| “Max miliardario”, “Vivere alla grande”, “Milioni super cash”, “20 X, moltiplica i premi fino a 20 volte”: sono alcuni dei nomi, fantasiosi e seducenti, dell’ormai famoso “Raschia e vinci” che promette vincite fino a 7.000.000 di euro. E il popolo dei raschiatori sogna, s’ingrossa a dismisura e fa la felicità dello Stato, che guadagna una montagna di soldi. Sono tanti quelli che hanno voglia (e il bisogno) di tentare la fortuna, e sono sempre lì, nei bar, nelle stazioni, nelle tabaccherie, sui pullman, con la monetina in mano, a raschiare, sperando di trovare la schedina con i quattordici miliardi delle vecchie lirette. Nella stragrande maggioranza dei casi, però, si tratta di qualche euro, tanto per alimentare la speranza e accentuare l’attrazione. D’altronde le vincite modeste e frequenti hanno uno scopo ben preciso e scientifico: alimentare l’illusione, fino a convincere della facilità del gioco e della vincita. Da qui nasce la dipendenza, causata, peraltro, da campagne pubblicitarie senza scrupoli, ma con il tempo, invece dei ricchi sono aumentati i casi di dipendenza dal gioco, le vittime della ludopatia, una patologia dilagante, con tante famiglie rovinate. Pochi sanno, invece, che la “febbre” del “Raschia e vinci” non è solo dei nostri giorni, ha origini lontane. E con ben altri risultati. Negli anni Settanta fu l’epoca d’oro per i consumatori – giocatori che trovarono la schedina del “raschia” abbinata ad alcuni prodotti di largo consumo, come i biscotti Pavesini, le lasagne e i cannelloni surgelati della Findus, le saponette e gli assorbenti della Lines e il multiuso Glassex. In maniera del tutto sorprendente si vinsero circa 300.000 premi per un valore complessivo superiore ai sei miliardi di lire. Il “focolaio d’infezione” ebbe origine in un paesino della Calabria, Limbadi (Vibo Valentia) dove contagiò quasi tutti i suoi abitanti. I principali organi d’informazione, dai quotidiani ai periodici, alle Tv, riportarono la notizia e diedero ampio risalto: Corriere della Sera, Il Mattino, Gazzetta del Sud, la Repubblica, Il Messaggero, Il Tempo, la Stampa; e poi Panorama, Oggi, Gente, Famiglia Cristiana, Novella 2000. Gaetano Capria, il protagonista, che scoprì il metodo come vincere sempre, fu anche invitato in tante trasmissioni di successo, tra cui “I fatti vostri” condotta da Giancarlo Magalli e Fabrizio Frizzi e “Moby Dick” di Michele Santoro. Nacque, fatalmente, anche un lungo e tormentato contenzioso, durato venticinque anni con 55 sentenze di cui 12 della Cassazione, quasi tutte favorevoli ai “raschiatori”. Era così tanta alta la “febbre del raschia” che capitò pure - e sa dell’incredibile - che un sacerdote approfittò del momento della confessione per chiedere a Gaetano di svelare il “segreto” per vincere i premi senza sbagliare.
Fortunato Pantaleone Vinci, noto giornalista limbadese, residente a Perugia, al suo quarto saggio come scrittore, racconta, con dovizia di particolari, uomini, fatti, cose, di questa straordinaria e incredibile storia.
(fortunatopantaleonevinci@virgilio.it)
Collana Gli Emersi - Narrativa
pp.60 €12.00
ISBN 978-88-591-3589-0
Il libro è disponibile anche in versione e-book
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