| Domanda: Partiamo proprio dal titolo, come mai “Anomia”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Rita - Maria La Boria: “Anomia” parte da lontano, quando, da ragazza, avevo intitolato così una poesia, che era anche diventata, per gioco, una canzone.
Mi piaceva l’idea di riprendere questo titolo a distanza di molti anni e di contestualizzarlo al momento presente.
Con “Anomia” non si fa riferimento all’“assenza di norme” di connotazione sociologica, piuttosto alla prerogativa del pensiero di essere svincolato da qualsiasi tipo di obbligo normato.
Il pensiero è l’emblema dell’inviolabilità, dell’inaccessibilità al mondo, della non sanzionabilità. Quindi, forse, è l’ultimo baluardo di libertà individuale.
Ma “Anomia” è anche un deficit linguistico che compromette la capacità di denominare oggetti di uso comune, riconosciuti nella loro funzione, ma non nella loro denotazione lessicale. Queste due accezioni del termine mi hanno incuriosito perché rappresentano una sfida; il pensiero, nel momento in cui si traduce in parole, viene, più o meno involontariamente, tradito sia da chi lo esprime che da chi lo coglie.
Poter usare parole che non connotino esattamente, ma interpretino e siano a loro volta interpretabili, è stato un modo di proporre, soprattutto nel secondo capitolo, un doppio livello di decodifica: uno più letterale ad uso di chi legge, l’altro più simbolico, da parte dell’autrice. Il linguaggio utilizzato in “Attimi erranti”, pertanto, prova ad esprimere il pensiero senza renderlo del tutto palese. La scrittura si fa a tratti meno accessibile perché interpreta il viaggio interiore nella “Terra di mezzo”, età di certezze acquisite che rassicurano, ma che talvolta limitano l’errare, l’andare oltre. Qui, il termine “Anomia” assume il suo significato più fondante, in quanto si esprime con la possibilità di scrivere usando un lessico meno consueto e comprensibile, che salvaguardi la parte più intima dei sentimenti, delle emozioni e dei pensieri, celandoli e proteggendoli. La comprensione diventa meno immediata, più complessa e forse neanche del tutto necessaria.
Il primo ed il terzo capitolo del libro “Voci d’intorno”e “Scorci di vita” tratteggiano visioni di realtà ed utilizzano una scrittura forse più fruibile, dalla decodifica più immediata, più vicina all’autenticità del pensiero ed alle emozioni da esprimere.
Domanda: Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Rita - Maria La Boria: Direi che ha inciso molto sia nel primo che nell’ultimo capitolo, meno nel secondo, anche se ci sono riferimenti concreti a temi d’attualità come la violenza di genere o sui bambini, ai migranti, alla guerra, alla privazione della libertà di pensiero e di opinione.
Domanda: La scrittura come valore testimoniale; cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Rita - Maria La Boria: In un periodo in cui la velocità si accompagna spesso alla superficialità ed alla fretta, in cui non si approfondisce niente e tutto è raggiungibile con un click, la manipolazione del pensiero è un rischio più che contemplabile. Inoltre, spesso, l’imperante atteggiamento voyeuristico da social ci porta a grufolare tra le parole altrui, ad origliare bisbigli e sussurri, per poi arrogarci il diritto di commentare e giudicare qualsiasi cosa, anche senza cognizione di causa.
Ecco, in questo contesto, con il mio libro ho provato a salvare:
- il valore della ricerca, della profondità nell’approccio alla comprensione di se stessi e del mondo, pur nella salvaguardia di una semplicità di fondo che non sia banalità;
- la valorizzazione del libero arbitrio, dell’indipendenza del pensiero, della libertà di espressione;
- il pudore dei sentimenti e delle emozioni, espressi, sottintesi, ma mai urlati;
- la riscoperta dell’età come di un “passaggio di tempo”- (cit De Andrè) e come opportunità di crescita e di consapevolezza, anche attraverso la mediazione della musica, dell’arte, della scrittura e della lettura;
- i valori dell’autenticità e dell’onestà intellettuale anteposti alle pose e ai manierismi di facciata;
- il rispetto e la fedeltà verso se stessi, la coerenza del dire e del fare, quando non diventino sinonimo di chiusura al cambiamento;
- l’utilizzo di un linguaggio che provi a valorizzare la bellezza delle parole, ne esprima il suono, la musicalità, prediliga i silenzi delle pause all’eccesso di punteggiatura.
Domanda: A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Anomia”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore, come li descriverebbe?
Rita - Maria La Boria: Il primo episodio è senz’altro l’inizio casuale, la ripresa della scrittura dopo tanti anni, stimolata dalla richiesta di un gruppo di coetanei, di comporre una preghiera per una festività locale. Data l’impossibilità per me, atea, di poterlo fare, la preghiera è stata sostituita con la poesia “Noi”.
Devo ringraziare questa esperienza umanamente unica che ha portato alla rottura degli argini, all’esondare di un fiume in piena che, per il momento, non si arresta. A seguire, l’incoraggiamento della mia famiglia e di un carissimo amico a continuare a scrivere ed infine a partecipare al Premio Internazionale.
A coronamento, il regalo prezioso ed insperato, da parte di mia figlia Ilaria, di un suo disegno per la copertina.
Domanda: Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Rita - Maria La Boria: Per quanto riguarda la poesia, non ci sono uno o più autori cui mi ispiro, perché sarebbe pretenzioso, anche se prediligo Ungaretti. La curiosità e la necessità di conoscere mi porta a spaziare: da Baudelaire a Lee Masters, da Pessoa a Neruda, da Merini a Milo De Angelis, solo per citarne alcuni.
Domanda: Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Rita - Maria La Boria: Senza dubbio la musica d’autore, da Tenco a De Gregori, da Guccini a Fossati, da Vecchioni a Battiato, da Gaber a Lolli, fino ai più recenti, meno conosciuti e talentuosi come Luigi Mariano, raffinato cantautore salentino o Giulio Casale, artista completo che spazia dalla poesia, al romanzo, dalla prosa ai testi teatrali, dalla canzone rock a quella più intimista.
In particolare, soprattutto e sopra a tutti, il canzoniere di De Andrè, caratterizzato dalla ricerca continua di quell’umanità smarrita da accogliere e da non giudicare (la pietas deandreiana) ha accompagnato la mia vita e sicuramente ha influenzato molte delle mie scelte. La ricerca certosina delle parole che fa De Andrè, la loro esatta collocazione nel verso, la loro musicalità, anche senza la melodia, mi hanno sempre affascinato.
Amo l’essenzialità in poesia, nella musica e nell’arte, l’eleganza e la semplicità, che non significano banalità o pochezza espressive.
Domanda: Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Rita - Maria La Boria: Quando si tratta di lettura sono un po’ bulimica e disordinata. Leggo thriller e romanzi d’amore, storici, fantasy, biografie.
Amo le saghe della Allende e di Pennac, ma anche Baricco e De Luca, Malvardi e Camilleri, Giordano e Ammanniti o ancora i romanzi storici di Manfredi, per fare degli esempi.
Traggo spunto anche da fatti di cronaca, dall’attualità, da interviste o film.
Domanda: Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Rita - Maria La Boria: Preferisco il libro tradizionale perché ho l’abitudine, che alcuni puristi aborriscono, di prendere note a margine, di sottolineare, di cerchiare.
Mi piace l’odore dei libri freschi di stampa, ma anche quello polveroso dei libri vecchi e ingialliti. Mi piace maneggiarli, accatastarli, spostarli. Non riesco a buttarne via nessuno, mai.
Uso anche il libro digitale per la sua comodità e per la possibilità di contenere molti testi contemporaneamente. Ma è una scelta funzionale e non emotiva.
Domanda: Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Rita - Maria La Boria: All’inizio è stato qualcosa di compulsivo e d’inarrestabile che ha trovato successivamente una sua misura ed un suo equilibro.
Le poesie nascono prevalentemente di sera e spesso di notte; le appunto sul notes dello smartphone e poi le riprendo a computer. Raramente, quasi mai, sul foglio di carta.
Quello della scrittura, che ancora fatico a chiamare poesia, era ed è un momento molto intimo, in cui cerco ancora me stessa; alle volte mi ritrovo, altre no.
In ogni caso è un’esigenza ormai imprescindibile.
Domanda: Un motivo per cui lei comprerebbe “Anomia” se non lo avesse scritto.
Rita - Maria La Boria: “Anomia” parte dal concetto di “assenza” che non è automaticamente sinonimo di mancanza o privazione; antepone il dubbio alla certezza, la possibilità alla certezza, la domanda alla risposta.
In realtà, il libro è un tentativo di percorrere un viaggio che ricerchi ed accolga i sentimenti e le emozioni più vere, discostandosi, o tentando di farlo, da banalità e da sterili luoghi comuni. È la scelta di recuperare valori bistrattati da un’umanità che spesso ha smarrito i propri punti di riferimento, non necessariamente quelli normati dalla morale comune o dalla religione, ma anche semplicemente quelli percepiti e vissuti secondo l’individuale spiritualità laica di ognuno.
Domanda: Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Rita - Maria La Boria: Ho molte poesie nel cassetto, qualche progetto di contaminazione con artisti di discipline diverse, qualche piccola collaborazione.
Si vedrà.
Collana Gli Emersi - Poesia
pp.112 €12.00
ISBN 978-88-591-4153-2
Il libro è disponibile anche in versione e-book
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