| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Un abbraccio lungo una vita”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Luisa Marini - Ci sono dei modi di dire che ci restano impressi nella mente in modo indelebile, soprattutto se sono appartenuti ad una persona a cui siamo stati profondamente legati. Questo è accaduto a Giulia, la protagonista del romanzo, che fin da bambina è cresciuta sentendosi ripetere, affettuosamente, dal papà: “Diamoci un abbraccio dei nostri: un abbraccio forte, perché deve bastare per tanto tempo”. Il titolo, oltre a rievocare il leitmotiv dell’infanzia di Giulia, riassume il desiderio primario della stessa di ricostruirsi una famiglia e degli affetti solidi per sopperire al vuoto lasciato da legami molto profondi che lei ritiene di aver irrimediabilmente perduto. In realtà, grazie ad un percorso di psicoterapia e ad un suo cammino introspettivo personale, si renderà conto che “l’amore resta per sempre”. Si può continuare ad amare una persona nel ricordo e si può ricucire un rapporto che si credeva irrecuperabile. Bisogna imparare ad immedesimarsi negli altri per comprendere le loro ferite, riconsiderare gli eventi coi loro occhi, perdonare e perdonarsi.
E’ un romanzo sugli affetti: sul legame a volte controverso tra genitori e figli, sul rapporto speciale tra fratelli, sull’amicizia e sull’amore con la A maiuscola, quello perduto e quello ritrovato.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Luisa Marini - La mia esperienza di avvocato civilista mi ha permesso di conoscere molte persone vittime di angherie sul lavoro e diverse dinamiche descritte nel libro sono la trasposizione di alcuni di questi racconti, alternati ad episodi di pura fantasia.
Autobiografiche sono, invece, rispettivamente la descrizione di Manarola, che frequento da anni in quanto vi abitano amici a me particolarmente cari, e Capo Verde.
Sono stata a Capo Verde l’anno scorso insieme all’Associazione Amses Onlus, per visitare tutti i progetti realizzati dell’Associazione nel territorio. Sono rimasta particolarmente colpita dal progetto Casa Accoglienza Manuela Irgher ed è per questo motivo che ho deciso di devolvere tutti gli introiti a me destinati dalla vendita di questo romanzo ad Amses Onlus (www.amses.it)
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Luisa Marini - Ho voluto dare voce a tutte quelle persone che hanno sofferto soprusi senza trovare giustizia, per sollevare l’attenzione su di un tipo di violenza troppo spesso ignorato dai media. La violenza psicologica non solo è più difficile da dimostrare, ma è anche quella che lascia cicatrici più profonde nell’anima e per questo andrebbe tutelata con norme più efficaci.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Un abbraccio lungo una vita”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Luisa Marini - Sono particolarmente legata a tre episodi del romanzo:
- L’incontro tra sogno e immaginazione tra la protagonista, il papà ed il fratello in quanto costituisce un punto di svolta per la prima per riuscire finalmente ad accettare il proprio passato e guardare avanti con rinnovata fiducia nella vita.
Quella del commiato è, per mia esperienza personale, la fase sicuramente più difficile e delicata nell'elaborazione del lutto: chi resta, con il tempo ricomincia, fisiologicamente, a sentire il bisogno di continuare a vivere ma questo desiderio è, spesso, causa di un forte senso di colpa verso chi ci ha lasciato. Superare la fase del senso di colpa è indispensabile per riuscire ad elaborare il lutto. Non c’è un modo valido per tutti per riuscire a farlo, ognuno deve attingere alle proprie risorse e al proprio vissuto personale. Ho perso mia mamma quando ero ragazzina e, nel mio caso, è stata mia madre stessa ad aiutarmi a fare questo passo, chiedendomi di prometterle che non mi sarei fatta travolgere dal dolore, che non avrei permesso che la sua morte condizionasse la mia vita e che, soprattutto, avrei fatto di tutto per realizzarmi come persona, tornando ad essere felice anche senza di lei. A distanza di quindici anni dalla sua morte ho scritto un racconto sul nostro commiato intitolato, appunto, “La Promessa” pubblicato da Utet Editore nella collana “Da qui in poi”.
- La scoperta, da parte della protagonista, dell’esistenza della spiaggia nera a simboleggiare che neanche la morte può spezzare l’amore e l’affetto profondo che hanno unito, in vita, le persone. L’amore rimane per sempre, bisogna soltanto trovare altre modalità, quali il silenzio e la meditazione, per percepirlo dentro di sé e continuare a tenerlo sempre vivo nel proprio cuore. Quando ho perso mia mamma, di grande consolazione sono stati, per me, i versi di una poesia che qui riporto. Il contenuto di questa poesia rispecchia la presa di coscienza cui arriverà la protagonista del mio romanzo alla fine del suo percorso introspettivo.
L’Arrivederci
“Solo sono andata nella camera accanto,
Io sono io.
Voi siete voi.
Tutto quello che ero per voi lo sono sempre.
Chiamatemi con il nome con cui mi avete sempre chiamata,
parlate di me come l’avete fatto sempre.
Non usate un tono diverso.
Non assumete un’aria solenne o triste.
Continuate a ridere di tutto quello di cui ridevamo insieme.
Sorridete, pensatemi, pregate per me.
La vita è quello che era e sempre lo sarà.
Il filo non si è spezzato.
Come potrei essere lontana dalla vostra vita,
solo perché sono lontana dalla vostra vista?
Io sono qui,
vi aspetto,
sono solo dall’altro lato del cammino.”
Charles Peguy
- L’abbraccio tra la protagonista e la mamma, a testimoniare che, nella vita, nulla è mai perduto veramente ma c’è sempre la possibilità di rimediare: basta solo perdonare e perdonarsi. Si può sempre ricominciare. Non è mai troppo tardi.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Luisa Marini - Apprezzo molto i libri di Massimo Gramellini: “ L’Ultima riga delle favole”, “Avrò cura di te” ma quello che ho, in assoluto, più amato è “Fa bei sogni”, che ammetto di aver letto più volte. Mi sento molto legata a questo scrittore per aver perso, anch’io, mia mamma in giovane età, nel mio caso per un tumore al pancreas, e ho da sempre un grande rispetto e una grande ammirazione per chi ha condiviso questa esperienza difficile, in quanto sono convinta che certe prove, nella vita, rendano le persone più umane e più sensibili.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Luisa Marini - Mi piace molto il cinema e ho amato particolarmente questi tre film, molto diversi tra loro ma tutti incentrati sui sentimenti e i rapporti umani :
- “Voglia di tenerezza” di Johnny Freak
- “Allacciate le cinture “ di Ferzan Ozpetek
- “La stanza del figlio” di Nanni Moretti
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Luisa Marini - Mi piacciono i thriller di Camilla Lackberg, ma i romanzi restano la mia passione.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Luisa Marini - Preferisco il libro cartaceo, perché adoro il contatto con la carta. Mi piace sottolineare le frasi che mi colpiscono e mi affascinano di più. Ammetto, tuttavia, di essermi convertita, anch’io, al kindle soprattutto durante le vacanze estive per occupare meno spazio in valigia.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Luisa Marini - Ho sempre amato moltissimo scrivere. E’ una passione che mi ha trasmesso la mia maestra delle elementari. Fin da bambina ho sempre avuto molta fantasia. Scrivo di getto, entrando in pochi minuti in un mondo tutto mio, al punto da arrivare ad isolarmi completamente dal mondo esterno. Il mio nemico è il tempo. Tra la professione di avvocato, la famiglia con i miei due figli, scrivere è diventato un lusso che posso concedermi solo alla sera tardi, quando i bambini dormono. Ho scritto “Un abbraccio lungo una vita” in due mesi, complici i mesi estivi durante i quali i bambini, non andando a scuola, non avevano l’assillo di svolgere i compiti per il giorno dopo e io di doverglieli correggere. Scrivere è la mia passione, è come iniziare, ogni volta, un viaggio sempre nuovo.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Un abbraccio lungo una vita”, se non lo avesse scritto.
Luisa Marini - Prendo spunto, per rispondere, da un commento pervenutomi da una mia lettrice che non ho avuto il piacere di conoscere personalmente, ma che mi ha profondamente gratificata.
“E’ un libro che riesce a donare, a chi sta subendo o ha subito ingiustizie, la speranza di un futuro, la voglia di rialzarsi in piedi per farcela con le proprie forze, il percorso da seguire per una “rinascita”, la certezza che non è mai troppo tardi per ricominciare.”
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Luisa Marini - Sì. In questo momento ho iniziato a scrivere la storia di una famiglia alle prese con l’adolescenza tanto burrascosa, quanto inaspettata della figlia. Anche questo è un romanzo sugli equilibri famigliari non sempre facili e in continuo divenire.
Collana Gli Emersi - Narrativa
pp.188 €12.00
ISBN978-88-591-4422-9
Il libro è disponibile anche in eBook
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