| La poesia, nell’immediatezza delle sue immagini, può ben essere definita fotografia della realtà, che l’artista analizza attraverso l’obiettivo della propria sensibilità, elabora grazie alla propria fantasia e stampa, per così dire, per mezzo della propria capacita linguistico-espressiva. La raccolta di poesie di Nicola Comberiati, è dunque un reportage fotografico di anni ed anni di vita, che l’autore ha organizzato, va da sé, seguendo un filo conduttore.
Ed è lo stesso autore a scrivere che il filo conduttore della sua poesia è il tentativo di superare il finito, la tensione all’oltre. Tensione peraltro assolutamente laica, che può a tratti ricordare la ricerca montaliana del “varco”, sia attraverso il vissuto personale sia attraverso un esame spassionato e spesso ironico dei miti e dei riti della società contemporanea.
La narrazione poetica di Comberiati ha sempre il sapore di un discorso tra pari e non assurge mai a toni didascalici o, peggio, retorici. Ė, al contrario, storia di vita quotidianamente vissuta con ordinario eroismo, sia che tratti dell’intenso e mai retorico estremo saluto alla compagna scomparsa, sia che esamini con tenerezza il rapporto educativo con i suoi allievi.
Sarebbe però un errore scambiare la pacata ironia di Comberiati con l’atteggiamento distaccato di tanti intellettuali: quando affronta temi come l’insulsa kermesse elettorale o le contraddizioni di una Chiesa spesso in contrasto tra forma e sostanza o ancora l’inconsistenza morale di una società fatua e narcisista, l’autore ripone il fioretto della sottile ironia e brandisce la sciabola del sarcasmo, senza risparmiare caustiche osservazioni ed efficaci affondi. Valgano ad esempio la folgorante definizione della Resistenza ridotta a “gita domenicale fuori porta” o la considerazione di una teologia “nemica della povertà e dell’uguaglianza”.
Quanto alla narrazione del proprio vissuto Comberiati non smentisce una capacità di sintesi che definirei empatica; ne sono testimonianza la compagna scomparsa, trasfigurata in “voce di melodia infinita tra le mille note di gesti quotidiani”, l’adolescente autistico per cui si continua a sognare un mondo colorato, la nativa Petilia trasformata, nel sogno, in un crocevia di etnie ed in un crogiolo di pace e d’arte.
L’invito ai lettori è dunque quello di accostarsi a questo reportage di vita con lo stesso spirito con cui esso è stato concepito, uno spirito di grata meraviglia per quanto l’umana avventura ci offre giorno per giorno, senza arroccarsi nelle proprie presunte sicurezze ma lasciandosi condurre dall’autore alla scoperta di quella meravigliosa avventura che è la vita.
Buona lettura.
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