| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Il Canto della Creazione”?
Amalia Usai - Fin da piccola ho guardato alla Creazione con particolare sensibilità; ciò che per molti passa inosservato, è motivo, per me, di intensa e profonda vibrazione. Ricordo con commozione, per esempio, un particolare di quando era bambina. Agli inizi della prima elementare è stata scoperta la mia miopia che, aggravandosi col trascorrere del tempo, richiedeva il cambio delle lenti con diottrie più elevate. Ebbene, quando avevo gli occhiali nuovi ero felice perché tornavo a vedere i fiori, dalla finestra di casa affacciata su una collinetta a gradinate… Così come cerco di esprimere nella presentazione, questi racconti – che ho chiamato, appunto “Il canto della Creazione” – nascono dalla visione del film “Il Postino”, personaggio interpretato “poeticamente” e con eccezionale bravura, da Massimo Troisi. Ecco: quel mare, per me, era un canto, e, soffermandomi ad ascoltarlo, l’ho colto come una delle tante voci del creato e dell’esistere, che, a saperle ascoltare con gli orecchi contemplativi del cuore, sono davvero “Canto”.
Domanda - Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Amalia Usai - Le voci della natura che si scavano un alveo nel cuore… Lo scorrere dell’esistere che, con le sue luci e le sue ombre, i suoi silenzi e le sue parole, le sue gioie e i suoi dolori, racconta, senza stancarsi, che la bellezza esiste davvero, esiste ancora! Che l’essenzialità può impastarsi col quotidiano senza essere aleatoria, e il quotidiano può imbeversi di canto, senza perdere la propria concretezza. Abbiamo bisogno, più di quanto la maggior parte di noi ne sia consapevole, di fremiti di bellezza, di stupore, del coraggio di saperci fermare ad ascoltare… quelle voci umili e sommesse, che non arricchiscono materialmente, ma rendono più ricco il cuore e più bella la vita, più degna di essere vissuta, condivisa, donata, con la stessa gratuità con cui l’abbiamo ricevuta! E senza sconti!
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Amalia Usai - Sempre, la realtà, incide nella scrittura! Il cuore di un poeta – i canti di questi libro, in fondo, sebbene non espressi in versi, sono poesia – è un cuore particolarmente attento alla realtà che riesce a rivestire di parole, di luci, di colori, di musicalità.
La poesia è musica! E non può essere confusa con la filastrocca, dove il verso risulta a volte un po’ forzato, per raggiungere la rima, e non sempre scorre nel rimo giusto.
La realtà, dunque, è l’origine dello scrivere. Non per edulcorarla in modo da renderla più appetibile e meno amara, quando così si presenta, ma per rivestirla di tutta l’intensità possibile, per dare voce alle emozioni, per intesserla di stupore e di comunione… sì, perché scrivendo, ancora di più si entra in comunione, non solo con se stessi, ma con gli altri e l’universo intero.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Amalia Usai - Penso che questo nostro tempo, così travagliato e impoverito di valori, necessiti con urgenza di “restituzioni”. Mi spiego. Siamo sempre più derubati di semplicità, di essenzialità, del bello che la vita è già in sé, di quei rapporti veri e puliti con gli altri, con tutto quanto ci circonda.
Lo sviluppo delle nuove tecnologie, che crescono in maniera incontrollata e a ritmi sempre più vertiginosi, se non vi sappiamo attingere con equilibrio, rischiano di fare dell’uomo una creatura spenta, arida, incapace di rapportarsi agli altri e tessere relazioni; rischiano di spogliarla della vera umanità, di quella umanità semplice e buona che si accontenta di poco, che gioisce delle piccole cose… In una parola: bisogna restituire all’uomo il suo cuore di bambino, quello sguardo libero e pulito che sa ancora stupirlo e farlo vibrare di intensa commozione. Anch’io mi muovo con una certa competenza fra i nuovi mezzi di comunicazione, ma non permetto che mi derubino di ciò che di più bello vibra nelle mie profondità, e li faccio diventare, semmai, mezzi più efficaci, veicoli di comunicazione, perché non si smarrisca ancora, o ancora di più, ciò che ci rende veri, unici e irripetibili. Senza averlo cercato di proposito, penso che proprio questo voglia dire e significare il mio libro che, inoltre, non avrei mai pensato di pubblicare… Mi si è presentata l’opportunità e l’ho colta.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Il Canto della Creazione”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Amalia Usai - Sempre con questo taglio del “cantare e danzare” ciò che vivo! E poi – ancora e sempre – con quell’attenzione alle piccole cose, – perché solo le piccole cose ci rendono grandi – alla bellezza che non smette di esserci, attorno a noi, nonostante la storia attuale, nonostante la drammaticità degli eventi che non possono lasciarci indifferenti e che, non di rado, rischiano di farci perdere la memoria storica di ciò che siamo stati e abbiamo sofferto, come popolo, alla ricerca di una avvenire migliore; nonostante noi, talvolta! Tutto ciò che fa parte del quotidiano, tutto ciò che rientra nel nostro vissuto, dobbiamo imparare a leggerlo con stupore, con un senso di novità e di freschezza, nonostante l’inevitabile ripetitività del quotidiano; e, non da ultimo, con la consapevolezza del limite umano e della ricchezza delle diversità che creano, appunto, il canto della vita e dell’esperienza, personale e umano-universale, quell’azzurrità di cieli e di speranze che non cessa su di noi.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Amalia Usai - A dire il vero, non mi sono mai ispirata a nessuno. La mia unica fonte di ispirazione è la natura che coniugo quotidianamente con la Parola di Dio da cui tutto ha origine. Benché prediliga diversi autori, soprattutto poeti – Dante, Petrarca, Leopardi, Pascoli, Carducci, Ungaretti… Manzoni, Pellico,
Dostoevskij, Pirandello, Hugo, Maritain, e altri ancora, ovviamente – nessuno di loro è stato mai la mia fonte diretta di ispirazione. Scrivo, semplicemente, ascoltando ciò per cui vibra il mio cuore, ciò che sento nel profondo di me stessa ed è per me ragione di vita e di crescita continua.
Nella mia formazione culturale, sebbene non in ambito letterario, un posto di rilievo è occupato decisamente da Mozart, il mio musicista preferito in assoluto; e non perché abbia qualche specializzazione in merito, ma per una mia particolare sensibilità. Essendo, poi, una religiosa, mi sono arricchita
pure, nel corso degli anni, con la lettura di testi di autori più specificamente spirituali: Teresa d’Avila, Giovanni della Croce, Teresa di Lisieux, Francesco d’Assisi, Ignazio di Loyola…
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Amalia Usai - Nella risposta alla domanda precedente è già implicita anche questa; non mi pare di essere stata influenzata da alcun autore. Nello specifico di questo mio libro l’input l’ho avuto dal bellissimo film: Il Postino. Dopo la poesia viene la musica. Amo talmente la musica che non saprei dire se, in realtà, sia la poesia a precedere la musica o la musica la poesia. Avrei voluto suonare il violino, avrei voluto comporre musica, ma… questo non è stato possibile, benché musica e canto io li abbia dentro...
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Amalia Usai - La poesia. Decisamente la poesia. E poi il romanzo, il libro storico, il giallo, l’autobiografia (mi piace scrutare l’animo umano e comprenderne travagli e speranze nel suo evolversi)… purché ciò
che leggo sia ricco di contenuto e scritto in un buon italiano, o ben tradotto nella nostra lingua, che amo davvero tanto e trovo straordinariamente armoniosa. Ho letto tantissimo nella mia vita, con spirito critico, in molti casi, per rendermi conto che un libro, già venduto prima ancora di essere
pubblicato perché porta la firma di un celebre autore già molto affermato, risponda effettivamente a quella notorietà. Una cosa è certa: bisogna che sia scritto in forma scorrevole, accattivante, che la nostra bella lingua italiana non ne risulti ferita… Troppa la stampa in circolazione, povera di significato,
di contenuti intensi e di espressione: una prosa, per essere bella, deve avere accenti poetici.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Amalia Usai - Purtroppo, per me, non si tratta di preferenza o di scelta, ma di “costrizione”, di “inevitabilità”.
Esiste una malattia – la MCS (Sensibilità Chimica Multipla) – che stravolge l’esistenza riducendo, non solo i contatti diretti con le persone, ma modificando alla radice anche le abitudini di vita; sconosciuta
quasi a tutti, ma molto penalizzante. Io ho questa malattia…
Causata dall’inquinamento, fa star male per qualsiasi odore, a causa degli agenti chimici – metalli e polveri sottili presenti nell’aria in modo particolare (e per questa ragione, ancora di più amo la natura!) – o di qualsiasi sostanza trattata al di fuori di elementi naturali. Nemmeno la carta fa eccezione,
che si tratti di carta nuova da usare, o libri appena stampati o volumi di biblioteca. Con mio grande dispiacere ho dovuto privarmi di tutti i libri in edizione cartacea. Ben vengano, dunque, nel mio caso, gli e-reader e gli e-book! Già da qualche anno, ormai, le mie letture attingono solo a questi
strumenti, con il vantaggio – non secondario – di potersi portare dietro centinaia di libri in un solo, piccolo dispositivo. Prima non viaggiavo mai senza un libro stampato in borsa; ora, viaggiando, ho sempre con me un e-reader su cui carico i miei libri, diversi nell’aspetto dai precedenti, ma ugualmente
belli e interessanti, che non perdono nulla nella sostanza, e… non pesano se sono tanti!
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Amalia Usai - Difficile stabilire e definire un rapporto in tal senso. I “Canti” del mio libro – fatta eccezione per “Il Canto dell’Etna”, scritto nel 2010, quando ho avuto l’opportunità di salire su quel monte – sono scaturiti uno dopo l’altro in pochi giorni, come un getto d’acqua fresca da una sorgiva. Ne avevo
pensati altri, ma poi mi sono fermata. Forse me n’era mancato il tempo; non è detto siano gli ultimi!
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Il Canto della Creazione” se non lo avesse scritto.
Amalia Usai - Perché parla al cuore! Semplicemente perché parla al cuore e ne risveglia le profondità, la capacità di mettersi in ascolto… e proprio perché nasce dal cuore può raggiungere il cuore. È un’espressione a me cara, che uso spesso; una sorta di leitmotiv da me coniato, anche in rapporto alla mia esperienza diretta con la gente: “RAGGIUNGE IL CUORE SOLO CIÒ CHE PARTE DAL CUORE”. Quando parlo con qualcuno, quando scrivo, mi sento ripetere che quanto detto o scritto tocca il cuore, raggiunge il cuore, ti scende dentro… e questo mi conforta e mi dona gioia! Non ho pretesa alcuna, ma varrebbe
la pena aver scritto anche una riga sola se quelle parole hanno fatto gioire, fosse pure una sola persona!
Non credo nei “numeri” ma nell’intensità e nella qualità: ciò che siamo, se davvero “siamo” s’impone da sé, non ha bisogno di presentazioni o giri di parole per pronunciarsi…
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Amalia Usai - Progetti veri e propri, già messi a fuoco, non ne ho. Ho qualche idea, ancora vaga però, accarezzata dentro di me: mi piacerebbe raccontare in un libro questa malattia così invalidante; mi piacerebbe sviluppare la tematica del dolore sotto il profilo della spiritualità che attinge alla Parola di Dio. Questo, fondamentalmente, mi sarebbe caro realizzare. Intanto continuo a scrivere poesie… Ne ho composte quasi tremiladuecento, da me raccolte in sette volumi (ciascuno di tre-quattrocento pagine e oltre), l’ottavo appena iniziato. Ho già un’altra raccolta di racconti in prosa che avevo chiamato
“Fiabe”; volendo, inoltre, potrei selezionare dalle poesie altre piccole “Fiabe” in versi; ho un volumetto di poesie per i bambini; scrivo – e questo è ormai il nono anno – delle riflessioni sulla Parola di Dio della Domenica che in un crescendo di destinatari, raggiungono oltre trecentocinquanta persone
(senza le diramazioni di una condivisione che mi sfugge) ogni settimana. Da tre anni, poi, un po’ perché ne sentivo il desiderio (ho insegnato per 25 anni nella Scuola Primaria), e un po’ per averne avuto richiesta, mi rivolgo anche ai bambini, in una forma dialogica, più familiare.
Titolo: Il Canto della Creazione”
Editore Aletti
Euro 12,00
pp.76
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