| Cos’è un’immagine? Se distrattamente sfogliate, si potrebbe pensare di esser di fronte alle pagine di un mero libro di domande guidate da due soggetti, immagine e parola. In realtà, dietro questo curioso procedimento si nasconde l’invito di Veronica Di Carlo ad entrare all’interno del suo saggio partendo da un quesito, quello poc’anzi sopra posto, dai tratti forse banali, scontati, per chi unicamente si affida al solo senso della vista, l’unico “biologicamente” legato al concetto stesso di immagine. Chi invece, come l’autrice, decide di interrogarsi lasciandosi guidare non da uno ma dall’intero corpo dei cinque sensi potrebbe far vacillare simili “scontatezze” e rendersi conto di quanto la domanda sia ancora oggi priva di una risposta, aperta a sempre nuove interpretazioni, dal passato dei Padri della filosofia sino all’epoca odierna, permeando in modo sostanziale il sistema di pensiero filosofico del mondo occidentale.
Pur conservando l’impronta saggistica, tipica della trattazione scientifica dei fenomeni, in “Emilio Isgrò/immagine o parola?” si fonde la presenza di un duplice intento: il primo, di carattere estrinseco, mira alla trattazione del binomio immagine-parola con un approccio di tipo poliedrico che tocca trasversalmente la questione investendo diversi livelli di analisi, da quello prettamente artistico (da Gericault a Barbara Kruger) a quello antropologico e storico-filosofico, tenendo conto dell’enorme patrimonio eredidato dal passato. Tanti i casi studio e le teorie prese in rassegna: dalla negazione delle immagini di Platone all’impossibilità di pensare senza immagini di Aristotele, passando per teorie che uniscono all’immagine i concetti di medium e corpo, o ancora al moderno scontro tra linguistic turn di matrice saussuriana, che predilige il modello linguistico e semiotico vs l’iconic turn, ossia la presa di coscienza dello statuto polivoco dell’immagine non riconducibile a precise logiche concettuali.
Un excursus, dunque, che testimonia quanto il rapporto tra Immagine (registro visivo) e Logos (registro verbale) affondi le sue radici in un dibattito di antichissima tradizione che, pur conservando la sua inevitabile dose di irrisolvibilità trova, a detta dell’autrice, più di un motivo per confluire nella produzione artistica e nella filosofia delle immagini dell’intellettuale Emilio Isgrò, concentrando su di lui e sulla sua poetica, grazie anche ad un’intervista rivelatrice, la summa dell’intero saggio.
Isgrò, che tramite l’espediente della “cancellatura” sperimenta la sintesi tra l’immagine e la parola, tesi e antitesi di un assunto ancora irrisolto, testimonia oggi l’immortalità della questione e la volontà di offrire, sulla scorta dell’imponente patrimonio ereditato dal passato, ulteriori nuovi spunti di riflessione.
Meno evidente è il secondo intento, di carattere intrinseco, ben celato dalla formalità che si conviene a un saggio di filosofia dell’arte ma ugualmente percepibile da un lettore attento. Da giovane studiosa di metodi e didattica dell’arte, la Di Carlo sente l’esigenza di dare un contributo di carattere divulgativo non solo al mondo dell’arte in senso stretto ma anche, nel caso specifico, ai possibili modi di pensarla. L’autrice, insomma, non può fare a meno di osservare chi l’arte non la studia all’interno di un’accademia. Ed è proprio partendo da tali spinte professionali ed emotive che lo scritto si svolge in chiave divulgativa, prolisso al punto giusto da permettere al lettore neofita di non sentirsi estraneo ma anzi stimolato alla lettura e alla ricerca.
Dalla definizione concettuale, alla funzione svolta, sino alla sua leggibilità: questi ed altri interrogativi, nei quali l’immagine fa sempre da soggetto, permeano l’intero saggio con una ridondanza anaforica spontanea, non artificiosa, naturale conseguenza del bisogno della Di Carlo di interrogarsi ponendo la questione non sotto forma di test dalle risposte ben delineate ma come indagine aperta, sul concetto di immagine e sul suo rapporto con il logos, nel corso della quale l’autrice si rivolge non solo ai lettori ma anche a se stessa.
La risposta a tutto questo interrogarsi dov’è? Accertato che storicamente alcune tendenze hanno prediletto l’uso della parola, altre dell’immagine e altre ancora di entrambe, non vi sono dubbi sul fatto che la poetica della cancellatura di Emilio Isgrò costituisca nella contemporaneità una delle più valide analisi sul rapporto immagine-parola verso la quale sembrerebbero riflettersi le risposte alle domande poste da Veronica Di Carlo. O forse, l’autrice ha individuato in Isgrò non la chiave dell’enigma ma il miglior punto di partenza per risolverlo.
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