| Sono giardiniere, e sono fiore.
Osip Ėmil’evič Mandel’štam
Scrivere una poesia è un percorso che non sempre ha già prefissata la meta. I pensieri diventano, talvolta inconsapevolmente, altre inesorabilmente, poesia, quando la realtà di un sentimento o un paesaggio, si rivela in modo inaspettato.
Se il testo fosse descrizione, racconto, la poesia rimarrebbe nascosta, come un fiore che non trovando condizioni favorevoli, tarda a sbocciare. Quando le parole sono libere di esprimersi ed elevare la realtà ad emozione, il poeta può trasmettere la sua visione.
Nelle poesie sulla natura il modo di vivere e di sentire è tutto. Determina uno sguardo sempre incantato, nuovo, consciamente ingenuo, sulla solita luna, il solito autunno, la solita neve. Ma ogni volta è la tavolozza di emozioni che scrive immagini mai viste, trasforma il cielo, sposta e crea visuali da luoghi interiori diversi.
La frase introduttiva del poeta russo Osip Ėmil’evič Mandel’štam, represso da Stalin, ostinatamente sensibile più ad un vuoto bosco che alla tetra prigione in cui morì, esprime il mio pensiero in modo sublime. Racconta di esseri che vivono la realtà con “naturale stupore”, essi sono attori - giardinieri e allo stesso tempo spettatori - fiori. L’amore si affaccia a tratti sulla necessaria rappresentazione che è la vita stessa, può essere personaggio principale, oppure inutile comparsa. Se poi amore e natura si uniscono, “La luna e noi” racconta con innocente pienezza una vita in cui non è possibile che esistano l’uno senza l’altra.
Se tuttavia i due elementi non si incontrano, sarà compito del poeta avvicinarli nei versi e celebrarli, affinché creino unioni di intensa meraviglia quotidiana.
Collana "Gli Emersi" - Poesia
pp.52 €12.00
ISBN 978-88-591-2358-3
Il libro è disponibile anche in versione e-book http://www.alettieditore.it/emersi/2015/zanotti.html#sthash.46m7E5jY.WqGyEduw.dpuf
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