| Il romanzo «Capo Scirocco» si è aggiudicato i Premi «Elba» e «Rapallo Carige»
Articolo di Antonio Iacona
Aveva appena cinque anni quando nonna Carola le impartì la prima lezione di solfeggio. Si ritrovò seduta dinanzi a un pianoforte. Avrebbe voluto studiare uno strumento a fiato, ma non fu così. Col tempo ha perfezionato i suoi desideri, curato le sue aspirazioni e ha compreso, infine, l’importanza di quelle prime lezioni di piano. Lo ha compreso oggi, che è una giovane donna e scrittrice al suo felice esordio nella narrativa, oggi che un pianoforte bello, nero, elegante, è al centro di una storia che ha per titolo Capo Scirocco e che la Rizzoli ha pubblicato puntando su questa nuova penna italiana. Emanuela Ersilia Abbadessa oggi ha capito che già nonna Carola l’aveva introdotta in quel mondo meraviglioso e affascinante che è la musica nei suoi mille variegati aspetti e quella stessa musica ha conquistato giorno per giorno la Abbadessa, che si spiega e si racconta nella nostra intervista esclusiva per Orizzonti con la stessa eleganza che contraddistingue la maggior parte dei suoi personaggi.
Emanuela, perché la musica? E perché la musica nella letteratura?
«Appartengo a una famiglia di vecchio stampo, che oltre alla scuola aveva previsto anche una preparazione musicale, spingendomi a studiare pianoforte e canto, e facendomi frequentare sin da piccola i teatri. È stata nonna Carola a darmi le prime lezioni di solfeggio e poi l’altra nonna, Ersilia, palermitana, mi ha trasmesso il breviario ottocentesco della buona educazione. Ma tutto questo non deve far pensare a una famiglia severa, tutt’altro. Forse convenzionale sul piano degli affetti, ma con due genitori meravigliosi sul piano della moralità e della libertà. Oggi sono una persona indipendente grazie anche a questo».
Lei vive a Savona e nella città ligure ha curato per anni la comunicazione per l’Orchestra sinfonica. Ma è nata a Catania ed in Sicilia si svolge il suo romanzo e tutto il suo inchiostro parla e profuma dell’Isola.
«Sì, sono nata a Catania nel 1964, da mamma romana e da papà messinese. Il romanzo è ambientato totalmente in Sicilia, perché la conosco meglio di qualsiasi altro posto, anche se nel libro c’è un piccolo omaggio a Savona, quando descrivo il convento inerpicato su un tipico paesaggio collinare con un percorso devozionale piuttosto arduo».
Il libro è piaciuto subito a pubblico e critica, anche se i temi forse non sono proprio nuovi: amore e morte, passione e dolore. Formule già sperimentate in tantissimi altri esempi.
«Certo, parlerei infatti di forma classica del romanzo. Credo che questa forma abbia ancora tanto da dare. Come avviene per la musica contemporanea, che affonda le proprie radici nella musica classica, così penso che sia anche per la letteratura. Non dobbiamo essere per forza innovativi. Ho scelto questo tema perché mi piacciono i temi melodrammatici».
Ed ecco che allora si spiega la trama, comunque romantica e appassionante, del racconto, a richiamare forse L’età dell’innocenza o ancora Anna Karenina. Ci sta tutto, il filo conduttore della storia d’amore, nelle passioni e nelle ossessioni dei protagonisti: un ragazzo che vede il suo futuro proiettato come tenore sui palcoscenici; una nobildonna ricca, abituata a soddisfare i propri capricci, che lo accoglie in Sicilia e lo educa; una giovane donna, poi, che suona il pianoforte con la delicatezza di un essere fantasioso e che fantasie scatena nel protagonista. La critica ha già parlato di protagonisti forti e ben definiti e ciò rende ulteriore merito all’opera prima di Abbadessa, che però non è nuova alle stampe, anche se in altra veste. Emanuela ha infatti insegnato Storia della musica e Comunicazione musicale alla facoltà di Lingue dell’Università di Catania. Dal 1990 è ricercatrice della Fondazione Bellini e si è occupata della musica del Ventennio e di rapporti tra musica e letteratura. Tra le sue tante pubblicazioni scientifiche, ci sono Aspetti sadiani nella figura di Scarpia e In the name of the father: a view of the relationship between Mozart and his Super-Ego, as seen throug the (distorting) lens of Don Giovanni. Ha pubblicato con Bonanno Editore Ho un sassolino nella scarpa. Come giornalista, collabora con il quotidiano La Repubblica, redazione di Palermo.
«Ho scritto Capo Scirocco in un periodo intenso della mia vita - racconta Abbadessa a Orizzonti - e mi piace scrivere perché lo ritengo il modo più bello per tenersi compagnia. Certo, scrivere un libro ambientato in un altro periodo storico comporta studio e ricerche. Lo spunto di questo romanzo è nato da una semplice e vivace conversazione. Non pensavo di scrivere un libro come un romanzo, che invece si è rivelato un’avventura meravigliosa».
Cosa ci dovremo aspettare adesso? Magari un libro di poesie?
«Non credo. La poesia è per me come il jazz: la guardo da lontano, con rispetto, ma non sono una poetessa. Spero, invece, di scrivere un altro romanzo. Sto lavorando su una nuova storia che per ora mi limito a dire che mi piace molto. Vedremo se funziona».
La provocazione è divertente, perché non le chiederemo con quale opera musicale meglio si identifica, bensì che pietanza sarebbe, se si dovesse descrivere ai lettori in termini gastronomici?
«Sarei un agrodolce, forse più esattamente la zucca in agrodolce. Mi ricorda mia nonna. E poi, ho anche delle asperità, come il ficodindia!».
Beh, forse tanti anni trascorsi per lavoro a Savona non l’hanno veramente cambiata ed Emanuela Ersilia Abbadessa è rimasta così, una elegante e garbata scrittrice siciliana.
(Articolo pubblicato sulla rivista Orizzonti n.43)
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