| Non avevo mai letto alcuna lirica dell’autrice, pur conoscendoci noi da anni ormai. Non ne avevo mai lette, semplicemente per quel pudore che spesso hanno i poeti, che temono di consegnare una parte intimissima di sé agli amici; poiché la poesia è esattamente questo: porzione intima, boccone che si conserva fino all’ultimo, quasi fossimo degli affamati che preservano il cibo (anche quello dell'anima, perché no?) per i tempi peggiori.
Ora che ho letto, in occasione della pubblicazione di questo volume, penso di cogliere qualcosa in più dell'amica, poiché la poesia ha, quando è buona poesia, questa grazia: rivela nascondendo.
Non è proprio questo velo svelante la chiave stessa del libro? Fin dalla scelta di uno pseudonimo, quasi dovessero, le parole scritte, appartenere ad altri, da subito, mentre vengono consegnate?
E la lettura, come spero per chiunque avrà la fortuna di leggere queste pagine, è stata davvero una piccola apocalisse (come lo sono sempre le manifestazioni dell'altro a noi, quando siano sincere): apocalisse di affetti che si fanno strada, di sentimenti che si mettono alla prova del vivere, di passioni affaccendate (col rischio che le faccende della vita le spengano, poiché i poeti non fanno un’altra vita rispetto ai semplici umani, ma coltivano la medesima esistenza, solo cercando accenti per dirla in maniera che la sottragga al banale)...
Natale Benazzi
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