| Domanda - Partiamo proprio dal titolo: come mai “Maggiorenni nel Sessantotto”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Lidia Maggioli - Quando nello scorso 2017 si è iniziato a parlare dell'imminente cinquantesimo anniversario della ben nota contestazione giovanile, ho avuto una folgorazione: la mia generazione era giunta al traguardo della maggiore età esattamente nel 1968.
Lo spartiacque per lasciarsi alle spalle infanzia, adolescenza e una prima giovinezza senza veri e propri diritti era stabilito al compimento dei ventun anni.
Così ho iniziato a rivangare nella memoria. Eugenia ha incarnato una bambina di allora e la sua formazione, un cammino segnato da difficoltà più o meno traumatiche, contrasti, aspirazioni, cambiamenti.
Gli argomenti fondamentali di questo mio romanzo sono la fatica di crescere in un contesto arretrato, con una realtà sociale segnata dal passato regime e dalla guerra, una famiglia in bilico tra vecchio e nuovo e una scuola gravata da pesanti fardelli culturali, incapace di dar voce ai bambini.
D'altra parte, l'abbandono del paese e della campagna che si verifica all'inizio degli anni Sessanta in concomitanza con il boom economico, comporta un nuovo travaglio e un insidioso senso di perdita.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Lidia Maggioli - Sicuramente la realtà ha inciso sulla scrittura e sulle dinamiche del racconto, che tuttavia non è autobiografico in senso stretto. La distanza temporale ha fatto sì che nella memoria e nella coscienza si sia depositato un vissuto più complesso rispetto a quello strettamente personale. Il risultato è un unico caleidoscopio a molte facce.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Lidia Maggioli - Se possibile, la scrittura non deve mascherare il sentire. Per quanto mi riguarda vorrei far percepire la genuinità di ciò che racconto. Nel merito, mi pare che troppo spesso l'adulto perda il contatto con i suoi primi anni, mentre va salvata proprio la promessa dell'infanzia, quell'innocenza ideale, se non reale.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Maggiorenni nel Sessantotto”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Lidia Maggioli - Un episodio che mi commuove e mi fa sorridere è la prova d'esame di quinta elementare con la sciorinata dei temi “liberi” che rispecchiano la condizione di ogni bambino. C'è poi la prima vera ribellione scolastica di Eugenia, quella nei confronti dell'insegnante di lettere che la deride per un'espressione scritta approssimativa senza rendersi conto che il testo rivela precoci doti espressive. Ho in mente anche il dialogo muto tra l'esimio professore di Filosofia antica e la studentessa qualunque che vorrebbe sfidarlo sul piano dei rapporti umani.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Lidia Maggioli - Mi sono formata sulla letteratura classica e su quella del Novecento, soprattutto europea e americana. Ho trascurato colpevolmente il mondo asiatico, spero di rimediare. Melville è ancora una fonte di ispirazione e un punto di riferimento. Stesso discorso per Salinger. Gli autori che ho apprezzato ultimamente sono Roman Gary, Erri De Luca e Mariapia Veladiano.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Lidia Maggioli - Amo la pittura e la musica, discipline preziose per chi pretende di creare una pagina letteraria, visto che il racconto passa spesso dal piano descrittivo a quello emotivo/evocativo.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Lidia Maggioli - Mi piace leggere. I miei interessi sono diversi, vanno dalla narrativa - per adulti e per ragazzi - alla storia, alla memorialistica.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Lidia Maggioli - Preferisco il libro cartaceo. Se ne ho apprezzato la lettura, lo conservo con le mie note a matita e l'immancabile segnalibro.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Lidia Maggioli - Come per gli altri miei lavori scritti, le riletture hanno comportato più tempo della stesura del testo. E' ben difficile che una pagina o un brano mi soddisfino così come sono nati. La ricerca dell'efficacia e di espressioni non ripetitive, l'esigenza di non lasciare ambiguità, di rispettare una misura, un ritmo, una musica, tutto questo richiede un paziente lavoro di lima.
Domanda - Un motivo per cui comprerebbe “Maggiorenni nel Sessantotto” se non lo avesse scritto.
Lidia Maggioli - Il disegno di copertina è accattivante. Comprerei il libro perché lo si può infilare in borsetta ed esaurire in un viaggio in treno neanche troppo lungo.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Lidia Maggioli - Il “prossimo futuro” si è già realizzato! A una settimana dall'uscita di “Maggiorenni nel Sessantotto” ha visto la luce il mio romanzo per ragazzi “Sognando il cavalluccio marino”. In un futuro più lontano spero di portare a termine un nuovo romanzo per adulti già abbozzato. Questa volta la protagonista è una donna trentenne, nubile, che vive in una piccola città del Nord e condivide faticosamente l'appartamento con la madre. A impedirle di andarsene di casa sono la precarietà del lavoro, il legame ambivalente con la congiunta - che predilige il figlio maschio, campione di egoismo - e un senso di colpa autodistruttivo. L'ennesimo litigio domestico sarà la molla per una decisione dai risvolti imprevedibili.
Collana Gli Emersi - Narrativa
pp.100 €12.00
ISBN978-88-591-4841-8
Il libro è disponibile anche in versione e-book
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