| ‘Non è meriggio (questa luce), / è sole nascente che conduce al giorno / e si rivela caleidoscopio’. Eccolo il titolo della raccolta di queste mirabili poesie di Rosaria Pasca, scoppiettanti lampi nelle notti stellate, aurora boreale di luci variopinte che lasciano estasiati per la bellezza delle immagini e delle sensazioni.
Con Rosaria Pasca abbiamo attraversato momenti significativi all’interno dei versi in lingua salentina poggiardese delle poesie di Fernando Rausa.
La descrizione della nostra terra come ‘mara e nicchiarica’’, l’impetuosa sollecitazione ‘Thraujati ‘sta terra’ rivolta ai giovani, la dolorosa nostalgia di ‘Ulia cu eggiu’, nuvola, vento, uccello per tornare ‘a casa mia’, il tenero ricordo di un amore avvolto in un foglio ‘ndhriutu’, sbiadito, come è la nostra giovinezza, la preghiera innalzata per fermare il diluvio di acqua e di vane parole ‘No ‘cchiuvire cchiui, Signore meu!’: questi e molti altri sono stati i motivi della nostra frequentazione. Sino a quando non abbiamo scoperto un’altra chiave per capire e interpretare la realtà: il teatro, letto e rappresentato negli aspetti culturali di cui è permeata la nostra cultura mediterranea. Un impegno che prosegue tuttora nella ricerca della nostra tradizione ancestrale come strumento per capire l’essenza della salentinità, fatta di terra di mare di sole di vento e di civiltà, legata alla materialità di una vita ancorata al bisogno al sacrificio alla speranza.
Rosaria Pasca ha tratto giovamento da questo retroterra vitale, ma volutamente ha cercato di distaccarsene, come per trovare una sua via di salvezza, fatta di leggerezza e di analisi introspettiva nelle profondità dell’inconscio umano.
Scandaglia con i suoi versi, con le sue parole che sono folgori lanciate contro il cielo o contro l’umanità disattenta e disadorna l’anelito dello spirito umano verso il Silenzio, dove il cuore si spaura, così avrebbe detto il poeta.
Questa ricerca non approda, si accompagna mute sorelle alla Solitudine alla Tristezza alla Malinconia, afferra l’animo umano e lo travolgerebbe se non intervenissero, a rischiarare l’orizzonte, la nostra prospettiva ideale e umana, le Evasioni le Fiabe i Sogni l’Incanto il Colore e il Calore di un Sole benigno che riscalda ‘un anfratto di roccia’, il nostro cuore impietrito dalla durezza del vivere, ma che si avvale nel percorso vitale verso l’infinito del pensiero divino, sempre presente. Anzi è lì che tendiamo, e allora scompaiono o assumono significato trascurabile le ambasce del vivere, perché è Dio a guidare i nostri passi, la Vergine e Madre, l’Uomo in croce che attraverso il suo sacrificio ha aperto le porte del Regno Ultraterreno.
Ma noi viviamo qui, sulla terra e a volte ci perderemmo d’animo se non intervenissero gli affetti a renderci forti e teneri, in grado di ricevere e dispensare amore verso le persone care, che assumono via via il volto della madre da poco perduta, del padre, del compagno di vita, degli amici affabili che si accompagnano a lei nel vorticare delle passioni, nell’andirivieni delle nostre ansie quotidiane, nelle nostre aspirazioni sovrumane e nei nostri limiti che ci impediscono di elevarci nella catarsi subliminale, che ci libera dalle impurità e ci rende degni di giungere, anime monde, alla purezza dei sentimenti.
I versi di Rosaria Pasca riflettono questo continuo tentativo di elevazione, quasi a indicare nella tensione ideale e nella scelta dei vocaboli la strada della purificazione primigenia. Folgori, lampi che accecano nelle notti trascorse a riflettere sulla nostra missione terrena. A volte sembra sfuggire il senso ultimo di questa nostra esperienza, sembra che la nostra innocenza sia quasi irrimediabilmente perduta, e allora la poetessa sembrerebbe cercare rifugio nella fanciullezza, nelle fiabe, nell’immaginazione, salvo poi ridestarsi e riprendere con le visioni celestiali che illuminano la sua e la nostra vita.
Poesie che rappresentano il viaggio di un’anima alla ricerca della propria salvazione, sedimentate nel corso di una vita, spesa alla ricerca della fede, della Verità e della bellezza che con questa mirabile prova d’artista viene saldamente ritrovata, tanto che attendiamo altre e nuove prove di altrettante mirabili visioni.
Recensione a cura di Paolo Rausa - S. Giuliano Milanese, 22/ 5 /2013
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È più che una consueta raccolta di femminili sensibilità. È invece il compendio di una vita umana ancora giovane, ma stravissuta in tutta la sua ansia di essere e diventare l’insorgenza quotidiana di intime meraviglie e di immagini-incursioni nelle concretezze, nel multicolore ‘svolgersi’ del mondo circostante. Ne risulta una perenne efflorescenza di fonemi, commisurata all’interiore esplorazione che ha i caratteri di una insaziabilità tutta estetica, e tutta tesa a discoprire i veli del mistero del bello, e del Vero. Sospinto ai limiti di un musicale linguaggio, il suo inevitabile dubbio si veste di successivi entusiasmi nel canto alla vita come dono inequivocabile di una Divinità, tanto radicata quanto cristianamente disgelata nella ecclesiale ed esistenziale partecipazione al culto. Quasi fosse tutta poesia la personale preghiera, così appare la tessitura incessante di affetti familiari senza incertezze. Di Fulvio, amor suo coniugale ed esclusivo, ad esempio, Rosaria Rita disvela tutta la bellezza del canto di riposte speranze nella perpetuità di un amore che sia davvero al di là di ogni malinconico tramonto:
“Incontrami / senza nude parole né spazi /…sogno gli spazi aperti / dei tuoi occhi.., /sorse nuovo cielo d’astri / per il mistero del tuo cuore /, amami… / senza perché ,/ senza però ,/ senza celie, / senza dolore…”
‘‘INFANZIA--SOLITUDINE--SILENZIO--AMORE--DOLORE--FEDE’’, ecco i capitoli riassuntivi di tutta una giovane vita donata alla fede profonda, e simultaneamente all’incontro con l’amore quotidiano e inesausto per i familiari, gli amici, e le grandi voci della poesia planetaria, italiana in particolare, di cui si nutre come di un néttare.
“Come… altri infiniti/… evasioni celesti /… il silenzio è patria”, così esordisce l’autrice. E prosegue: “Si addormentano i bimbi / sull’erba… grilli e nuvole… un’ellisse come acquamarina… sonni ancora dolci...”
Poi, “luci trasognate come lucciole, / puntiformi speranze. / si perdono”… E “il desiderio di Dio / brucia le fragili forze…/ Dio si abbarbica all’anima…/ sentimento d’esserci.../… fino a sfiorarti, Dio’”
Misticismo estetico? No: “l’Eucarestia dei mondi… dolcemente nascosto/ alitavi speranze, / sogni lievi come brina” Corriamo alla conclusione: “Anima antica, inevitabile/ splendore/ anima, corallo/ salvati, grida, esulta…”.
Recensione a cura di Francesco Rausa - S.Cesarea Terme, luglio 2013
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