| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Un amico di nome Taras ed altri racconti”?
Francesco Maiocchi - Questi racconti non sono stati pensati a tavolino, sono nati spontaneamente sull’onda di un impulso a scrivere, a volte da una frase isolata, come nel caso del titolo del libro cui è seguito di getto il racconto omonimo, quest’ultimo come tutti gli altri per me sempre fonte di sorpresa riguardo alle trame e ai personaggi che di volta in volta comparivano sulla scena. Tempo prima, mi era capitato di leggere alcune poesie di Taras Shevchenko, un poeta dell’ottocento, considerato in Ucraina il poeta dell’identità nazionale. Il titolo del libro, e del racconto d’apertura, nasce da questa suggestione di lettura.
Domanda - Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Francesco Maiocchi - Quando, terminata la prima stesura, ho riletto i racconti, mi sono accorto che ciascuno di essi offriva molti piani di lettura e, al tempo stesso, custodiva al suo interno un tema psichico ben preciso. Ad esempio, nel racconto "Un amico di nome Taras", il protagonista cerca di difendere la tigre ircana dalla distruzione violenta per mano dell’uomo. Questa difesa della tigre dall’estinzione può essere letta come integrazione psichica delle proprie parti feline, se intendiamo l’aggressività non solo come distruttività, ma anche come espressione della parte più vitale e autentica della personalità, una parte che spesso tendiamo ad allontanare come troppo pericolosa. In "Un amico di nome Taras", vi sono anche altri temi che poi sono ripresi e sviluppati nei racconti successivi. Ad esempio il rapporto padre-figlio, con le direttrici psichiche di questa relazione umana fondamentale, almeno per come ho cercato di elaborarlo, e continuo fare nella mia esperienza personale. Un altro dei temi ricorrenti credo sia il rapporto onnipotenza-impotenza che nel racconto "La torre" trova, nella condotta del protagonista, la sua espressione estrema e tragica. Ritengo si tratti di un tema psichico fondamentale per la società contemporanea che sembra avere perduto la nozione di confine e di limite, non solo a livello individuale, ma anche nella dimensione sociale. Un tema antropologico che dovrà essere affrontato con strumenti adeguati prima di tutto culturali se vorremo conservare la nostra peculiarità umana.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Francesco Maiocchi - Alcuni racconti sono influenzati da atmosfere e incontri con persone che ho avuto la fortuna di conoscere anche durante i miei viaggi. Direi però che, nella mia scrittura, ha inciso più di tutto la “realtà psichica” per com’è maturata nella mia esperienza personale e professionale.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Francesco Maiocchi - I sei racconti sono narrati in prima persona, sono il punto di vista dei protagonisti. Dopo averli riletti, ho immaginato che queste sei voci potevano essere espressione di una sola voce narrante colta in momenti diversi. In questo senso, i racconti potrebbero essere letti, non come storie scollegate, ma come capitoli di uno stesso romanzo, un romanzo di formazione dunque, una sorta di testamento esistenziale in divenire, non ancora terminato.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Un amico di nome Taras ed altri racconti”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Francesco Maiocchi - Nel libro si sono sedimentati, come in strati archeologi, alcuni incontri con persone che hanno dato un’impronta a ciò che oggi sono e sono diventato. È un dato che caratterizza la personalità di ciascuno di noi, anche se non sempre ne siamo consapevoli. Più che episodi sono figure a essere diventate voci interiori della mia personalità, e che continuano ad accompagnarmi nella vita. Persone che nel corso degli anni mi hanno sostenuto nei passaggi critici o regalato punti di vista diversi sulla realtà “esterna” e “interna”, persone reali, in carne e ossa, altre volte, autori letterari o psicoanalitici, tutti importanti e indispensabili compagni di strada.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Francesco Maiocchi - Gli autori per me decisivi sono molti. Da un punto di vista generale, i romanzieri russi dell’ottocento e del romanticismo tedesco sono stati sicuramente importanti, poi il filone del romanzo storico e d’avventura con la sua variante picaresca, a cominciare da Lazarillo de Tormes e Francisco de Quevedo. Anche la letteratura fantastica credo abbia avuto un grosso peso, dal "Diavolo Innamorato", il capolavoro settecentesco di Cazotte, alla "Storia straordinaria di Peter Schlemihl" di Chamisso, ai "Notturni" di Hoffmann, prima condensazione di tutta la letteratura fantastica successiva, fino ad arrivare a "La metamorfosi" di Kafka. A proposito di Kafka, uno degli autori da me più amati, nella raccolta si trova un racconto dal titolo "L’ultimo scarabeo". In questa storia uno scienziato si trasforma in uno scarabeo oggetto del suo studio, mentre l’insetto si trasforma in uomo; Franco Rella, in un’annotazione a "Il Castello" di Kafka, cita le parole dell’autore e il commento di Elias Canetti a proposito del rapporto uomo-animali: “Bisogna sdraiarsi per terra tra gli animali per essere salvati… solo se ci sdraiamo per terra tra gli animali possiamo vedere le stelle che ci salvano dall’angosciante potere dell’uomo”. In un altro racconto della raccolta intitolato "Akim e il suo padrone", il protagonista stesso, Alexander Cajanov, è uno scrittore russo di racconti fantastici giustiziato da Stalin negli anni trenta del secolo scorso. Nel racconto "L’erede" vi sono invece echi e atmosfere della letteratura latina. Non voglio trascurare, come ho già accennato, i testi degli autori psicoanalitici che hanno accompagnato e orientato la mia formazione anche professionale. Un discorso a parte merita l’Haiku, la forma breve di poesia giapponese, che coltivo da anni. Credo che in questi racconti ci sia molto della frequentazione di questa poesia che forse ha determinato la mia predilezione per il racconto invece che per il romanzo, per la brevità, l’immediatezza e la sintesi di uno stato d’animo.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Francesco Maiocchi - Il cinema credo abbia molto influenzato il ritmo e la struttura di questa raccolta in cui prevale sempre la dimensione visiva. Il cinema è anche la metafora cui mi piace ricorrere quando penso alla mia modalità di scrittura: sono seduto davanti a uno schermo, non faccio altro che registrare ciò che avviene, descrivere i personaggi che fanno la loro comparsa, trascrivere le loro azioni e ciò che dicono.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Francesco Maiocchi - Le tradizioni e i generi letterari cui ho accennato prima confluiscono, mescolandosi in vario modo, in ogni singolo racconto. Potrei dire che ogni storia è un condensato, un mosaico di generi diversi, anche se non mi sono mai posto il problema di aderire a un particolare genere letterario.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Francesco Maiocchi - Personalmente preferisco leggere un libro cartaceo. È una questione di abitudine e di bassa tolleranza personale alla lettura su schermo. Credo tuttavia che il futuro del libro sia in gran parte affidato al digitale, anche se mi piace immaginare che la comunità di lettori che salva i libri evocata in "Fahrenheit 451", il romanzo di Ray Bradbury, alla fine riuscirà vincente.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Francesco Maiocchi - Come in parte ho già spiegato, si tratta, almeno per questo libro, di una scrittura direi molto impulsiva, non premeditata. Ogni volta mi sono messo a scrivere quando avvertivo un impulso a scrivere, oppure mi era venuta spontaneamente alla mente una frase d’inizio, cui ha fatto seguito la stesura di getto della storia. Quando i personaggi abbandonavano la scena, capivo che il racconto era finito.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Un amico di nome Taras ed altri racconti” se non lo avesse scritto.
Francesco Maiocchi - Non è facile rispondere a questa domanda, un libro per il suo autore è sempre meritevole, come lo è un figlio per un genitore. Posso dire che scrivendo questo libro mi sono molto divertito e credo che questa dimensione, di gioco e di divertimento, sia trasmessa al lettore. Uno psicoanalista italiano, Antonino Ferro, utilizza spesso la letteratura, oltre che il cinema e i fumetti, per spiegare i casi clinici presentati. In uno dei suoi libri afferma che in qualunque testo, indipendentemente dal genere letterario, come in un sogno, ci sono sempre due piani di lettura: un piano manifesto, quello della trama e dei personaggi, e un piano latente, da scovare, che esprime uno o più temi psichici. In altre parole, ogni testo può essere letto in modo psicologico. Credo che "Un amico di nome Taras ed altri racconti" soddisfi entrambe le esigenze del lettore, quello del divertimento, della fantasia e dell’avventura e quello, da scovare volendo, di una riflessione su alcuni nodi psichici individuali e sociali molto attuali, come il rapporto padre-figlio, il senso del limite, le declinazioni del desiderio, l’elaborazione del lutto e della mancanza.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Francesco Maiocchi - Ho in cantiere un’altra raccolta di racconti, sei figure femminili, sei ritratti contemporanei di donne, sei varianti dei miti che ci sono stati trasmessi dalla tradizione antica a iniziare da Omero.
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Dalla quarta di copertina del libro: Le rocambolesche avventure di un cane e del suo padrone, un noto scrittore, nella Russia staliniana. Il disperato tentativo di un uomo di salvare dall'estinzione la tigre ircana nelle foreste del lago d'Aral nel Turkestan di metà ottocento. L'incontro straordinario di cinque persone che, in un serrato dialogo, si scambiano le loro sofferte esperienze di vita nell'antica Roma. Come in un gioco di specchi, uno scienziato si trasforma in uno scarabeo, mentre l'insetto, oggetto della sua ricerca, diventa uomo. Nella Sardegna del cinquecento, un capitano dell'esercito spagnolo persegue il sogno folle di costruire una gigantesca torre difensiva contro le incursioni dei corsari barbareschi. L'iniziazione di un giovane medico, alla ricerca dell'amore e di se stesso, si rivela un viaggio quasi onirico in atmosfere da romanticismo tedesco. Costruiti come romanzi d'avventura in miniatura, i sei racconti della raccolta scavano nel mondo interno dei personaggi, portando in superficie ideali, sogni, bisogni e desideri di ciascuno di noi, senza mai rinunciare alla sottile ironia che dovrebbe accompagnare ogni esperienza di vita, anche la più drammatica ed estrema.
Titolo: Un amico di nome Taras ed altri racconti
Autore: Francesco Maiocchi
Prezzo di copertina: Euro 12,00
Anno di pubblicazione 2015, pagine 120
Editore Aletti (collana Gli emersi narrativa)
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