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Info sull'Opera
Autrice:
Rivista Orizzonti
Tipo:
Poesia
 
Notizie Presenti:
 -

Il noir al femminile: incontro con ELISABETTA BUCCIARELLI

di Rivista Orizzonti

«La mia testa scrive sempre; è difficile da spiegare ma non esiste un tempo libero dalla scrittura».


Elisabetta Bucciarelli è una giovane talentuosa scrittrice di noir, e al suo romanzo “Ti voglio credere” nel 2011 è stato assegnato il Premio Scerbanenco. Il suo ultimo libro, “Dritto al cuore”, edito dalla E/O, è ancora un noir. Protagoniste sono tre donne molto diverse tra loro: una vecchia, una giovane, un’ispettrice di polizia. Oltre alla vicenda noir, “Dritto al cuore” è anche un libro sulla difficoltà di condividere un linguaggio e di comunicare con le parole a vantaggio di un’antica ma al tempo stesso rinnovata fisicità, che passa dalla terra e dal contatto con le parti più ancestrali della Natura, animale e vegetale.
Elisabetta Bucciarelli nasce come autrice teatrale. Ha studiato drammaturgia al Piccolo Teatro di Milano e a vent’anni ha esordito con il testo “Forte come un toro”. Ha proseguito poi su questa strada con spettacoli di forte impegno sociale, come “Tempo da buttare”, una rappresentazione sugli emarginati a Milano, e “Amati matti”, un docufilm sul disagio mentale che ha avuto una menzione speciale alla 53esima edizione della Biennale di Venezia.
Tra i suoi romanzi più noti: “Happy Hour”, dove inaugura una serie che vedrà protagonista l’ispettrice Maria Dolores Vergani, presente anche nel suo ultimo romanzo.
Vive e lavora a Milano, dove collabora con varie testate giornalistiche. I suoi libri sono tradotti in Germania, Francia, Spagna.

Domanda - Quando ha capito che voleva fare la scrittrice?

Elisabetta Bucciarelli - «Ho capito che la scrittura avrebbe fatto parte della mia vita molto presto, mi piaceva, la cercavo da sempre. Ho deciso di vivere di parole dopo l’esperienza alla scuola di drammaturgia del Piccolo Teatro, a vent’anni».

Domanda - Ha avuto miti di riferimento?

Elisabetta Bucciarelli - «Tanti innamoramenti letterari, molto intensi: Simone de Beauvoir, Beckett, Pinter, Coetzee, Dante, Omero, Shakespeare. M’innamoro spesso e mi separo con la stessa facilità dagli oggetti amati, ma gli abbracci letterari restano e lasciano un segno per sempre».

Domanda - Pensa che siano utili i corsi di scrittura creativa?

Elisabetta Bucciarelli - «Per me è stato fondamentale frequentare il laboratorio di drammaturgia teatrale del Piccolo di Milano, lì nessuno mi ha venduto sogni, nemmeno creato illusioni. Ho imparato a lavorare con impegno, senza avere troppo tempo per coltivare il mio narcisismo. So che esistono realtà di corsi seri anche in letteratura, la scuola Holden per esempio, lì impari il mestiere e se sei bravo ce la fai. Le scuole di scrittura professionali hanno un senso solo se non mentono e se sono condotte da gente che è inserita davvero nella realtà editoriale. Devo dire però che tra le varie proposte di corsi di scrittura esistono anche laboratori che offrono un importante servizio oltre a quello professionale, quello della cura e dell’ascolto. Scrivere per stare bene e imparare ad ascoltare le scritture degli altri, oltre alla propria, è un esercizio esistenziale importante e sempre più necessario».

Domanda - Tra i vari generi letterari, ce n’è uno che preferisce?

Elisabetta Bucciarelli - «Leggo libri molto differenti tra loro, ho delle preferenze, ma più per i temi trattati che per la struttura delle storie e i generi. Leggo tanta poesia, in ogni momento della giornata: è forse l’unica forma di scrittura che reputo necessaria».

Domanda - È d’accordo con alcuni critici letterari che affermano che il genere noir si addice più agli scrittori dell’area nord europea che a quelli “mediterranei”?

Elisabetta Bucciarelli - «I critici letterari avranno i loro motivi per dirlo. Se però con noir identifichiamo un modo di raccontare capace di privilegiare il punto di vista delle vittime, la ricerca di una verità che spesso non coincide con quella stabilita dalle legge, la volontà di indagare sui fatti di crimine cercando di narrarli con il valore aggiunto della competenza in materia, ecco, se noir è tutto questo, credo non esistano differenze geografiche. Poi penso a Jean Claude Izzo, a Fred Vargas, a Massimo Carlotto… che non sono propriamente nordici».

Domanda - Secondo lei il clima, come anche una certa urbanistica, influenzano la scrittura?

Elisabetta Bucciarelli - «Credo di sì. I luoghi dove le vicende sono ambientate, reali o immaginari, condizionano fortemente la scrittura. La temperatura, lo spazio, l’architettura dovrebbero risuonare sempre nelle parole che usiamo per raccontare. Per esempio “Corpi di scarto”, il mio romanzo uscito per la collana Verdenero, si svolge all’interno di una discarica di rifiuti indifferenziati, tra putridume e cemento, scarti e resti di oggetti dimessi, collocata al centro di una metropoli. Per scriverlo ho cercato un lessico adeguato, colori adatti, ritmi veloci. “Dritto al cuore” è invece ambientato in alta montagna, a 2.046 metri di quota, tra boschi e ruscelli di acque limpide. Azzurri di ogni gradazione e parole piene di ossigeno. Un libro in salita, dove anche il silenzio ha un ruolo importante. Izzo scrive come scrive perché sta a Marsiglia, quei colori e quegli odori ci sono solo là».

Domanda - Come le è venuta l’idea della storia di Dritto al cuore?

Elisabetta Bucciarelli - «Volevo scrivere un libro sul desiderio e sulla memoria. Con una forte metafora che sostenesse la storia. La montagna è fatica, gli orizzonti sono verticali, difficili da conquistare. Tuttavia ciascuno di noi, con il suo passo, senza gareggiare se non con se stesso, può raggiungere la vetta. Ci vuole pazienza, capacità di attendere, allenamento. Ma la cosa più importante è avere chiaro l’obiettivo, la meta. Questa è stata la partenza, poi è arrivata la storia da raccontare con tutti i personaggi».

Domanda - Quanto tempo ha impiegato a scrivere il romanzo?

Elisabetta Bucciarelli - «A scriverlo, alla tastiera del computer, tre mesi. Ma prima l’ho tenuto con me, cullandolo nella mente e alimentandolo di studio, fotografie, ascolto e appunti, per quasi due anni. Nel frattempo scrivevo altro».

Domanda - A quale dei personaggi della storia assomiglia di più?

Elisabetta Bucciarelli - «Mi sento affine ad Ariel, la ragazzina di montagna che vive di cose semplici ma possiede un modo di guardare il mondo non sempre compreso dagli altri e talvolta equivocato. Assomiglio a lei come struttura di essere umano, tuttavia sono diversa anagraficamente, fisicamente e purtroppo non ho la sua capacità di “vedere” dentro le cose. Ho anche dei tratti di sovrapposizione con la mia protagonista, l’ispettrice Maria Dolores Vergani. Siamo magre, essenziali nel vestire, mangiamo poco, utilizziamo le parole con cura e possediamo una buona determinazione nel raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo. Siamo più interessate alla verità che alla giustizia, più ai motivi del delinquere che alle modalità dell’atto delittuoso. Poi lei è migliore di me, più risolta dove io non lo sono; viceversa io potrei ancora farle da esempio in altri campi della vita».

Domanda - Perché l’Italia scarseggia di gialliste o scrittrici noir, rispetto al resto d’Europa?

Elisabetta Bucciarelli - «Forse le italiane hanno voglia di scrivere storie non necessariamente legate alle indagini, potrebbe essere una questione di scelte, visto che le scrittrici non mancano. Poi però penso alla Francia e mi vengono in mente solo due nomi: Fred Vargas e Dominique Manotti, autrici che scrivono noir e giallo ad alto livello (sia stilistico che di contenuti), e mi viene da pensare che forse è meglio poche ma molto brave (e ci sono)».

Domanda - Secondo lei, un autore deve essere necessariamente impegnato socialmente?

Elisabetta Bucciarelli - «Ho delle affinità elettive con alcuni autori contemporanei che scrivono sia per intrattenere, con storie ben costruite, sia per approfondire, per trovare domande giuste sperando prima o poi in risposte adeguate. Autori che hanno voglia di andare oltre il banale e lo scontato».

Domanda - Ci sono affinità tra la scrittura narrativa e quella teatrale?

Elisabetta Bucciarelli - «Il teatro è una palestra importante per chi voglia scrivere narrativa. La mia scrittura si è formata sui testi teatrali. Il teatro ti insegna a vedere e ad ascoltare, ti spiega, senza usare le parole, cosa significhi un movimento e come funziona uno spazio, come si costruiscono dialoghi e monologhi. Tutto questo è utilissimo quando si scrivono romanzi. Però sono due mondi molto diversi tecnicamente e anche emotivamente: uno vive di solitudini, l’altro ha bisogno fisico di pubblico, di reazioni immediate. Le emozioni più forti le ho avute con i testi drammaturgici».

Domanda - C’è stato un libro, o un autore, che le ha cambiato la vita?

Elisabetta Bucciarelli - «Shakespeare mi ha reso evidente che nella vita avrei raccolto parole, sempre nuove, sempre diverse, le migliori per dire e raccontare. Simone de Beauvoir ha messo in moto un processo di lenta, inevitabile presa di coscienza di quanto una donna che scrive debba impegnarsi per essere libera e desiderare. Friedrich Durrenmatt ha scardinato la mia idea di genere come sottoprodotto letterario, il suo testo “La promessa” mi ha fatto decidere di scrivere il primo noir. Samuel Beckett mi ha fatto credere nell’assurdo letterario. La lista è lunga e si aggiorna in continuazione».

Domanda - Rituali, o esercizi propiziatori, per scongiurare la mancanza di ispirazione?

Elisabetta Bucciarelli - «Devo scongiurare tante cose, ma la mancanza di ispirazione, per fortuna, non ancora».

Domanda - Cosa ama fare nel tempo libero?

Elisabetta Bucciarelli - «Il tempo libero è quello della scrittura. Scrivo d’estate e durante tutte le vacanze. Il resto lo passo a pensare le storie, a documentarmi, a leggere, a guardare film, vado a teatro e ascolto musica. Mi piace anche l’Arte contemporanea e moderna… non stacco mai, la mia testa scrive sempre, è difficile da spiegare ma non esiste un tempo libero dalla scrittura».

Domanda - Progetti futuri?

Elisabetta Bucciarelli - «Un saggio che uscirà per Ponte Alle Grazie l’anno prossimo: “Scrivo dunque sono”, dove racconto come scoprire e come trovare le parole giuste per raccontare e raccontarsi. E c’è anche un nuovo romanzo: inizierò a scriverlo in questi giorni, credo sia arrivato il momento».

Articolo di Alma Daddario per “Orizzonti” n.43


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