| Domanda - Partiamo proprio dal titolo, come mai “Il Destino”?
Carolina Purici - Il Destino è una parola usata per motivare un errore, per dare importanza a un evento, per dare un significato mistico o miracoloso, spesso è concepito come un fatto assoluto, irrevocabile e indiscusso. Il Destino sarà predefinito dalle stelle, Dio o altre divinità, ma in grande parte è creato da noi stessi. Questo è il messaggio che devo far arrivare ai miei figli. Ti puoi trovare in un paese lontano o vicino, sotto dittatura oppure o in una società fiorente, le uniche risorse che abbiamo sono la volontà, il lavoro e la perseveranza. Ognuno di noi possiede una forza interiore enorme che ci può ispirare non solo nelle grandi cose, che non sono alla portata di tutti, ma nel nostro piccolo crescere professionalmente, emotivamente, nell’essere una persona aperta, tollerabile, piena di vita e curiosità senza perdere mai la speranza. La speranza è l’energia della vita.
Domanda - Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Carolina Purici - La lettura di questa opera ha sicuramente una chiave sociale. Quando nel percorso di realizzazione di questo libro è venuta la definizione di “opera sociale”, sono rimasta perplessa di come la mia vita e il mio percorso siano stati definiti tali. Prima di tutto l’aspetto personale di una ragazza, giovane donna, madre e nipote, come componente di una famiglia in un contesto sociale. La maternità, la consapevolezza di dare vita, di procreare, il parto un evento traumatico doloroso e bello nello stesso tempo, non esiste donna che non sia rimasta cambiata o come minimo non abbia rivalutato la graduatoria dei propri valori e la percezione del mondo in generale dopo aver vissuto questi eventi. I legami famigliari, la perdita dolorosa del nonno fa scatenare emozioni contrastanti di tristezza e anche di gioia per gli anni trascorsi insieme. Una donna matura e indipendente che nello stesso tempo si trova al riparo da altre due generazioni perde la nomina di nipote e il momento dopo diventa più adulta, la grande della casa. Com’è essere figlia e avere figli, la responsabilità per il presente e per il futuro. Il “Destino” è la vita attraverso diversi eventi sociali e l’influenza di questi eventi sulla vita dei personaggi. Tensioni sociali, la clandestinità, essere chiamata extracomunitaria, straniera, parole a cui ho imparato quasi ad affezionarmi. Situazioni che ti mettono a dura prova e ti fanno capire che niente è dovuto e regalato, devi iniziare dalla base, come un lavoro su un quadro immacolato, dipingere, osare e tentare. Aiuta il destino che il destino aiuterà te. Il sacrificio dei predecessori non può essere inutile.
Domanda - Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Carolina Purici - “Il Destino” è la realtà, essendo un racconto autobiografico ogni parola e ogni punto ha una testimonianza. Un racconto onesto, critico con un pizzico di autoironia.
La clandestinità, un abisso insormontabile in qualche modo schivato soltanto aggrappandosi ai muri e scivolando fino a vedere il fondo. Molte persone si possono ritrovare in questo racconto, persone che hanno lasciato le loro terre per trovare una vita più agiata, più opportunità e benessere e che portano tanta nostalgia.
Le generazioni passate che sono sopravvissute alla Grande Guerra, alla fame, malattie e devastazione, vivendo anche a migliaia di chilometri di distanza si possono ritrovare facilmente in questa racconto. Spesso nel “Destino” troviamo un filo invisibile tra la vita e la morte, la paura di morire ha una lingua universale, un desiderio disperato di sopravvivere di un giovane durante la guerra oppure di un anziano arrivato a un a veneranda età.
Domanda - La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Carolina Purici - Delle righe che sono uscite come un fiume in un momento di sconforto, anche totali, soliti a fare prima di un traguardo anagrafico. Ricordi, pensieri a volte ruvidi, sinceri, che ho lasciato così come sono, perché sono emozioni autentiche e comprensibili. Perché scrivere? Scrivere per ricordare e per non dimenticare, diventa più duraturo, più reale, percepibile e inevitabile. Perché una persona schiva dovrebbe raccontare i fatti personali con il pericolo di essere giudicata, paragonata e esaminata. Si fa per accettare le esperienze passate come un fatto dovuto, risultato e la conclusione delle nostre scelte e decisioni, a volte anche sbagliate. Sogni raccontati alla luce del giorno non sembrano cosi terrificanti. È arrivata la luce.
Domanda - A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Il Destino”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Carolina Purici- I momenti importanti sono stati tanti, sfogliare l’album di famiglia con le foto dei miei nonni sposi, io con i nonni a capodanno, io in braccio al nonno cinquantenne che sembrava una roccia, indistruttibile e eterna. Descrivere il nostro paesino, rimanere stupita di quanti dettagli sorprendenti, a volte anche insignificanti, ho conservato nella mia memoria. Dopo la lettura di questo passaggio un’amica ha avuto un irrefrenabile desiderio di tornare a casa.
Un’emozione autentica ho vissuto tornando dal lavoro molto tardi, alla vista di una busta un po’ più grande del solito, che ho individuato subito come una proposta editoriale. Senza aprirla ho iniziato a saltare e gridare di gioia, sotto lo sguardo interrogativo dei miei famigliari.
Trovare un’immagine per la copertina, che riassumesse significato del racconto e nello stesso tempo avesse un valore emotivo per me, è stato altrettanto importante. Un racconto scritto da una donna, con le esperienze più importanti che l’hanno plasmata e gli eventi più significativi della vita delle altre donne della casa, non poteva essere che la foto della bisnonna con le sue figlie che rappresenta un passaggio generazionale e storico.
Domanda - Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Carolina Purici - Difficile dire chi di più ha influenzato la mia scrittura, sicuramente tutte le opere lette hanno lasciato un segno, toccato una corda particolarmente sensibile. Autori, tematiche e realtà diverse hanno lasciato un pensiero, un ricordo, un’emozione, un colore. Sono stati tanti scrittori con tecniche così differenti di scrittura: sofisticati, eleganti, filosofici oppure diretti, energici e toccanti. Autori come Hemingway con “Il vecchio e il mare”, Camilleri e Fallaci o piuttosto Dan Brown con il suo modo coinvolgente di azione, Clive Cussler così affascinante per chi sogna l’avventura, sono tutti quelli che riempiono il mio tempo libero. Il mio modesto modo di scrivere è dettato dalla mia personalità, dal modo di essere e di presentarsi, autoironico, critico, momenti esilaranti seguiti dai discorsi più seri e profondi, come la solitudine, la vita come nascita e la morte come la conclusione di un percorso terreno che non può rimanere un tabù o sorpassato come un evento finale, di chiusura e dimenticanza.
Domanda - Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Carolina Purici - Sono gelosa di quelli che possiedono il dono e il linguaggio dell’Artista, che ci regala la possibilità di meravigliarci, emozionarci, aprire la mente e la visione sull’essenziale. Lavori sulla tela, marmo, in legno, materiali così diversi, freddi, resistenti, indistruttibili gli uni, caldi e disponibili altri, lavorati sapientemente danno profondità, prospettiva, raccontano, come su un foglio, pensieri, immagini, ricordi, paure che ci fanno riflettere e cercare. Piccoli dettagli invisibili ad un occhio impreparato diventano fondamentali e essenziali per la lettura dell’opera. Non sono preparata a criticare ma posso rimanere incantata e senza fiato di fronte al “Davide” di Michelangelo, non ti stanchi mai di guardarlo, ti concentri a memorizzare ogni curva, ogni dettaglio da portare con te per sempre. È sufficiente ascoltare il mormorio rispettoso e guardare i visi estasiati delle persone di fronte alla Venere più famosa da sempre per capire l’importanza dell’Arte sulle nostre vite.
Ogni tanto sarebbe giusto prescrivere una pillola di questo carico fenomenale, che si trova alla nostra visione da secoli e rimarrà per sempre pronto a essere ammirato e beatificato da una moltitudine di persone così diverse tra loro. Questi sono momenti rari e preziosi che possiamo vivere raramente, invece nella vita quotidiana spesso siamo circondati di piccoli capolavori, oggetti fatti bene con cura e armonia che ci mettono di buon umore e ci ispirano.
Custodisco un oggetto prezioso, un tappeto di un valore inestimabile per me, anche lui fa parte del destino, una testimonianza ancora più tangibile del passato. La materia prima è stata preparata manualmente da una nonna e l’altra invece ha eseguito alla perfezione una meravigliosa composizione di fiori e colori che riflette in tutto la mia terra, mi porta lì in qualsiasi momento e mi ricorda la mia famiglia.
Questo è lo scopo della vera arte: far palpitare il cuore, rimanere senza il fiato e arricchire la nostra esistenza.
Domanda - Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Carolina Purici - Ovviamente il genere d’azione mi è molto vicino, così vivace, coinvolgente, affascinante da togliere il fiato. Non mi perdo nessun libro di Clive Cussler da anni, ti fa sognare e divertire, i suoi libri sono eccitanti e pieni di vita. Fa solcare i mari anche per quelli come me che non possono distinguere la prua della poppa, oppure inabissarsi con sottomarini di ultima generazione anche se non sanno nuotare.
Domanda - Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Carolina Purici - Possiedo un e-book, lo trovo pratico, contemporaneo, tecnologico, alla moda, compatto da risolvere il problema dello spazio. E nello stesso tempo mi avvolge un senso di beatitudine cercare un libro in libreria, toccarlo, sentire la sua ruvidità sulla pelle, ascoltare il fruscio delle pagine, trattarlo con cura e rispetto, magari usare un segnalibro acquistato in una delle città storiche visitate oppure un semplice opuscolo pubblicitario che mi porterà ad un altro libro. Due generazioni, una giovane, elegante, che dà senso di leggerezza, e la seconda più anziana che trasmette rispetto per il lavoro di creazione e per la sua storia millenaria. Sono due forme della stessa essenza che possono tranquillamente convivere, completarsi, trasformarsi e sopravvivere.
Domanda - Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Carolina Purici - Scrivere “Il Destino” è stato vivere un vulcano di emozioni, un fermento interiore, con le parole che facevo fatica a fermare perché conoscevano il loro posto, avevo un inizio, una fine e tanti ricordi e diari.
È stato difficile trovare la prima parola, ma anche questa è stata suggerita dalla realtà, una semplice domanda di mia figlia, che accenna a un tormento sociale molto simile a quello interiore, è diventata un input per esplodere in una valanga inarrestabile di parole.
Domanda - Un motivo per cui lei comprerebbe “Il Destino” se non lo avesse scritto.
Carolina Purici - Un’opera letteraria deve scatenare nel lettore delle emozioni autentiche e profonde. Un sorriso, una lacrima, una riflessione generale sul mondo oppure sulle proprie scelte e aspettative, anche su certe situazioni sociali e stereotipi. Sarei pienamente contenta di indurre nei miei lettori una di queste emozioni oppure lasciare una frase, un pensiero da accettare come proprio. Parlo della mia vita, non è un frutto della mia immaginazione, studiato per far emozionare, strutturato in tal modo da accendere riflettori su una certa situazione oppure sottolineare un certo comportamento. Non potrei essere completamente oggettiva, un critico staccato e indifferente, racconto i miei sogni, aspirazioni e anche errori.
Domanda - Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Carolina Purici - Scrivere, vuole dire avere qualcosa da comunicare, una storia se non vincente, almeno curiosa, perché no, anche istruttiva. Si deve sentire la necessità di scrivere con le parole che escono nei momenti più inaspettati, e ti fanno perdere la percezione di tempo e spazio, parole che sono come dei pezzi di un grande mosaico già pronte a prendere il loro posto.
Mi auguro di trovare una parola giusta per iniziare e considerare perso ogni momento che non scrivo.
Collana "Gli Emersi" - Narrativa
pp.96 €13.00
ISBN 978-88-591-2537-2
http://www.alettieditore.it/emersi/2015/purici.html#sthash.AmWUwouL.dpuf
Diventa nostro amico su Facebook
www.facebook.com/alettieditore
Seguici su Twitter
www.twitter.com/alettieditore
Visita il nostro Canale Televisivo Youtube
www.youtube.com/alettieditorechannel
|