| Maria Attanasio: «L’uomo ha bisogno di respirare poesia. La poesia ci può far vedere la verità, che è cosa ben diversa dalla realtà».
Mentre scriviamo per Orizzonti quest’intervista esclusiva a Maria Attanasio, il suo nuovo libro, fresco di stampa, è in distribuzione in tutte le librerie nazionali per la Sellerio, con il titolo “Il condominio di via della notte”. La vicenda è ambientata in quel di Nordia, città letteraria e fondale di una storia di utopia, dove il tema è l’altro, il diverso, in questo caso proiettato nella dimensione di una vita condominiale, ma che da microcosmo può ben presto divenire il macrocosmo che ci circonda, dove ci dobbiamo chiedere ogni giorno come vediamo chi non è come noi: se come una risorsa da accogliere o se come un nemico da espellere.
Un romanzo orwelliano, lo definisce l’autrice, differente dagli altri perché non storico, almeno se per storia non si intenda anche l’immediato presente che, ecco, mentre leggiamo, conversiamo, viviamo, è già divenuto passato. Ma per comprendere questo nuovo lavoro, come tutti gli altri del resto, occorre conoscere al contempo la delicatezza e la forza, la grazia e la decisione, il mistero e la verità che albergano nella Attanasio, poetessa siciliana contemporanea tra le più apprezzate dalla critica e dal pubblico.
Poetessa, innanzitutto, tiene a precisare la Attanasio, quasi a voler rivendicare un confine già conquistato durante la giovinezza (anagrafica e letteraria) e mai più abbandonato, bensì accudito, annaffiato, curato e seminato giorno per giorno. E semmai anche allargato ad altri interessi, come appunto il romanzo storico, i saggi, i corsi di poesia, le collaborazioni a riviste e giornali. La classe (sempre anagrafica) è del 1943. La classe invece letteraria è quella tipica delle figure culturali impegnate a trecentosessanta gradi, di quelle che abbracciano la vita in tutto, senza “se” e senza “ma”, per ribadire che la poesia è un linguaggio ancora vivo e attuale, un’arma “eversiva” ancora oggi efficacissima per conseguire una educazione libera e tollerante, un sentiero giusto per incamminarsi verso le mete del rispetto dell’altro, dell’accoglienza dell’estraneo, dell’amore del prossimo.
La cronologia delle sue opere era arrivata all’anno scorso, con “Della città d’argilla”, dopo il felice esordio nel 1976 con la raccolta di poesie “Amore elementare”. Erano poi seguite le raccolte “Interni” (1979), “Nero barocco nero” (1985), “Eros e mente” (1996), “Amnesia del movimento delle nuvole” (2003), “Del rosso e nero verso” (2007).
È del 1994, invece, il suo primo romanzo storico, “Correva l’anno 1698 e nella città avvenne il fatto memorabile” (Sellerio Editore), che le è valso i premi “Opera Prima Pirandello” di Agrigento e “L’Isola di Arturo - Elsa Morante” di Procida. Nel ’98, sempre con Sellerio, ha poi pubblicato la raccolta di racconti ambientati nel ‘700, “Piccole cronache di un secolo”, scritto a quattro mani con Domenico Amoroso; nel ’99 il romanzo “Di Concetta e le sue donne”, (Premio Sciascia-Racalmare); nel 2007, ancora un romanzo storico, “Il falsario di Caltagirone (Notizie e ragguagli sul curioso caso di Paolo Ciulla)”, che l’ha portata a vincere il Premio “Elio Vittorini” assieme a Lorenzo Mondo e allo scrittore iraniano Bijan Zarmandili. Infine, a giugno 2008, ha pubblicato, con la casa editrice Orecchio Acerbo, il libro per ragazzi “Dall’Atlante agli Appennini”, rileggendo così in chiave deamicisiana il dramma contemporaneo dei migranti.
Domanda: Maria Attanasio, oggi la scrittura è un metodo ancora valido per identificare la dimensione ultratecnologica dell’uomo moderno?
Maria Attanasio: «Spesso, in questo particolare momento storico, la scrittura viene relegata in una nicchia. Ma essa, a cominciare dalla poesia, è più viva ed efficace che mai. Troppe volte manca la mediazione editoriale, gli interessi economici (ma anche la critica letteraria!) vertono sulle mode del momento, sui personaggi, e trascurano veri tesori della poesia contemporanea. Eppure l’uomo ha bisogno di respirare poesia. La poesia ci può far vedere la verità, che è cosa ben diversa dalla realtà. La vera letteratura apre uno squarcio di verità. Per questo, con orgoglio ribadisco che nasco poetessa, rivendico di esserlo e poi divento anche scrittrice!».
Domanda: La sua esperienza si è riversata anche su alcuni corsi di scrittura creativa, oltre naturalmente alla sua carriera scolastica come docente e preside. Una doppia missione, scrivere e insegnare a farlo?
Maria Attanasio: «Ho tenuto diversi corsi di poesia, anche se inizialmente ero perplessa. Ho scoperto, invece, una grande partecipazione degli iscritti, un interesse molto vivo e una voglia di comunicare proprio con la letteratura. In essi c’era soprattutto la domanda di comprendere i linguaggi della poesia, una tensione spesso muta, ma esistente e positiva, che non trova identificazione. Da qui la mia tesi di partire dai linguaggi poetici del passato per approdare al contemporaneo, con la scoperta di strutture metriche, figure retoriche, modelli letterari che sono serviti a comprendere il fondale su cui oggi anche noi scrittori contemporanei componiamo».
Domanda: Lei è di Caltagirone, in provincia di Catania. Ci è nata e ci vive e lavora. Come dire, essere una scrittrice siciliana è un valore aggiunto?
Maria Attanasio: «Io penso sia una vera fortuna poter svolgere questo lavoro in questa terra. Fino agli anni ’90 ho fatto solo poesia, poi ho voluto raccontare quest’Isola anche nei miei romanzi. Chi abita qui ha due vantaggi: abbiamo un fondale storico già pronto e meraviglioso, che solo in apparenza è marginalità geografica (si pensi ai grandi romanzi di Pirandello, Brancati, De Roberto, Verga…); questa marginalità, poi, questi confini dell’impero, possono diventare una ricchezza per ascoltare e comprendere gli altri, le culture, le tensioni, le voci di nuovi popoli. Siamo, insomma, in una posizione privilegiata. Basta tendere l’orecchio e ascoltare».
Domanda: Lei è stata esponente e dirigente del Pci, e impegnata politicamente. Oggi il binomio politica/poesia è ancora così romantico e affascinante come un tempo?
Maria Attanasio: «La poesia pratica un linguaggio non mercificato. Oggi, invece, la lingua stessa si è aziendalizzata, umanizzando cose fredde e inanimate (per esempio, le borse piangono, i mercati ridono!) e disumanizzando invece proprio l’uomo. Assistiamo continuamente a una dittatura dell’economia e alla sua prevaricazione sulla politica. La poesia è invece un valore aggiunto per quest’ultima».
Articolo di Antonio Iacona, Orizzonti n.43
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