunità per praticare yoga. Ho avuto la curiosità di affrontare il Mahabharata, soprattutto la Ghita. E infine Marguerite Duras e Virginia Woolf.
Sempre accompagnata dalla musica che amo. Ciò che ho letto ha contato. Ma ha contato anche e molto il mio modo di rapportarmi agli altri, ciò che ho “scambiato” con gli altri.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Cristina Mostacci - Sì, c’è la musica soprattutto. La classica del 900 e le ballads d’autore. E il jazz. E gli impressionisti, con i loro tormenti e le loro paci.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Cristina Mostacci - I generi letterari degli autori che ho nominato. Ma anche i testi di filosofia e scientifici, e umoristici (umorismo inglese) e di Woody Allen.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Cristina Mostacci - Il libro cartaceo, che tengo tra le mani, che ha il potere di farmi entrare nella storia che racconta, perché è materia che vive. Perché è un compagno.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Cristina Mostacci - Un rapporto difficile perché non lineare. Costantemente interrotto da ricerca e costruzione (o montaggio). Ma anche molto “visivo”.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Sulla libertà”, se non lo avesse scritto.
Cristina Mostacci - Una forte curiosità e il bisogno di chiarire i punti oscuri del mio pensiero sul soggetto. E la speranza di avere una risposta.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Cristina Mostacci - Sto lavorando ad un testo (titolo provvisorio “Chiara dei sogni”). La donna ha una sua identità? Io non lo credo e cerco di dimostrarlo.
Collana Gli Emersi - Narrativa
pp.48 €12.00
ISBN978-88-591-4471-7
Il libro è disponibile anche in versione e-book
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