| Già prima d'iniziare la lettura di questa raccolta di versi di Carmela D'Antuono si rimane incuriositi, intrigati dalla scelta dell'autrice di porvi un titolo in latino. La scelta di un titolo nella maggior parte dei casi è, o quanto meno dovrebbe essere, un atto di estrema consapevolezza, responsabilità, avente la specifica funzione di presentare in estrema sintesi il contenuto dell'opera in questione, o, quanto meno di anticipare al lettore l'impostazione che è presieduta alla creazione dell'opera stessa. Va da sé, quindi, che un titolo in latino rimandi immediatamente a un mondo classico che, e il lettore avrà modo di rendersene conto, è un punto di riferimento costante, una bussola e un pungolo sempre presenti nell'ispirazione dell'autrice: nei versi di Carmela D'Antuono, infatti, sono piacevolmente e intelligentemente frequenti e stimolanti i rimandi alla migliore tradizione lirica amorosa latina, e per quanto riguarda le tematiche trattate e per quanto riguarda la stesura dei componimenti stessi, improntati a una sobrietà e a un'eleganza, appunto, classiche.
“Amor Lux Animae” è inoltre un titolo che immediatamente sembra evocare sensazioni e concetti, oltre che evidentemente di luminosità e di trasparenza, anche di generazione e di rigenerazione, di nascita e rinascita morale e spirituale, ovvero di ascesa, di elevazione grazie appunto alle virtù e alle specificità dell'Amore, luce, appunto, dell'anima, sorta di autentica guida in un percorso di crescita, di progresso interiore. In tal senso si potrebbe utilizzare una sorta di archetipo, di mito “paradisiaco” come improntante l'intera raccolta, laddove, per “paradisiaco” si intenda tutto ciò che presupponga, appunto, una sorta di tensione costante verso un perfezionamento del proprio io più intimo e profondo. E in ciò, faro ineludibile e perpetuo è, appunto, l'”Amore, Luce dell'Anima”. Prendendo ancora a prestito le categorie archetipiche dantesche di mito paradisiaco, infernale e purgatoriale, quindi, possiamo affermare che Carmela D'Antuono non ama indugiare, o quanto meno non a lungo, in ambiti e atmosfere gratuitamente, banalmente “infernali” e/o più velatamente “purgatoriali”, che peraltro informano in modo alquanto ovvio e scontato, oltre che estremamente autoreferenziale e narcisistico, una certa qual parte della letteratura contemporanea.
E, sempre a tale proposito (e si veda in tal senso anche l'epigrafe introduttiva alla raccolta, che recita “Scrivo poesie perché amo.../ Scrivere è amare...”) va ricordato come l'autrice creda e confidi nella capacità, nella funzione e nel potenziale comunicativi della parola, che assume significato, forza e valore solamente laddove riesce a mettere in contatto degli esseri umani, secondo possibilità di tipo “amoroso”, laddove il concetto di “Amore” assume le più diverse e variegate connotazioni, ma in comunque cui è sempre presente il concetto di comunicazione, di condivisione.
Si è detto in precedenza di come “Amor Lux Animae” possa venir interpretato alla luce di un archetipo di tipo “paradisiaco”. Con ciò non s'intende, ad ogni modo, uno stato di estraneità, quasi di alienazione dalle questioni e dalle cure quotidiane, mondane, terrene. Anzi. È proprio tramite la presa di coscienza della lotta che l'individuo deve costantemente intraprendere contro queste ultime, che è possibile avere una visione consapevole e responsabile del proprio percorso esistenziale. È infatti proprio grazie al confronto con tutto ciò che si configura come negatività che l'essere umano può avere la consapevolezza che è l'Amore la “Luce dell'Anima”, laddove questo Amore inteso come, appunto, “Luce dell'Anima”, più che una conquista conclamata si presenta come un faro che indica, a dispetto di ogni possibile impedimento, la via da percorrere.
E la via da percorrere, il percorso da intraprendere è sicuramente di tipo ascendente, laddove nella concezione stessa di ascesa sono presupposti e impliciti concetti di perfezionamento, di progresso, di elevazione, ma anche di sacrificio e di fatica. La luce, e concretamente e simbolicamente, infatti, di solito si trova in alto, in posizione elevata, e per poterla conseguentemente contemplare devo compiere lo sforzo di alzare lo sguardo, che devo quindi distogliere da una costante, tristemente abitudinaria, autoreferenziale e solipsistica contemplazione di me stesso. E ciò, non di rado, costa appunto notevole fatica, comporta un cospicuo sacrificio.
Va poi da sé che questo “percorso” ascendente non è di certo sempre trionfale, in quanto presuppone numerose cadute, sconfitte, rovesci di varia specie. In tal senso nella raccolta troviamo poesie che, se si trattasse di brani musicali, di certo sarebbero in tonalità minore, all'insegna della malinconia, se non addirittura dello sconforto, dallo scoramento. Non solo per il titolo “Amore minore” rientra in questa tipologia di componimenti; ma gli esempi possibili non si esauriscono di certo qui. Eppur tuttavia la succitata luce del “faro” è pur sempre presente, ora abbagliante e in primo piano, ora solamente sfumata, a malapena distinguibile e sullo sfondo, a illuminare il percorso esistenziale, ora rettilineo e agevole, ora, più frequentemente, tortuoso, impervio e irto di ostacoli che l'essere umano si trova a percorrere.
Un'altra componente fondamentale che ritroviamo in tutta la raccolta è costituita dalla presenza costante di colori di varia specie, di varia natura, caratterizzati da varie specifiche funzioni. La poesia di Milena D'Antuono è di certo poesia variopinta, coloratissima, laddove ciascun colore sembra corrispondere a una delle innumerevoli, possibili sfumature dell'”Amore”, che ora è, come si è visto, trionfale e trionfante, ora caratterizzato da sconforto e disperazione, ora da malinconia e nostalgia, ora dalla consapevolezza della sua ineludibile precarietà, dalla sua inevitabile transitorietà. A tale proposito gli esempi che si potrebbero indicare a supporto di tutto ciò sono numerosi; a puro scopo indicativo si presti attenzione già ai titoli di alcune poesie, come ad esempio “C'è stato il colore”, “Colori del mare”, anche se tale concetto viene ribadito, aldilà del titolo in questione, anche nei versi di “Gioia all'intelletto – A Magritte: Souvenir de voyage”, “Giugno”.
L'”Amore”, quindi, nella sua infinita gamma cromatica conosce sia le gioie dell'appagamento sia la disperazione della delusione, lo smacco del rifiuto, dell'indifferenza (“Imperturbabilità”) e dell'incomprensione (nella poesia omonima). Una costante che sembra poi permeare l'intera raccolta consiste nel fatto che, tuttavia, la dimensione amorosa sembra appartenere più alle dimensioni temporali del passato e del futuro piuttosto che del presente: si vedano a tale proposito le poesie “Anche domani”, “Andato”, “Attesa”, “Ingenuità”, “Sarò, sarai”, “Sublimato”. Anche tale consapevolezza, comunque, non riesce e non riuscirà a togliere la speranza, il sorriso, la consapevolezza di una luce che, magari a fasi alterne, ma pur sempre c'è, sussiste (“Autoscatto”).
In “Amor Lux Animae” ci sono poi delle poesie che, prendendo ancora una volta a prestito una metafora musicale, potrebbero venir interpretate come degli intermezzi. Si tratta di componimenti che di primo acchito potrebbero sembrare di tipo principalmente descrittivo, ovvero narrativo, sorta di impressioni raccolte a suo tempo, allora forse inconsapevolmente o distrattamente, ma che ora assumono nuova pregnanza, nuovi significati alla luce (ancora la luce...) di un ricordo che offre quindi una nuova, inedita interpretazione di episodi che, al momento del loro concreto verificarsi, erano sostanzialmente sfuggiti, o erano stati trattati come insignificanti, immeritevoli di particolare attenzione. Si vedano a tale proposito le poesie “Bambini”, “Chiese di tufo”, ancora “Giugno”, “Luoghi”, “Madre”, “Quiete”.
Una particolare attenzione va riservata, quindi, a “Numero perfetto”, laddove la triade “io, te, l'infinito” è “stranamente finita” (pur includendo l'infinito); verrebbe da aggiungere “perfettamente finita”, proprio perché ogni minimo elemento in più romperebbe l'incantesimo, e un fugace, improvviso ma illuminante sguardo sull'”infinito è possibile solo in quanto questa triade perfetta è finita, non vuole, non richiede nulla che la possa completare, perfezionare. In questo caso “finito” e “infinito” “stranamente”, appunto, coincidono.
Come si può quindi immaginare da questa breve presentazione, sono numerosi ed estremamente diversificati i temi, gli ambiti e le suggestioni che il lettore incontrerà intraprendendo la lettura di “Amor Lux Animae”. Ciascuno potrà ritrovare qualcosa che lo rappresenti e lo affascini nei versi di questa raccolta di Carmela D'Antuono, raccolta in cui non viene mai a mancare, comunque, la luce (ancora lei...) di un'ispirazione sincera, sentita e profondamente comunicativa.
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