| «Dio, quando nasciamo, ci fa il regalo più grande: i sogni e la voglia di realizzarli. Quando siamo bambini, tutti questi sogni sono veri e possibili. Solo dopo, con il passare del tempo, facciamo morire qualcosa, giorno dopo giorno: iniziano ad arrivare scuse e soltanto scuse; i sogni piano piano scompaiono e finiscono agonizzanti sotto le macerie della quotidianità.
Io li sento, i miei sogni, sono vivi e scalpitano come puledri». Con queste parole Giorgio Serafino, nel suo primo libro L’America in vespa, ci confessa la necessità di credere ai sogni, perché proprio da questa fiducia si troverà il coraggio necessario per provare a realizzarli. E lui c’ha creduto, li ha ascoltati, condivisi con la moglie Giuliana Foresi, e ha provato a realizzarli. Uno di questi, forse il più importante, è quello di fare della passione per i viaggi - non certo tranquilli, ma movimentati dal rischio e dall’imprevisto - il proprio lavoro.
A bordo della loro Vespa 50 Special, Giorgio e Giuliana hanno compiuto imprese ardue, percorrendo le strade di mezzo mondo, hanno attraversato la mitica strada americana che va da Chicago a Los Angeles, la Route 66, uno strepitoso viaggio raccontato nel libro L’America in Vespa, continuando la loro avventura tra le strade dell’Asia e dell’Africa. Proprio di questi giorni è l’uscita del nuovo libro, Paradiso di polvere, in cui Giorgio descrive il viaggio nel cuore di Thailandia, Laos e Cambogia in compagnia della moglie e dell’inseparabile… Vespa 50 Special!
Una vecchia Vespa buttata in garage, l’idea di rimetterla in sesto per percorrere addirittura la «mitica» Route 66. Come è nata questa idea e c’è stato un momento preciso in cui hai capito che quel tuo sogno sarebbe diventato realtà?
«L’idea è nata praticamente per scherzo e la storia è un po’ lunga: io e Giuliana stavamo ricostruendo la nostra casa praticamente da soli, e nel frattempo vivevamo in roulotte (è stata la nostra casa per 5 anni). In quel periodo mi viene regalato il cadavere di una Vespa 50 Special, del 1978. Non avevo casa o garage, quindi la vespa è rimasta buttata fuori per tutto il tempo. Tutti gli amici che la vedevano mi dicevano: “Ma perché non la butti via, che ci fai, non è più buona a niente, è solo un catorcio!” Io, un po’ per scherzo e un po’ per sfida, ho iniziato a dire che una volta finita casa avrei risistemato la Vespa dipingendola come “Il Generale Lee”, la macchina nel telefilm Hazzard, e ci avrei percorso la “strada madre”, la strada di tutte le strade e di tutti i sognatori, la ROUTE 66.
Finita la casa, però, il sogno è rimasto ancora tale. Durante un viaggio in moto Honda 250 da enduro in Cambogia, io e Giuliana ci siamo persi in un piccolissimo sentiero nella giungla, rimanendoci anche di notte. In quelle ore in cui il panico sembrava voler prendere il comando, vedo una piccola luce, mi avvicino, ed era il fuoco su cui tre donne stavano cucinando. Ci accompagnano sotto una palafitta da dove esce una ragazza olandese che viveva lì da 6 anni. Ci monta 2 amache con zanzariera preparandoci anche qualcosa da mangiare. Quella che doveva essere la notte più brutta, si è rivelata la più bella ed è stato in quella notte che ho deciso che viaggiare su due ruote senza niente di programmato era l'unica cosa che volevo e che sapevo fare. Perdermi mi ha fatto ritrovare l'anima!
Torno a casa e preparo la vespa…».
L’esperienza di questo insolito viaggio come ha cambiato la tua vita e quella di tua moglie, che ti accompagna in ogni avventura?
«Scrivere e viaggiare come dicevo è stato sempre un mio sogno, ma qualcosa mi faceva pensare che fosse impossibile ma, da quella notte e soprattutto dopo la Route 66, tutti i sogni sono diventati realtà e a dire la verità sto continuando a sognare... Ancora devo svegliarmi!
Dopo l’America, con la stessa vespa abbiamo attraversato Thailandia, Laos, Cambogia, Sud Africa, Namibia e Botswana e siamo tornati proprio da qualche giorno dall’India».
Quali sono le sensazioni immediate di questa nuova esperienza?
«L’India è stata veramente dura, per la prima volta in un viaggio la sensazione di libertà è stata praticamente assente. Oltre allo sporco alle malattie e al traffico pazzesco e pericoloso, ho visto un paese razzista, persone razziste, un paese tutt'altro che spirituale… Un paese finto e senza Dio, dove le donne sono trattate come cani e non possono neanche guardarti. Tutto questo, subito fuori dalle sempre finte città o oasi turistiche, nate solamente per trarre profitto da chi le visita. Sono capitate situazioni molto brutte e pericolose. Che paese può essere quello dove solo gli uomini possono fare e parlare o dove qualsiasi parola e gesto è fatto con l'unico scopo di riuscire a prenderti più soldi possibili? La situazione era migliore solo nell’estremo nord dove la popolazione è Buddista e dove vivono i tibetani in esilio dal Tibet, ormai reso sterile dalla Cina padrona!».
Scriverai un libro anche sull’India?
«Sicuramente, ma avrà un sapore un po’ più amaro, sarà un po’ più “cattivo”».
La scrittura che posto ha nella tua vita? Oltre a scrivere libri, hai un sito internet che aggiorni, per i tuoi lettori, anche quando sei fuori dall’Italia…
«È da poco uscito il mio secondo libro, che parla del viaggio nel sud est asiatico, e sto scrivendo anche riguardo all’Africa e altre cose.
La scrittura mi piace da impazzire, ho sempre scritto molto ma tenevo tutto per me e non ho mai consegnato niente a nessuno, prima del viaggio sulla 66.
Scrivo per sentirmi meno peggio o per stare meglio, dipende... è una specie di bisogno!
“Viaggio e scappo e scrivo, perché cerco disperatamente qualcosa di vero, cerco di vedere occhi eccitati e parole che tremano impaurite, cerco parole scritte sui muri, cerco il vero e la verità... qualcuno può dirmi la verità? Cerco il tempo scandito solo dal sole, cerco di sentire la carne che trema per qualcosa di forte, cerco di togliermi dalla mente il superfluo. Ogni tanto lo trovo e mi piace da pazzi, mi piace l’abbraccio della strada o di uno sconosciuto perché sicuramente è vero. Mi piace incontrare qualcuno che crede in qualcosa, magari in un sogno e lascia stare tutto il resto. Quando scopro qualcosa o qualcuno, mi ci butto dentro e prendo fuoco, do fuoco al cervello, all’anima, al cuore, ma spesso do fuoco anche a tutto il resto, lo brucio, e in mano non mi resta che la cenere del sogno. Così devo iniziare di nuovo, ricomincio sempre ad incendiarmi, ricomincio a cercare le fiamme!”
Scrivo anche i reportage di viaggio per la rivista In Moto, della Conti editore. Ogni volta che posso, cerco di aggiornare il sito www.terraeasfalto.it, soprattutto quando sono in viaggio e praticamente in tempo reale, sempre se la connessione lo permette! Se posso, approfitto per salutare e ringraziare tutti quelli che leggono e commentano, e mi scrivono anche in privato messaggi veramente belli che spesso mi lasciano senza fiato».
Articolo di Caterina Aletti pubblicato su Orizzonti n.43
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