| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Emotivato”
Francesco Ricci - Emotivato è, come già anticipato nella quarta di copertina del mio libro, un termine che non esiste, ma che ricorre. Credo che noi tutti viviamo in una sorta di connessione mentale silente. Una cosa simile alla telepatia, per capirci. Al di là del fenomeno -Social Network- massivo e attivo dal punto di vista comunicativo, la connessione silente ci unisce indirizzandoci verso dei punti di confronto condiviso. Dico questo perché da quando ho iniziato a parlare del titolo del mio libro alle persone a me più vicine, e poi via via allargando a quelle loro collegate, ho notato una certa dimestichezza con la parola Emotivato. Perlopiù ascoltarlo provoca uno sguardo sornione e comprensivo. Come se lo avessero sempre usato come usano altre parole tipo cane o ombrello. Allora ho pensato che, quando ci si trova in un gruppo che comprende uno stesso termine che non esiste nel vocabolario comune, beh allora è nato qualche cosa di nuovo e di diverso. E allora è necessario divulgare e approfondire.
Domanda - Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Francesco Ricci - La necessità di fermarsi e riflettere. Avere la libertà di autosospendersi dal giogo della quotidianità scandita da doveri, scadenze, apparenze. È questo il punto.
Constatando come l’accelerazione del mondo informatico abbia prodotto si una nuova libertà (e mi riferisco alla libertà di potersi informare, comunicare, confrontare e quindi crescere organicamente nella società); constato anche che questa stessa accelerazione ha generato, almeno per i miei gusti, un sovraccarico di velocità, overspeed in inglese.
In overspeed si rischia di fondere il motore se non lo si lubrifica o raffredda a dovere.
Quindi tutto troppo veloce, sarà l’età, ma sono un fermo sostenitore del rallentare, osservare, riflettere.
Ecco, questo è ciò che vorrei accadesse leggendo il mio libro, al di là delle storie e della prosa che racconto, vorrei che il lettore si riprenda il suo spazio e che si perda pensando al rallenty. Se poi ciò che legge gli da anche lo spunto, beh allora l’obbiettivo è raggiunto.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Francesco Ricci - La realtà nella scrittura….. sì beh: credo che scrivere sia uno degli strumenti per reinventare la realtà. Come dipingendo, o come scolpendo marmo. La libertà che si esercita nello scrivere, risiede proprio nella possibilità di manipolare la realtà delle cose con impudenza quasi bambinesca, e mixare. Miscelare quindi fantasia, proiezioni, angosce e sogni nel mortaio della carta stampata, diviene quindi un esercizio creativo irreale, che può divenire reale a seconda delle attitudini personali del lettore. Quindi, a meno che non si tratti di un trattato o di un report giornalistico, e non è questo il caso, di reale non c’è nulla, fatto salvo per “Anima Strappata”, lì il dolore è mio ed è reale.
Vivo nel reale, e nel reale osservato invento nuovi sentieri da percorrere.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Francesco Ricci - Come le ho appena detto, il punto non risiede in ciò che è scritto nel libro, ma in ciò che provoca nel leggerlo. Non sono in grado di poter “adire” a lasciare pensieri che resistano al tempo. Il tempo, che personalmente è un particolare, è cosa di cui è più saggio lasciar parlare chi di filosofia s’intende.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Emotivato”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore, come li descriverebbe?
Francesco Ricci - Come le dicevo rispondendo alla sua prima domanda, l’episodio che più mi ha colpito è stato proprio questo universale riconoscimento di un termine che, di per sé, evoca un momento di nostalgica riflessione. I visi, le espressioni che ho letto sui volti delle persone che attendevano il mio “ho intitolato il mio libro così perché…”, erano sì incuriosite, ma di fondo attendevano una risposta avendola già ben a mente, almeno mi è parso. Magari erano soltanto volti paralizzati dalla mia spiegazione del tutto visionaria e lontana anni luce dai loro pensieri, oppure per semplice cortesia.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Francesco Ricci - Il percorso è lungo e nasce dalle prime letture di gioventù, in cui mi sono cibato avidamente di fumetti (come tutti quelli della mia generazione) del calibro della coppia Jodorowsky e Moebius nella saga dell’Incal, Andrea Pazienza, Francisco Solano Lòpez e a seguire quindi l’Eternauta, Pratt, Frigidaire….
Per la letteratura mi sono rimpinzato di autori come Bukowski, Kerouac, Asimov, Jeff Noon, Tom Robbins, Douglas Adams, Burgess, Pennac, per poi passare in tempi più recenti a McEwan, Will Self, Amis, Ellroy, Thirlwell, e poi, con un doppio carpiato, Seneca, Balzac, Orwell e E.A.Poe.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Francesco Ricci - Decisamente sì.
Dal mondo della musica, ho passato giornate intere a tradurre lo slang politico dei testi di Zappa; mi sono perso nei disegni di Giger, sulle tele di Pollock, Hopper, Dalì, Basquiat... il Bahuaus…e I Bauhaus… il gruppo post-punk, intendo...
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Francesco Ricci - Ultimamente mi sto avvicinando alla poesia come forma espressiva immediata. Mi spiego: trovo che il verso poetico sia più vicino alla mia necessità di immediatezza nel comunicare. Inoltre mi è più facile giocare con costruzioni al limite dello sgrammaticato, mantenendo tuttavia quella vaghezza nei significati, che lascia una certa libertà al lettore nell’intendere il verso in sé.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Francesco Ricci - Il cartaceo sul divano a casa, il digitale in fila alla posta.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Francesco Ricci - Con la scrittura ho un buon rapporto, altrimenti non la praticherei. Ho tentato di assemblare il libro come lo si farebbe con un buon disco, sistemando rif scatenati tra fasi psichedeliche e ballate pop.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Emotivato” se non lo avesse scritto.
Francesco Ricci - Senza ombra di dubbio la copertina… anche se il termine di per sé attira di suo.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene un’anticipazione?
Francesco Ricci - Per ora sono in attesa di commenti feroci a questa mia prima produzione. Nel frattempo mi cibo di altri autori e sto mettendo giù delle idee per un giallo psicologico-dimensionale…che di per sé non vuol dire nulla… ma rende l’idea… mi deve perdonare, ma cedo spesso all’autoironia.
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