| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “CHICCO DI NASO”? Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo romanzo?
Claudio Orsi - Quando, prima della sua pubblicazione, annunciavo il titolo che avrei dato al mio romanzo, molti strabuzzavano gli occhi, pensando ad un errore: "Chicco di naso? Ma non ha alcun significato!" Entrando nel vivo del racconto però il significato il lettore riesce a trovarlo, imbattendosi fin dalle prime pagine nella storia di un chicco di granturco che un bambino di due anni si è infilato nel naso. E' da quella semina molto particolare che si dipana la storia, fatta da rapporti familiari segnati da grande amicizia, da amori tormentati e malattie incurabili. Sarà il nonno del bambino, raccogliendo dopo due giorni il "Chicco di naso" a valorizzarlo per ridare fiducia al futuro di due famiglie sfortunate.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Claudio Orsi - Totalmente. Non riuscirei a narrare e descrivere con partecipazione e sentimento esperienze che non ho vissuto e che non mi hanno coinvolto. La scansione temporale del romanzo va dal 17 aprile 1960, domenica di Pasqua, al 1° maggio dello stesso anno. A quel tempo io ero un ragazzino di dieci anni e oggi, nello scrivere, ho recuperato la memoria delle persone e dei fatti di quel tempo, fino alla morte di mio padre, a cui è dedicato il romanzo. La storia del "Chicco di naso" è accaduta realmente: durante una partita di tombola in casa nostra, mio fratello Massimo si infilò un chicco di granturco in una narice, facendolo scomparire. Solo due giorni più tardi con un grande starnuto riuscì a farlo uscire fuori. Partendo da quell'episodio ho voluto immaginare cosa sarebbe accaduto se quel chicco uscito dal naso fosse stato seminato. E questo è quello che succede nel romanzo, nella parte immaginaria della mia autobiografia, con un epilogo dai risultati sorprendenti che mi ha dato grande piacere scrivere, perché è in quella parte della storia che ho potuto conquistare e realizzare la rivincita e la riscossa della mia famiglia sulla prematura disgrazia che l'aveva colpita.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Claudio Orsi - Sicuramente una parte della storia della mia famiglia, ma anche le tradizioni contadine dei coltivatori e dei mezzadri veneti che popolavano la bonifica pisana negli anni '60. Non è un caso che una parte dei dialoghi li abbia scritti in dialetto veneto: quando frequentavo le elementari a Coltano, vicino a Pisa, dove il romanzo è ambientato, la maggior parte delle famiglie dei miei compagni vantava origini venete e veneta era la lingua che era parlata in classe dai più. La crisi agraria degli anni '70 ha poi sconvolto quella comunità ed oggi il numero delle famiglie portatrici di quella cultura e di quella lingua che ancora vivono e lavorano nella bonifica pisana rappresentano solo una piccola testimonianza.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il romanzo “CHICCO DI NASO”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Claudio Orsi - Come dicevo il romanzo ha una scansione temporale quotidiana. Ogni giorno, dal 17 aprile 1960, domenica di Pasqua, al 1° maggio dello stesso anno, c'è un episodio che dà vita e continuità al racconto, fino all'epilogo che disvela lo scenario futuro. Ogni episodio quindi ha la sua importanza: se devo scegliere a me rimane molto caro il rapporto che si sviluppa tra nonno e nipote, i lunghi silenzi tra loro che si sciolgono poi in dialoghi intrisi di tenerezza e umorismo involontario. Mi è piaciuto descrivere anche le dinamiche familiari, come quelle della famiglia Bardi, dove un padre burbero e prepotente alla fine si piega alle richieste della figlia e alle minacce della moglie. Infine la visita in ospedale del giovane Vincenzo al padre ammalato. Un racconto che ogni volta che lo leggo, ancora oggi riesce a commuovermi.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Claudio Orsi - Per fortuna la letteratura ci offre una vastità di fonti di fascino e ispirazione, sia per chi ama leggere, sia per chi vuole provare il fascino e la gioia di calarsi nei panni dello scrittore. Ho amato molto Pier Paolo Pasolini, ma l'autore che più mi ha spinto alla scrittura è Maurizio Maggiani: il suo Màuri Màuri raccoglie per me le pagine più belle, tenere e commoventi del '900 italiano. Poi Orhan Pamuk nel suo La valigia di mio padre offre spunti di ispirazione seducenti per chi si accinge a scrivere per parlare si sé e delle storie della propria famiglia.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Claudio Orsi - Il romanzo è attraversato da continue citazioni musicali: la musica e le canzoni del 1960 fanno da colonna sonora portante del racconto, insieme ai suoni e ai canti arabi che accolgono il Commissario Giammona nel corso della sua indagine a Marrakech. Ogni capitolo potrebbe avere un suo commento musicale che ho immaginato e qualche volta ascoltato durante la scrittura. Il video trailer del romanzo ha come colonna sonora Il cielo in una stanza cantata da Mina ed è proprio la figura di Mina Mazzini che si incontra in una delle prime pagine del racconto. Per me la musica ha la stessa importanza e valore della scrittura, per questo tengo molto anche alla mia attività di musicista che curo e coltivo con serietà e passione.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Claudio Orsi - Rispetto e prendo atto dell'importanza delle nuove tecnologie, ma il fascino della pagina scritta con l'inchiostro rimane per me insostituibile.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Claudio Orsi - Sono stato bene. L'idea di scrivere un romanzo è maturata in uno dei momenti più sereni della mia vita. Quei rari momenti in cui ti sembra che tutto scorra liscio e per questo ti senti in pace con il mondo. Le prime cento pagine le ho scritte di getto, in poche settimane. Poi la costruzione ultima del testo e la necessità di rendere il tutto organico e coerente ha richiesto più tempo ed impegno, ma ho portato a termine il lavoro senza fatica.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “CHICCO DI NASO” se non lo avesse scritto.
Claudio Orsi - Lo comprerei perché ne sento parlare bene da chi conosco e stimo. In diversi, appena finito di leggerlo, mi hanno telefonato dicendomi: "Claudio, ma sei uno scrittore vero... Mi hai fatto ridere, mi hai fatto sorridere, mi hai fatto piangere... Il tuo racconto mi ha aperto un mondo... Il tuo romanzo mi ricorda molto lo stile pulito e scorrevole del Vasco Pratolini de Lo scialo". E così via. Per questo lo comprerei, per poterne parlare bene anch'io.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Claudio Orsi -La frase di chiusura di "CHICCO DI NASO" recita: "E il '68 ormai era alle porte". Ecco, sto ripartendo da lì, da quella frase finale, da quella stagione di lotte e di speranze giovanili, per dare un seguito convincente a questa mia autobiografia immaginaria.
Lucca, febbraio 2017
Collana Gli Emersi - Narrativa
pp.212 €12.00
ISBN 978-88-591-3749-8
Il libro è disponibile anche in versione e-book
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