| È con soddisfazione particolare che scrivo una breve analisi delle seconda raccolta di poesie di Antonella Brindisi, che mi dà soprattutto l'occasione di parlare di una poesia che solennizza un canto antico, la cosa più bella e sacra dell’esistenza: l’amore. Lo fa con sentimenti limpidamente espressi, versi che hanno la facoltà di rafforzare un complesso di legami dalle radici lontane, ma profonde ed è la base di una documentazione specializzata e preziosissima che fa di questo sentimento il perno privilegiato dei suoi giorni. In tutti i casi, sia essa poesia popolare o lirica, sempre e comunque, la poesia è un’esperienza intellettuale che veicola una serie di valori emotivi e psichici. Quella di Antonella Brindisi è fuor di dubbio lirica, una poesia ragionata, levigata e cesellata per cui ne risulta un codice espressivo raffinato ed elegante seppur composta con partecipe emozione personale. Nell’articolato gioco dei componimenti posti in sequenza, si evidenzia una differenza sostanziale: in alcuni si legge il dentro poi si descrive il fuori, in altri si descrive che cos’è l’anima e cosa fa l’anima. Insomma, una poesia densa, fortemente marcata dalla matrice autobiografica spesso, come per es. nei versi di:
-Cercando le mie radici - Qui si sana il corpo - Mi manchi papà - Così ti ho chiamato … Amore - A Ginetta - Dies Natalis - In fide maneo – Melfi - dove si riscontra un certo prevalere della componente pensante dove l’autrice impiega la sua penna nella costruzione di messaggi che servano agli altri, a chi sa leggere il suo particolare stato emotivo scaturito dai ricordi e farne tesoro per la propria vita. L’esatto contrario lo riscontriamo nelle altre poesie, la cui tonalità è frutto di una sfera emozionale che si traduce in abilità metaforica. Qui c’è la straordinaria capacità di sciogliere la durezza in dolcezza. Da un rapporto umbratile con la vita e col mondo, sa ricavare tenerezza, fluidità, insomma il dolore dell’anima viene curato dalla poesia. Qui il linguaggio poetico ha una particolare potenza espressiva per cui rimangono impresse nel lettore, immagini molto forti come queste:
Gli occhi ormai pregni di verde silenzio …
Indosso solo ali di vento
come da antica luna
La donna al fiume
le sue lacrime di sole e di luna
Trascinata da onde impetuose
ho conosciuto cieli senza sole né luna
Continueremo a tessere filigrana di noi
Il calice del cuore è vuoto ancora
Meditiamo sulla morte
ma per cercare il senso della vita
Le due “voci poetiche”, pur nella loro autonomia, hanno un substrato comune, sia per lo stile, sia per i due registri dominanti che sono il vedere e il sentire, sia per ciò che concerne la percezione di alcuni grandi temi della condizione umana. Nell’analisi critica di un libro di poesie, di solito si fa questo percorso: si va innanzitutto alla ricerca dell’intuizione creativa di cui parla Jacques Maritain, un filosofo francese dell’inizio 900 che amava sia le Lettere che le Scienze, infatti era laureato in entrambe le discipline e trovava nell’arte l’apoteosi e la sintesi di entrambe. Scrisse a proposito un trattato: la responsabilità dell’artista, in cui affermava una teoria. Diceva che una persona inizia a poetare o comunque ad accostarsi all’arte quando nella sua vita interviene un fatto eccezionale che può nascere da un momento particolare di carattere gioioso o doloroso, come da una passione, dalla nascita di un figlio, da un dolore cocente, da un distacco, una perdita, insomma una riconoscibile motivazione forte e l’energia di cui essa si fa vettore, si tramuta in valore attraverso la ragione operativa per cui un’opera d’arte è ritenuta valida se dettata da un sentimento eccezionale, un impulso intenso che nasce da un bisogno profondo di comunicare e lo fa con la suggestione delle immagini, delle metafore, delle figurazioni poetiche. In Antonella Brindisi si legge questa ragione operativa per cui il libro offre la materia su cui si accende la fantasia del lettore e ne sollecita un lavorio.
Livia De Pietro (esperta in didattica della poesia)
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