| La raccolta di poesie apparsa sotto il titolo "I Decaduti", apparentemente disarmante, sembra una pioggia fredda di parole pure sulla faccia triste e sporca della nostra esistenza. In realtà, il libro è un vero percorso nella “coscienza repressa della società contemporanea”, ma anche una protesta verso un mondo che si lascia sopraffatto dalla banalità e dalla vulgarità contemporanee, viste come “Distese aquatiche,/di pietre gettate/ al vento,-per riempire il mare.”
I temi scelti dal poeta che “diffondono/ il presente,/nella percezione del reale,” sono avvolti nelle sfumature della parola pura, come un’antitesi tra la coscienza del poeta e la realtà con “decadenze armoniose di Nulla” e “i diafani giorni di attesa”. Dunque, la delusione è solo un’arme per lottare contro un mondo che sembra essere solo dei “decaduti”.
“Seduto, consapevole,
qui aspetto
la mia metamorfosi.”
Non vedo dunque, una fatale rassegnazione davanti alla vita e all’arte di vivere, perché “Ombre si agitano/nascoste e danzanti,/in attesa della forma:” Il problema della forma senza fondo, che sembra caratterizzare anche la nostra vita di oggi, è stato spesso il tema prediletto dei più grandi poeti. Sembrerebbe un lamento incurabile, un gioco intellettuale delle parole nell’ambito ermetico del senso, ma si legge tra le righe un impegno poetico e sociale (“Cesserò il respiro/cercando i perché), una lotta contro il tempo e le sue vicissitudini (“Decilinerò il tempo/per un nuovo tramonto./Ogni cosa sarà,
perché è ricordo.”)
L’anima stessa, “in attesa di un alito/trova oasi/in una banchina di sabbia”. Nonostante la fragilità dell’essere, c’è ancora la gioia nell’esistere, come quella dei “corpi diafani/arsi dalla notte”, delle “Speranze sorgenti/in un alito nascosto”, c’è la poesia che dovrebbe urlare la sua presenza, perché una lacrima di armonia dovrebbe esistere in ciascun attimo, in ciascuna anima, cosa o fatto.
Una poesia particolare, che getta un raggio di luce sulle ombre del poeta, mi sembra quella dedicata al grande Cesare Paese, perché mette in risalto il fondamento del pensiero che sta alla base di questo volume, il tormento poetico e sociale che ha fatto spuntare versi di così profonda sensibilità:
“Dov’è l’orgia dei sogni,
l’estasi delle menti,
la felicità promessa?”
Domande retoriche che fanno non solo riflettere, ma anche mobilitare, perché anche le onde “vivono del proprio moto”.
D’altronde, il poeta si definisce da solo nella poesia “Io”, una splendida pagina lirica che mi piace riprodurre interamente, perché è un interessante miscuglio di movimento e immobilità, un autoritratto poetico dipinto con gli elementi classici della natura: foglie, vento, rugiada, luna, mare.
Io
“Sono rugiada,
dispersa,
sui vetri delle case.
Come foglie,
marcite
dal vento portate,
lontano,
nella coscienza del passato.
Vivo.
Sono essere,
a volte
umore.
Sono luna
che giace,
silenziosa,
sullo specchio
del mare.
Sono riflesso
di vita,
senza verità.
Il mio sentire:
Poeta.”
Ecco perché, al di là di una malinconica e fatalista riflessione, sorge la voglia di cambiare, di edificare, di vivere, cogliendo ciò che la vita ci offre di bello, accetando anche la morte come un attimo in cui, dice il poeta, “Mi estinguo nella parola.”, perché la vera vita è quella in cui possiamo dire:
“Ho arso ogni esistenza
Ho colto ogni armonia”.
Prof.ssa Marilena Rodica Chiretu
31 maggio, 2014
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