| Partiamo proprio dal titolo, come mai “Lontano da Morgana”?
Antonino Emanuele Valere - La ringrazio, perché mi sembra una partenza sensata, perfetta. Il titolo che ho scelto è di per sé un microcosmo, ma credo che scegliere un titolo che custodisca un intero mondo non sia una mia esclusiva, almeno nell'ambito della scrittura. Ci vorrebbe molto per spiegare la scelta di un nome come Morgana. Molto, forse troppo; per il peso allegorico - quasi magico e fiabesco - del nome, per la sua poliedricità, ma anche per la vitale importanza che quella parola riveste nell'immaginario di chi, come me, può ammirare ogni giorno e da una finestra di casa fenomeni paesaggistici strettamente legati a tale nome. Così, piuttosto che spiegare, lascio questi semi di spunto. Morgana è la principale figura femminile del racconto ma, al tempo stesso, nome proprio e personaggio rappresentano una perenne allegoria della vicenda umana. Morgana è donna, finzione, selvatica bellezza, amore in tutte le forme; è compagna di viaggio, bene e male che coesistono e si combattono, ed è la città che non si smette di adorare, ciò che in altri tempi si sarebbe potuto chiamare patria. Riguardo il termine lontano, invece, volevo servisse a ricordare che la vita è un viaggio, fatto di andate e ritorni continui, ma per lo più dentro se stessi. E che, soprattutto oggi e nell'economia dell'intero viaggio, sembra sempre che il tempo in cui l'essere umano si trova lontano da se stesso appare maggiore rispetto a quello in cui invece si è come si dovrebbe essere. Ovvero vicino - o meglio ancora, dentro - se stessi. Resto convinto del fatto che ogni eroe, per quanto vi si possa allontanare, ritorni sempre e comunque alla propria isola.
Quali sono gli argomenti ricorrenti, o per lei fondamentali, che tratta in questo volume?
Antonino Emanuele Valere - La vicenda esistenziale umana, semplicemente il viaggio. Con compagni, comparse, amici e nemici, scelte e contesti che fanno da sfondo a ogni avventura di vita. Fotografie dell'esistenza dalla prospettiva di un cammino da ermeneuta.
Quanto la realtà ha inciso nella scrittura?
Antonino Emanuele Valere - Se per realtà si intende quello che vediamo ogni giorno intorno a noi, filtrandolo attraverso il nostro occhio interpretativo, direi molto. Se invece lei parla di cosiddetti cenni autobiografici, direi pochissimo. Anche se chi scrive, quando ama il proprio mondo e i propri compagni di vita, cerca di non dimenticarli mai, richiamandoli anche in un solo dettaglio dentro un'intera struttura di fiction. Il semplice modo di sorridere di un personaggio può essere un omaggio a qualcuno che mi è caro, ma questo non significa autobiografia né derubare nessuno raccontando un vissuto, si tratta più che altro di personalizzare - onorando o esorcizzando a seconda dei casi - ciò che l'immaginazione non può trattenere e sfoga su una penna che corre.
La scrittura come valore testimoniale, cosa ha voluto salvare e custodire dall’oblio del tempo con questo suo libro?
Antonino Emanuele Valere - Quando scrivo mi emoziono. E nella scrittura, in ciò che scrivo e in ciò che leggo, cerco solo emozioni. Mentre immagini, storie e parole sono soltanto un mezzo e - vere o finte che siano - passano. Invece le emozioni sono perenni, e si salvano da ogni forma di oblio. Vale per qualsiasi genere di espressione dell'uomo. Ecco, mi piacerebbe che chi leggesse qualcosa di mio si riconoscesse sorridendo in un'emozione. L'empatia che si instaura tra lettore e lettura, tra opera e spettatore; sì, è soltanto questo ciò che si salva dal tempo.
A conclusione di questa esperienza formativa che ha partorito il libro “Lontano da Morgana”, se dovesse isolare degli episodi che ricorda con particolare favore come li descriverebbe?
Antonino Emanuele Valere - Non ricordo episodi particolari, conosco soltanto la fame, la voglia, la smania di cui mi ammalo quando si azzuffano nella mia mente immagini, dialoghi, personaggi o semplici concetti e io devo immediatamente liberarmene - e liberarli -, imprigionandoli sulla carta.
Quali sono le sue fonti di ispirazione: altri autori che ritiene fondamentali nella sua formazione culturale e sentimentale?
Antonino Emanuele Valere - Fonti di ispirazione sono il mondo, l'uomo, la natura. Un giorno ho letto una frase di uno scrittore vero, le parole erano più o meno queste: come faccio a spiegare a mia moglie che quando sono alla finestra sto lavorando. Ecco, penso semplicemente che questa frase, per uno che scrive, sia di un'esattezza disumana, e non le nascondo che nutro invidia per colui che l'ha inventata. Non c'è modo migliore e più creativo di descrivere l'ispirazione, almeno una parte di essa. Ma ispirazione sono anche e soprattutto autori che ritengo inarrivabili, ne cito tre su tutti: Dostoevskij, Pirandello e Calvino. Poi c'è la grande letteratura contemporanea, quella da vetrina; anche questa è fondamentale per chi scrive. Non si può pensare di produrre qualcosa senza sapere chi siano e cosa facciano i più grandi esempi attuali di ciò che si cerca di fare.
Ci sono altre discipline artistiche, o artisti, che hanno in qualche modo influenzato la sua scrittura?
Antonino Emanuele Valere - Sono un architetto, amo l'arte a trecentosessanta gradi, perderei ore e giorni dentro musei e biblioteche, venero il paesaggio. Per me sarebbe riduttivo e difficile fare nomi di artisti o opere che amo. Anche se si può capire qualcosa in più su gusti e influenze leggendo il mio libro e altri miei scritti.
Oltre a quello trattato nel suo libro, quali altri generi letterari predilige?
Antonino Emanuele Valere - I romanzi di formazione sono il mio genere prediletto, ma mi piace molto la letteratura che in generale indaga la condizione umana, soprattutto attraverso l'allegoria. Per fare un esempio, credo che il "Vecchio e il mare" sia un'opera insuperabile sotto questo punto di vista.
Preferisce il libro tradizionale cartaceo o quello digitale?
Antonino Emanuele Valere - Le possibilità del digitale oggi sono straordinarie, soprattutto se si viaggia e ci si sposta; sarebbe impossibile trascinarsi dietro una libreria e so soltanto io quanto mi piacerebbe poterlo fare quando viaggio. Col digitale ad esempio si può, ma il cartaceo non ha paragoni, è multisensoriale. Si legge, si tocca, si odora, si sente. Quando riponi un libro sul comodino e guardi il segno, ti orienti su quante pagine manchino alla fine; è un rito che chi legge conosce ma il digitale non è in grado di farcelo vivere. Da architetto poi, direi anche che i libri cartacei arredano e che le librerie rendono bella e vera una casa. Un'abitazione senza libri è un nonluogo in cui trionfa il nonsenso. Se dovessi fare una scelta, opterei per il libro cartaceo.
Per terminare, qual è stato il suo rapporto con la scrittura, durante la composizione del libro.
Antonino Emanuele Valere - Lo stesso di sempre nell'atto in cui scrivo: un rapporto famelico, totalitario, sfiancante, viscerale e appassionato. Un'angoscia sublime.
Un motivo per cui lei comprerebbe “Lontano da Morgana” se non lo avesse scritto.
Antonino Emanuele Valere - Il titolo. Cerco sempre tra gli scaffali dei titoli che mi incuriosiscono. E spero che il mio lo sia, io ci ho provato.
Ha in progetto altre opere da scrivere nel prossimo futuro? In caso affermativo, può darcene una anticipazione?
Antonino Emanuele Valere - Ho sempre in progetto di scrivere altro, per me scrivere equivale a vivere. Attualmente sto rimettendo ordine al mio primo racconto, credo che l'idea su cui si basa la narrazione abbia un grande potenziale ma credo anche che ci sia tanto da lavorare. Diciamo che crescendo capisci quanto si debba sempre migliorare e quanto si è sciocchi nel credere di aver finito un lavoro solo dopo le prime mani. Dal mio primo racconto mi piacerebbe tirar fuori un grande romanzo, ma è un sogno di cui non so se sarei capace. Forse mi butterò su altre storie, una l'ho già in mente, o forse proverò a sognare e a scrivere, ma senza fretta. Anche se con la storia di non lasciarmi prendere da fame, fretta e vorticose ansie, be', la vedo dura, ormai mi conosco.
TRAMA DEL ROMANZO: Lontano da Morgana è un incrocio di destini. Una storia originata dai tragici eventi abbattutisi sulla vita di Cristian La Volta e della famiglia Merlo. Cristian era il miglior amico di Zoe, la sorellina di Morgana. Lui e Morgana non si sarebbero nemmeno dovuti incontrare. Ma è oltre metà tragitto che si scoprono le connessioni attraverso cui il viaggio si sviluppa. Riaffiorano segni e circostanze apparentemente senza senso e un bel giorno tutto appare chiaro. Il Destino gira le carte.
Un viaggio che parte da una delle tante periferie dell’Italia meridionale e passa veloce per Milano. La vita che sembra assestarsi qualche anno dopo nella lontana Yaoundé. In realtà c’è ancora tempo e spazio per un volo aereo verso un noto caffè di Parigi dove tutto si spiega e finalmente si dispiega.
Burattini nel teatro del caso, Cristian e Morgana proveranno a tagliare i fili al Destino, a dare senso e pace alle loro indissolubili vite connesse. Il dramma, la paura, la lotta, la vergogna, il disagio, le maschere imposte dalla vita, il coraggio delle scelte, l’amore in tutte le sue forme, la psicologia e i comportamenti umani sono i microcosmi che infittiscono una vicenda che sembra sempre sul punto di finire ma che lotta continuamente per riaccendersi di vita.
Collana "Gli Emersi" - Narrativa
pp.192 €14.00
ISBN 978-88-591-2227-2
Il libro è disponibile anche in eBook
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